La tua presenza online è un biglietto da visita: 5 consigli per prendertene cura
Ridendo e scherzando, Internet in Italia ha già compiuto una ventina d’anni. Ci sono adulti, in giro, che non ricordano la vita senza; che forse non hanno mai vissuto una vita senza. E ci sono altrettanti adulti, in giro, che sono arrivati in rete nel momento dell’impeto giovanile, quello in cui il canto di un modem 56k apriva mondi lontanissimi. Chat in html in cui parlare con gli americani e i neozelandesi, siti con i frame che si caricavano un pezzo alla volta, i primi forum.
Chi ha vissuto quel periodo è un reduce, un sopravvissuto, un veterano. E come tutti i veterani, porta le cicatrici della sua battaglia: chi si è costruito l’identità in rete ai tempi di IRC e della rete anonima dei nick e delle personalità fittizie (a volte doppie e triple) può avere qualche problema di adattamento alla rete post-Facebook, quella dei nomi e cognomi e dei profili che diventano parte della nostra identità pubblica. Dalla rete piratesca e hobbistica degli anni ‘90 siamo passati a quella professionale del 2017, in cui nonni, genitori e datori di lavoro possono giudicarci anche da come ci presentiamo al mondo. Per chi non sapesse da dove cominciare, ecco alcune linee guida.
- Addio Pallino87, benvenuto nome.cognome
La cosa più importante la mettiamo all’inizio. In Microservi di Douglas Coupland, il romanzo che raccontava la nascita della tech culture in California, uno dei personaggi teorizzava che i nomi dominio delle mail sarebbero diventati i nuovi cognomi: AOL, Hotmail, Yahoo, sarebbero diventati gli identificativi delle tribù digitali. Non è andata proprio così e quei domini sono diventati praticamente vintage, ma quello che conta nella presentazione al prossimo è il nome utente. Di recente mi è capitato di passare a un collega di redazione l’indirizzo di una mia conoscenza, che invece di un professionalissimo nome.cognome portava ancora il suo nick in rete del 1998. Considerate l’ipotesi di creare un indirizzo e-mail che non vi metta in imbarazzo con potenziali datori di lavoro. - Il nome, dicevamo
È perfettamente comprensibile che un personaggio pubblico molto noto stia su Facebook con un profilo che non porta il suo nome. La gente chiede davvero l’amicizia a tutti, e raggiunto il tetto massimo di richieste non c’è spazio per quelli che davvero vorresti aggiungere (a proposito: smettetela anche di chiedere l’amicizia a casaccio a tutti per poi lamentarvi che avete la timeline piena di gente con cui non riuscite a dialogare). Un po’ meno comprensibile che ci sia gente adulta e vaccinata con nomi normali intervallati da cose tipo “Frou Frou”, “Stellina” o “Panzer” (distribuite a prescindere dal genere). Il massimo si tocca quando c’è gente che conosci, con cui condividi ambiente di lavoro e conoscenze, che sta su Facebook con un nome finto e tu non sai chi sono, non gli dai l’amicizia e non vi parlate. Si sottraggono a questa regola solo quelli che usano un nom de plume nella vita professionale e hanno il profilo adeguato. - Non siete più sui forum
Il diritto alla privacy è diritto di tutti, ma non c’è niente di cui non si possa fare un salvaschermo. Se volete proteggere la vostra intimità, usate dei filtri della privacy molto rigidi e non scrivete niente che possa crearvi problemi. I tempi in cui l’anonimato della rete proteggeva i bulli e legittimava le opinioni indesiderabili è finito da un pezzo: se avete più di quarant’anni e ancora fate i matti in rete come quando sui forum eravamo in quattro gatti, fermatevi a riflettere sul fatto che ora in rete ci sono tutti, e tutti – potenzialmente – vi possono vedere. Datevi una regolata, per opportunismo se non per decenza. - L’immagine conta?
Purtroppo sì. Non dico che dobbiate farvi fare delle foto professionali apposta per il profilo di Facebook, ma la vostra faccia rimane la scelta meno marcata in assoluto. Dal meglio al peggio ci sono poi, in ordine: un ritratto fatto da un disegnatore o qualcuno che conoscete; il ritratto che vi ha fatto vostro figlio con i pennarelli; il vostro gatto o equivalenti; il ritratto di coppia; il ritratto di coppia con il profilo di coppia; la foto di qualcun altro (e non sono pochi). - Smettete di imitare i Millennial
Le generazioni successive alla X vivono la rete in modo diverso: nascono con la consapevolezza (e l’ansia) di essere sempre in vetrina. Mille selfie sono accettabili se sei una ragazzina di vent’anni che è nata nella cultura della cronaca costante del sé; meno, se sei nato negli anni del diario segreto in cui l’intimità era sacra, e non ti sai calibrare rispetto alle reazioni degli altri e all’appropriatezza del tuo contesto sociale. Per quanto possiate essere giovani dentro, non siete giovani-giovani. Accettatelo con gioia, e pensate che loro si sono persi i Nirvana.