Se vuoi fare impazzire un uomo, tutto ciò che devi fare è rassicurarlo
A proposito del sesso con donne appartenenti a tribù selvagge, delle perversioni infantili e della fatica che l’uomo sperimenta, a volte, a far l’amore.
Il vero maschio non deve chiedere mai.
Il vero maschio non fa trapelare i propri sentimenti, è abile nel dissimulare le emozioni in modo tale che un eventuale avversario non possa mai capire cosa sta per fare.
Il vero maschio è uno sciupafemmine, un collezionista di conquiste sentimentali.
E quando sei maschio, e hai 16 anni, hai veramente molte difficoltà a dimostrare di essere un vero maschio.
La donna che volesse far impazzire di piacere l’uomo che ama dovrebbe innanzi tutto comprendere il percorso lungo e faticoso, a volte terrorizzante, che lui ha compiuto attraversando il deserto erotico della prima giovinezza.
Quando ho raggiunto l’adolescenza e con essa la piena maturità sessuale, quantomeno dal punto di vista fisiologico, mi sono trovato a mal partito.
Le esperienze sessuali pratiche, con una ragazza erano qualche cosa di mitico, inarrivabile. E quando finalmente, verso i 17 anni, dopo un’attesa spasmodica e diversi insuccessi, sono riuscito a “diventare uomo” mi sono accorto che avevo una valanga di problemi. In effetti i problemi erano solo due ma enormi: i tempi dell’amplesso e la solidità virile.
Vivevo a questa cagione un livello di ansia che si ingigantì e che trasformò rapidamente “l’amplesso efficiente” in un bersaglio con relativo punteggio. Era tutta una questione di numeri: quante fanciulle hanno accettato il tuo corteggiamento, quante volte hai raggiunto l’obiettivo primario, quante volte tutto è filato liscio, quante volte lei ha mostrato entusiasmo per le tue qualità amatorie. Vittorie e sconfitte: praticamente ero in guerra.
La difficoltà nel raggiungere gli obiettivi originò in me una tensione produttivistica, agonistica, che mi tenne a lungo prigioniero dentro uno schema di comportamento e un modo di vedere il sesso ansiogeno. E ovviamente più ero in ansia e meno funzionavo a livello fisiologico. Ma ben presto iniziai a soffrire anche di un altro disturbo: raggiungevo l’acme tecnico dell’amplesso, con la relativa emissione di liquidi intimi, ma non traevo piacere fisico da questo evento. Sto parlando proprio di un atto che si conclude come ci si aspetta, con relativa emissione di liquido, ma che non dà il piacere che dovrebbe. È un disturbo ben conosciuto dai sessuologhi ma pochissimo noto. Si dà per scontato che solo le donne possano essere frigide e che il maschio, se emette il seme, abbia invece certamente goduto.
Non si tratta di una novità moderna, già gli antichi romani parlavano di tristezza post coitum, il che sottintende una relazione non completamente fisicamente soddisfacente, perché se hai provato un orgasmo pieno poi sei allegro, non certo triste.
La questione della frigidità maschile ci mette di fronte a un aspetto centrale per il maschio. Ovviamente se riesco a sedurre una fanciulla ne traggo una grande soddisfazione psicologica. E questo piacere mentale ha anche una ricaduta fisiologica in quanto il nostro corpo reagisce alla soddisfazione psicologica producendo endorfine e dopamine e altre sostanze che ci danno una sensazione di euforia. Ma il piacere fisico è una ben diversa esperienza.
Secondo alcuni ricercatori, come William Raich, addirittura la metà degli occidentali avrebbe gravi problemi di assenza orgasmica.
E questa insoddisfazione spinge molti a chiudersi verso la sessualità oppure ad atteggiamenti di rifiuto verso la donna, oppure ancora a imputare a lei la colpa del mancato piacere.
La questione è invece un’altra: il maschio vive una situazione di grande difficoltà nel trovare una partner, questa difficoltà crea difficoltà erettili e tempistiche, il che aumenta ancor più l’ansia. La mente dell’amatore è occupata quindi dalla paura dell’insuccesso e dalla paura che l’insuccesso allontani da lui la fanciulla finalmente disponibile. Quindi non si dedica a contemplare le sensazioni, e dato che la mente è in ansia e rivolta alle questioni meccaniche non c’è spazio per il manifestarsi del piacere orgasmico.
Tanto più io sono rilassato e ho in testa solo l’ascolto del fragoroso contatto tra i corpi, e nient’altro, tanto più proverò pienamente l’orgasmo.
Questa è la situazione di partenza del maschio. E potrebbe anche non essere grave, con un po’ di pazienza e con la partner giusta, si potrebbe arrivare abbastanza rapidamente a sciogliere il gelo dell’ansia da conquista e da prestazione.
Senonché le donne, a causa di ben motivati motivi (alcuni millenni vissuti in posizione subalterna e vessate da guerrieri possessivi e violenti) hanno introiettato un’immagine non troppo positiva del maschio.
Esiste proprio una cultura antimaschile strisciante e subdola che le femmine hanno coltivato a mo’ di sottile, melliflua vendetta. Iniziano fin da piccole. Il neonato fa prove vocali esercitandosi con il suono primordiale “mam mam” e le mamme si sono prese questo balbettio che è diventato mamma; la madre esclama felice: “Ha detto mamma! Chiama me!”. In realtà sta facendo solo prove di trasmissione. E va bene che le donne si siano appropriate del primo vagito neonatale dopo che se lo sono tenuti per mesi nel ventre. Il problema è che quando hanno dovuto scegliere la parola per indicare il maschio padre hanno deciso di metterci nella serie pipì, pupù, papà, cioè a intendere che facciamo parte della categoria escremenziale del mondo. Il che non è stato carino da parte delle mamme. Le femminucce iniziano i rapporti con l’altro sesso con il piede sbagliato! E i maschietti sperimentano fin dai primi mesi un attacco alla loro autostima.
La situazione è poi aggravata dal fatto che il sesso è ancora oggi vissuto in modo non del tutto positivo dalle donne. È comunque qualche cosa di imbarazzante, una concessione…
Secoli di propaganda sessuofobica hanno lasciato tracce indelebili nell’idea stessa dell’accoppiamento.
Per quanto una donna occidentale sia libera e disinibita resta comunque determinata nel suo modo di percepire la sessualità da questo antico condizionamento negativo.
Presso altre culture, le cosiddette culture matriarcali, le donne hanno un atteggiamento completamente diverso.
In queste culture infatti la sessualità non ha nessuna accezione negativa, né esiste l’idea che la donna “si conceda” al maschio. La donna anzi vive un desiderio verso il contatto fisico analogo a quello maschile.
Presso questi popoli è convinzione religiosa che la comunione mistica con la Dea madre possa verificarsi solo nel particolare stato mentale indotto dal ridere e dall’orgasmo. È mentre sperimentiamo quella leggera perdita di controllo che accompagna questi momenti che lo spirito si apre e raggiunge lo stato di unione con il tutto cosmico.
Queste femmine quindi vivono la sessualità con un alto livello di coinvolgimento, passione e disponibilità.
A questo si aggiunge che presso queste popolazioni è diffusa l’idea che il maschio sia una creatura fragile anche se a volte è dotato di una muscolatura imponente. Le donne credono che il maschio debba essere accolto, tranquillizzato, accudito perché incapace di gestire le proprie emozioni.
La donna che volesse incrementare le sue capacità seduttive potrebbe rendendersi conto di quanto egli sia in realtà insicuro.
Osserva come si comporta qualsiasi maschio e non ti sarà difficile notare che è alla smodata ricerca di un po’ di approvazione. Aspirazione che è peraltro radicata nelle sue strutture mentali ancestrali. Anche la donna certamente ha insicurezze e bisogno di approvazione, ma il maschio di più. La donna ha in se stessa, scritta nella sua natura di generatrice di vita, la propria conferma esistenziale. Anche se una donna non ha figli è comunque strutturata nel trovare soddisfazione nella propria capacità di generare un figlio reale o simbolico. Il maschio, dal punto di vista del ruolo animale. è un’appendice della femmina, la sua memoria genetica gli impone di difendere, procurare il cibo e fare la sua parte nella procreazione. Quindi vive in funzione di un servizio: per il maschio i segnali di approvazione sono quindi molto più importanti proprio perché strutturalmente inadatto a partorire.
Alle donne pare ridicolo che il maschio si vanti per avere trovato la strada ed essere riuscito effettivamente a raggiungere il ristorante previsto. Pare un po’ patetico che il maschio desideri ottenere ammirazione per qualunque sciocchezza riesca a compiere. Ma siamo fatti così! Quindi se vuoi farlo impazzire di piacere innanzi tutto gratificalo: “Certo che tu guidi veramente bene e riesci anche ad arrivare al ristorante giusto invece di finire chissà dove! Sono ammirata da questa tua sublime capacità!” Ti sembrerà impossibile che lui possa prendere questi tuoi complimenti per veri e spontanei ma invece potrai verificare che il maschio è incapace di notare la tua accondiscendenza, completamente frastornato dal piacere che prova nell’essere lodato. Siamo bimbi. Poi magari all’occorrenza siamo capaci di lottare strenuamente per la nostra famiglia e sacrificare persino la nostra vita senza pensarci due volte pur di proteggervi… Possiamo essere eroici, astuti, geniali ma restiamo infantilmente rapiti quando otteniamo la vostra approvazione.
Che ti costa?
La questione dell’approvazione è esiziale ma il centro del problema del maschio tecnologico, la fonte delle paure e di una certa irruenza carente di tenerezza (che le donne giustamente ci rimproverano) è l’eccesso di responsabilizzazione durante il rapporto.
Fare sesso per noi è una fatica… Un lavoro… Dobbiamo dimostrare la nostra virilità, la capacità di controllo, dotarci di un piano d’azione dettagliato.
Ma la base del piacere fisico e psicologico poggia sulla capacità di abbandono. Bisogna lasciare che la mente si spenga per sperimentare appieno la ricchezza delle sensazioni.
E per nostra fortuna spegnere la mente è semplice: basta porre la propria attenzione all’ascolto delle sensazioni. Infatti siamo incapaci di ascoltare le sensazioni e contemporaneamente formulare pensieri. O l’uno o l’altro. E non solo noi maschi, anche le femmine.
Detto questo dovrebbe risultare chiaro cosa potrebbe fare una donna che voglia portare l’uomo che ama a sperimentare le vette del piacere.
È necessario aiutarlo a spegnere la mente razionale. Per provare un piacere pieno deve prima smettere di agitarsi, di temere, di monitorare il livello della propria performance e darsi un punteggio.
Esiste un modo sicuro per ottenere questo risultato: stupire.
Infatti il destino o chi per esso ha fatto sì che lo stupore abbia il potere di aprire automaticamente l’ascolto modificando istantaneamente il nostro stato di coscienza.
Non esistono regole codificabili per indurre lo stupore nel maschio latino medio. Un buon inizio potrebbe essere iniziare a chiedersi: quale mia azione potrebbe indurre stupore in questo particolare esemplare della specie umana? E poi lasciare andare la fantasia. Credo che una donna possa scoprire, grazie al suo formidabile intuito, cosa possa destare attonicità nell’uomo che ama.
E non è detto che si tratti di compiere un’azione. A volte, in particolare momenti, anche non compiere nessuna azione potrebbe ottenere come risultato lo stupore.
Tanto per fare un esempio la donna potrebbe agire sul pragmatismo maschile che ci porta a sforzarvi per progettare la sequenza delle azioni sessuali, lavoro strategico piuttosto affaticante. Ora se una femmina, all’inizio dell’incontro amoroso ti dice sinteticamente e esattamente cosa ha intenzione di farti e poi te lo fa si ottiene un grandioso effetto di deresponsabilizzazione. Il che è bene.
Un consiglio accessorio è di tener conto che il maschio, di suo, è generalmente un po’ ritardato. In fondo tutte le donne sanno che siamo dei bambinoni anche senza essere nate in una tribù matriarcale.
I condizionamenti culturali portano il maschio a essere convinto che siano eccitanti simboli erotici da adulto. Tipo calze autoreggenti e reggiseni col pizzo. Concupire una fanciulla dotata di simili optional erotici fa punteggio e ci dà quindi una certa soddisfazione. Ma in realtà la nostra libido per lo più si è bloccata a pulsioni infantili negate. Ad esempio, per me è stato un momento di arrivo, nel percorso di crescita emotiva, il giorno che ho trovato una ragazza che mi ha concesso di alzarle le gonne. Un’azione che avevo sognato di fare a lungo da bambino ma che non avevo avuto il coraggio di compiere conscio che le donne della mia famiglia (tutte femministe violente) mi avrebbero fisicamente eliminato a causa del reato di comportamento irrispettoso. Diventato adulto poi avevo sempre pensato che il gesto di alzare le gonne alla ragazza che amavo fosse un’azione cretina che avrebbe fatto crollare in lei la stima nei miei confronti, facendomi smarrire subitaneamente la possibilità di accedere alle sue grazie. Quando finalmente incontrai una donna che aveva con me un atteggiamento accogliente ed ebbi la sensazione che avrebbe tollerato un certo grado di stranezza, trovai il coraggio di chiederle: “Posso alzarti la gonna?” e lei acconsentì. Io provai grande stupore… Fu entusiasmante! Ed è uno dei motivi per cui sto con lei da 21 anni.