Cosa chiedi al 2019? Ecco come stilare un piano (chiaro) di cambiamento
Cos’hanno in comune quelli che progettano il prossimo trimestre e quelli che vivono alla giornata? Hanno un piano. Tutti abbiamo un piano per la nostra vita, compreso chi non ce l’ha. Perché chi non ha un piano, così come chi afferma di vivere alla giornata, ha pianificato di rispondere agli stimoli che riceve secondo l’umore del momento. E l’umore del momento è sempre dettato dai valori e dalle esperienze con cui siamo cresciuti. Ma cosa significa avere un piano per la propria vita? Michael Hyatt e Daniel Harkavy in Living Forward definiscono un piano un navigatore capace di tenerci sulla strada per arrivare dove vogliamo. Aggiustando la rotta in caso di imprevisti, o qualora sbagliassimo strada.
Tutti noi vogliamo arrivare da qualche parte, nella nostra vita. Compreso chi afferma di non voler arrivare da nessuna parte, perché anche restando fermo arriverà da qualche parte, e voler rimanere dove ci si trova prevede di aver un piano per non farsi spostare da lì. Per arrivare dove vogliamo andare è necessario:
- sapere dove vogliamo andare, o al limite sapere di voler andare da qualche parte;
- muoversi, perché rimanendo fermi non andiamo da nessuna parte.
L’esercizio del funerale
Molti di noi oggi non sarebbero in grado di rispondere senza pensarci alla domanda dove vuoi andare?, ma solo perché non hanno mai fatto l’esercizio del funerale. Questa è una pratica utilizzata in diversi corsi di crescita personale, e prevede che ci poniamo un paio di questioni a dir poco ostiche. Supponendo di essere morti tre giorni fa, e che in questo momento si stia svolgendo il nostro funerale:
- Chi c’è? Chi avremmo invece voluto che ci fosse e non è venuto? Perché non è venuto?
- Chi recita l’elogio funebre? E cosa dice? È proprio quello che gli avremmo voluto sentir dire?
- Come ci ricordano i nostri cari? E gli amici più intimi? È proprio così che vogliamo essere ricordati da loro?
Questo è il punto di partenza perché ci obbliga a prendere coscienza di come stanno le cose e ci indica la strada per introdurre nella nostra vita quei cambiamenti necessari a farci ricordare come vorremmo. Ovvero, riconoscere le tappe da percorrere per arrivare lì dove vogliamo andare.
I nostri clienti
L’esercizio del funerale ci serve anche a definire quelli che Hyatt e Harkavy chiamano life account, ovvero quegli aspetti della nostra vita con i quali ci dobbiamo relazionare. Ognuno hai i suoi, ma in generale questi sono definiti dall’interno verso l’esterno:
- io, ovvero tutto quanto riguarda la nostra salute fisica, spirituale, e intellettuale;
- le relazioni con gli altri, e cioè i nostri famigliari, le persone verso cui proviamo dei sentimenti e i nostri rapporti sociali;
- le nostre attività, sia quelle professionali che personali, tutto quanto insomma riguardi le nostre tasche e i nostri hobby.
Il punto principale è dedicarsi a noi stessi prima degli altri. Perché se non stiamo bene noi, non saremo mai in grado di occuparci degli altri. Che poi è lo stesso motivo per cui su un aereo è in avaria è necessario indossare la propria mascherina prima di prendersi cura degli altri.
Analisi e azione
Per ognuno degli aspetti della nostra vita a cui ci siamo resi conto di dover prestare attenzione, dobbiamo condurre un’analisi con l’obiettivo di verificarne lo stato di salute. Questa analisi è necessaria per renderci conto quali siano le azioni da intraprendere per ottenere quello che vogliamo in quell’area. Per esempio, stabilendo che dobbiamo trascorrere più tempo con alcune persone o che dobbiamo apprendere determinate competenze per avanzare nella nostra carriera professionale.
Definire le priorità
Questo tipo di lavoro ci lascia con un numero impressionante di attività a cui dedicarci per vivere intenzionalmente la nostra vita. Il problema è che anche nella migliore delle ipotesi, non avremo il tempo necessario di dedicarci a tutte. Di conseguenza, occorre definire delle priorità. Chi non prioritizza gli aspetti della propria vita, scrive Greg McKweon in Essentialism, accetta che lo facciano gli altri. E nessuno di noi ha piacere di recitare una scena scritta da altri.
Come funziona un piano di vita
Come un navigatore non funziona se restiamo fermi, allo stesso modo analizzare e pianificare la propria vita non serve a nulla se poi non ci diamo da fare. Per mettere in pratica il proprio piano di vita è necessario rileggerlo costantemente. Infatti un piano altro non è che un documento scritto di poche pagine che cresce e si sviluppa con noi. Ogni anno, o giù di lì, il piano andrebbe di conseguenza rivisto e riadattato nella sua interezza, esattamente come un navigatore modifica la rotta in base alla strada che abbiamo compiuto. Ogni giorno invece andrebbe riletto fino a che non lo mandiamo a memoria, e poi rivisto con regolarità per non dimenticarcelo.
Per cominciare
Scrivere un piano di vita è molto più complesso di quello che appare da questo articolo, e nelle idee di chi l’ha inventato richiede almeno una giornata lontano da tutto e da tutti. Molti di noi però sosterranno di non poterselo permettere, ma tutti siamo in grado di accantonare del tempo per fare l’esercizio del funerale, individuare gli aspetti chiave della nostra vita, stabilire priorità e azioni da compiere per mettere in pratica il piano. E il modo più semplice per partire è fare un piano per il prossimo anno, che richiede molto meno tempo e ha l’incredibile vantaggio di metterci in movimento.