Come capire quando una relazione è finita
Quando iniziamo una nuova relazione di coppia ogni parte di noi è protesa verso il successo di tale relazione e in ampia parte, sotto sotto, auspica che potrà essere per sempre. Le fasi iniziali in genere sono cariche di buone intenzioni, aspettative, sogni, progetti, dolci emozioni e sentimenti. Con il progredire della conoscenza reciproca, gradualmente emergono i limiti, i difetti, le imperfezioni del partner, così come i nostri vengono conosciuti dall’altro. Piano, piano ci si può arrivare a rendere conto che si hanno valori, intenzioni, progetti, aspettative che non sempre coincidono. Oppure, semplicemente, con il tempo ciascuno di noi cambia e quello che eravamo o desideravamo all’inizio non coincide più con quello che siamo diventati o desideriamo nel presente.
In tali casi, si assiste ad un progressivo distanziamento dal partner, da parte di uno oppure di entrambi. A volte ci si rende conto del processo in atto, altre volte, invece, se ne diventa consapevoli solo quando ormai le distanze sono talmente ampie da risultare incolmabili.
Quando si prende atto che ormai si è profondamente estranei al proprio partner, spesso, adduciamo una serie di motivazioni, per lo più razionali, per continuare a trascinare avanti la relazione, nonostante la fatica, la pesantezza, la freddezza, l’infelicità.
Perché continuiamo una relazione anche se in cuor nostro sappiamo che ormai è finita?
Perché talvolta è così difficile congedarsi formalmente da un partner che ormai, in realtà, sul piano mentale, fisico, emotivo, ci è molto distante? Perché ci ostiniamo a restare in una relazione anche se ogni parte di noi vorrebbe troncarla?
Perché restiamo in una relazione quando sappiamo che ormai è finita
Secondo una ricerca condotta da Samantha Joel e colleghi dell’Università di Utah, pubblicata su Journal of Personality and Social Psychology, esistono diverse teorie che cercano di spiegare come avviene il processo di scelta se continuare una relazione oppure interromperla. Pare che quella più accreditata sia la teoria dell’interdipendenza, formulata nel 1959 da Harold Kelley e John Thibaut.
Secondo tale teoria le persone quantificano in modo molto semplice i costi e i benefici del permanere in una relazione: esse rimangono in un rapporto finché i benefici superano i costi e se ne vanno quando i costi vanno oltre i benefici. In realtà la semplicità della teoria è valida solo quando si è pienamente consapevoli dei costi e dei benefici, ma questo accade molto di rado perché siamo costantemente chiamati a fare i conti con le emozioni, che sono difficilmente quantificabili, con i preconcetti, le distorsioni del pensiero, l’irrazionalità e con tutto ciò che di inconscio c’è nei nostri vissuti.
Esiste, tuttavia, una recente revisione della teoria dell’interdipendenza che è il modello dell’investimento, secondo il quale ciascuno di noi prende in considerazione tre elementi prima di decidere se proseguire una relazione o uscirne:
La soddisfazione della relazione: si tratta della sensazione che i benefici superino i costi. Quanto più i primi superano i secondi, tanto più a lungo si permane nel rapporto col partner.
Gli investimenti: la coppia nel tempo tende a condividere e costruire qualcosa insieme, a livello tangibile e intangibile. Soldi, famiglia, figli, casa, amici, ricordi, emozioni, vacanze, tempo: nel momento in cui una coppia si separa tutto questo viene in ampia parte perduto. Quanto più tale capitale è ampio, tanto più è bassa la propensione a lasciarsi.
La qualità delle alternative: in molti casi, quando due partner decidono di lasciarsi è perché uno o entrambi hanno già dei pretendenti o credono di poterli avere facilmente. Quanto più si è ricchi, giovani, di successo, belli, tanto maggiori possono essere le opportunità di trovare altri partner e tanto meno si è disposti a restare in una relazione insoddisfacente.
I limiti della nostra razionalità e gli altri criteri di scelta
In realtà il limite di tutti questi modelli e teorie è che non esiste alcun essere umano che sia pienamente razionale, capace di decidere esclusivamente in base a regole logiche, a massimizzare freddamente i propri interessi, ancora più laddove sono implicati gli affetti e le emozioni.
Per comprendere meglio come di fatto decidiamo quando si tratta di scegliere se continuare una relazione o meno Joel e Colleghi hanno esaminato circa 4.000 persone impegnate in un rapporto di coppia, ma che avevano manifestato l’intenzione di interromperla.
Nella prima parte della ricerca sono state esaminate le loro sensazioni ed emozioni in merito alla soddisfazione della relazione, all’investimento e alla qualità delle alternative. Inoltre sono state indagate:
La dipendenza dal partner, cioè quanto pensavano di sentirsi legate al partner e quanto si sarebbero potute sentire a disagio se se ne fossero separate. L’ipotesi era che, quanto maggiore era la dipendenza, tanto più si sarebbe dato valore alla relazione, anche se era insoddisfacente
La forza comune, che è il grado in cui si considerano prioritari i bisogni dell’altro. E’ stato ipotizzato che, al crescere della forza comune, diventi più difficile lasciare il partner perché si pensa prima di tutto al suo benessere.
Nella seconda parte della ricerca veniva inviata settimanalmente una mail in cui si chiedeva se ci si trovava ancora con il medesimo partner. Se la risposta era negativa si doveva indicare se la decisione era stata congiunta, oppure da parte di uno o dell’altro partner. Dopo 10 settimane il 18% delle coppie si sono sciolte e l’82% è rimasto unito.
Come decidere quando concludere una relazione di coppia
Dall’analisi di questa ricerca emerge che la decisione di portare avanti una relazione oppure concluderla, quando sentiamo che essa non è più particolarmente soddisfacente per noi è qualcosa di molto complesso, articolato e soprattutto unico per ciascuno.
In tale processo entrano in gioco numerosi fattori, mentali, fisici, emotivi, consci e inconsci. È un mix unico e personale, che dipende da ciascun individuo, dalla sua personalità, dal contesto familiare, educativo, sociale, storico e dall’alchimia peculiare che si è creata con il partner.
In questo senso può risultare difficile offrire delle spiegazioni teoriche valide sempre, ovunque e per tutti. Al di là dei fattori sopra esaminati, la soddisfazione complessiva per la relazione, gli investimenti materiali e immateriali compiuti, la qualità delle alternative, la dipendenza dal partner, la forza comune, in realtà le variabili in gioco possono essere pressoché infinite.
Come fare, quindi, in tali circostanze, prendere la decisione giusta quando avvertiamo dentro di noi delle istanze spesso assai contraddittorie?
Tutto parte dall’ascolto, sincero e trasparente, nei confronti di se stessi, i pensieri, le emozioni, i sentimenti, le percezioni, le sensazioni, così come del partner. Occorre valutare attentamente e apertamente inoltre, i valori, gli obiettivi, le aspettative, i sogni, i progetti e tutto ciò che si potrebbe desiderare di condividere. In tali frangenti, potrebbe essere utile avvalersi anche dell’aiuto di un professionista, che possa permettere di indagare anche gli aspetti più reconditi e inconsci che in molti casi ci condizionano, anche se non ne siamo a conoscenza.
Ogni relazione è unica, ogni essere umano è unico, come tale necessita di un approccio personalizzato che possa consentire una realizzazione piena di ciascun partner, da solo, oppure in coppia.