Come sta cambiando la società giapponese
Il Giappone viene spesso dipinto come una società esemplare. Un Paese dove vige l’ordine, la responsabilità collettiva. Vediamo le immagini di giapponesi che ordinatamente salgono sulla metropolitana senza spingersi, cittadini con il senso del dovere e dell’onore, raramente vediamo mendicanti per strada. Abbiamo la percezione di una società organizzata ma a che prezzo? E’ proprio in Giappone che è nato il fenomeno degli Hikikomori, persone che decidono di vivere completamente distaccate dalla realtà che li circonda. Abbiamo parlato di questi temi insieme al Professor Junjii Tsuchiya, docente di sociologia alla Waseda University e membro onorario dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS).
Il Giappone è uno di quei rari paesi al mondo che ha nominato il ministro della solitudine per far fronte all’alto tasso di suicidi che ultimamente sta affliggendo il Paese. Eppure in Europa, il Giappone è spesso portato ad esempio per l’organizzazione e disciplina collettiva. Sembra un ossimoro, ci può aiutare a capire meglio il fenomeno?
Nella nostra cultura l’ordine sociale è il valore più importante da mantenere per creare quella simbiosi necessaria fra società e condizione pacifica della quotidianità. A questo riguardo è molto più facile accettare l’esercizio del potere politico-economico affinchè sia volto al mantenimento dell’ordine sociale. La società giapponese è sicuramente più autoritaria rispetto ad altri paesi. Chi non rispetta le regole compromette il benessere degli altri e subisce una forte pressione collettiva psicologica. E’ normale sacrificare le libertà individuali per un benessere collettivo e questo si trasforma in ubbidienza sociale. La pressione sociale non è facile da gestire e spesso sfocia in fenomeni come quello dell’hikikomori. Ma i problemi di ordine sociale sono anche altri come i moltissimi anziani che vivono in solitudine.
Un altro stereotipo comune è che i giapponesi sono dei gran lavoratori, hanno pochissime ferie durante l’anno anche se adesso in Giappone si inizia a parlare di settimana corta, le cose stanno cambiando anche nel Sol Levante?
E’ vero infatti parliamo di workaholic. Prima di tutto, la diligenza e il lavorare tanto o troppo sono concetti da separare. I giapponesi lavorano eccessivamente, non a causa della loro diligenza ma della paura di essere esclusi dal mondo a cui credono di appartenere. Si deve sottolineare il fatto che la produttività dei settori industriali giapponesi è la più bassa tra i paesi industrializzati. I lavoratori stanno in ufficio o fabbrica il più a lungo possibile per guadagnare di più anche se è un tipo di lavoro poco produttivo perché spesso non necessario.
Sembra un controsenso. Workholic, stress, poca vita sociale, bassa natalità, solitudine, il tutto per essere dei cittadini “modello”
Le imprese non pagano bene se analizzi i dati statistici dei lavoratori giapponesi. Perché le imprese non pagano adeguatamente i lavoratori? Perché anche il Giappone non è esente dalla competizione sul costo del lavoro. Aumenta il tasso d’immigrazione ed i cittadini giapponesi vengono sostituiti con lavoratori a basso costo. Torna il discorso di prima, il cittadino giapponese è diligente anche sul lavoro perché si sente un componente della società che deve lavorare per mantenere la pace sociale.
Lei ha vissuto in Italia, ha insegnato all’Università di Bologna. Cosa l’ha colpita, da sociologo, della cultura italiana rispetto a quella giapponese?
Usando una metafora musicale direi che l’Italia è un paese di “solisti” mentre il Giappone è un paese “da orchestra”. Il vostro Paese ha un popolo molto autonomo che dà la precedenza agli atti individualistici che non significa essere egocentrici. Il popolo giapponese è molto dipendente e dà la precedenza agli atti
collettivistici, che non significa essere altruisti. Gli italiani discutono e si apprezza la loro eloquenza, i giapponesi invece sono taciti e si apprezza la taciturnita’. L’Italia è una società rumorosa, il Giappone è una società silenziosa.
Secondo molti studiosi di cultura orientale, gli attuali problemi sociali del Giappone (bassa natalità, aumento dei suicidi, pochi matrimoni) sono dovuti al cambiamento del mondo del lavoro. Per il Giapponese era la norma iniziare a lavorare ed andare in pensione lavorando per la stessa azienda, dava certezze per organizzare la propria via secondo le “aspettative” della società. Ora anche questo punto fermo non esiste più perché esistono lavori precari.
Sicuramente è un fattore importante come lo è negli altri Paesi. Il governo giapponese non ha reagito con nessuna politica efficace per contrastare il fenomeno. Il tasso di disoccupazione in Giapponese è stabile e mantenuto basso ma questo nasconde un’altra verità. Il salario minimo è di circa 6,90 euro l’ora ovvero uno dei più bassi nel G20. La bassa natalità ha varie cause e la politica non prende sul serio queste tematiche perché vorrebbe dire intervenire con politiche a sostegno, quindi aumentare le tasse oppure intervenire sulle politiche energetiche per intervenire sul clima e l’ambiente ma nessuno vuole toccare lo status quo.
Dopo questa conversazione mi verrebbe da dire che in un mondo ideale sarebbe perfetto avere dei cittadini che interiorizzano il senso di responsabilità nei confronti della società senza però venire schiacciata da essa…
Già, sarebbe un mondo ideale ?