Mettersi nei panni degli altri: come diventare più empatici in 5 mosse
Nonostante sia stata spesso bistrattata, l’empatia sta finalmente ottenendo l’attenzione che merita, anche all’interno delle relazioni lavorative. Questa parola di origine greca, che letteralmente significa “sentire dentro” (en = dentro; pathos = sentimento) è infatti la cifra di ogni relazione fertile, quel sentimento che ci permette di decifrare un mondo in continua evoluzione. Dandoci la capacità di metterci nei panni dell’altro, di essere in grado di comprendere gli stati emotivi altrui, essere empatici ci rende capaci di decifrare e analizzare i contesti, facendoci reagire con la giusta emozione.
È innegabile che in un ambiente poco empatico la qualità del lavoro e del benessere è inferiore, e proprio per questo all’interno delle organizzazioni si stanno spendendo molte energie per aiutare i dipendenti a esercitare l’empatia. Come sappiamo infatti l’empatia è un muscolo che può essere allenato. basta vincere i propri limiti e impegnarsi. Come? Questi 5 passi possono aiutarvi nel percorso.
1. Viaggiare
Imparare l’empatia non significa chiudersi in ufficio e obbligarsi a sopportare quel collega che proprio non tolleriamo, ma anzi il contrario. Viaggiare, conoscere altre culture e prospettive, vedere posti nuovi, frequentare persone con un’educazione distante dalla nostra, può essere davvero formativo. In giro per il mondo ci rendiamo conto che non siamo noi, con la nostra formazione e il nostro modo di vivere, il centro dell’universo, e che l’altro può essere molto diverso da noi, e proprio per questo meritevole di attenzione.
2. Leggere
L’ha affermato uno studio dell’università di Toronto, pubblicata su Trends in Cognitive Sciences: leggere ci aiuta a codificare le emozioni della persona della vita reale, perché ci fa esercitare con i personaggi e le vicende che troviamo nei libri. Lo studio ha provato che il cervello dei lettori abituali è più stimolato quando si tratta di immaginarsi delle scene a partire dall’ascolto di poche frasi lapidarie.
3. Esaminare i nostri pregiudizi
Perché ci infastidiscono le persone che si lamentano? O perché non riusciamo a comunicare con chi utilizza un tono alto di voce quando parla? Probabilmente le nostre reazioni sono frutto del nostro percorso. I fastidi e i pregiudizi verso certe modalità di esprimere le emozioni possono dipendere da esperienze che abbiamo fatto da bambini, da vicende che ci hanno segnato fin da piccolissimi. Interroghiamoci, cerchiamo di capire perché siamo portati a reagire in un modo, e sforziamoci di cambiare.
4. Chiedere aiuto
Chiedete ai vostri amici e ai familiari, prima che ai vostri collaboratori o colleghi, di aiutarvi a diventare più empatici. Tutte le volte che faticate ad immedesimarvi, che non riuscite a decodificare i sentimenti altrui, chiedete agli altri di spiegarsi. Solo così potrete iniziare un percorso, e quello che una volta era per voi incomprensibile diventerà col tempo facilmente riconoscibile. Fate più domande, ascoltate senza interrompere e incoraggiate gli altri a fare altrettanto con voi.
5. Chiamare gli altri per nome
Un atteggiamento abbastanza diffuso è quello di chiamare i colleghi per cognome, eppure il nome di una persona è fondamentale, perché racchiude in se tutta la sua storia di una persona. Rivolgersi a qualcuno chiamandolo per nome è un modo per farlo sentire presente, per coinvolgerlo con tutto il suo essere e confidargli che lo stiamo prendendo sul serio, che siamo pronti a accettarlo nella sua completezza.