Cosa rispondere a chi dice di bilanciare vita e lavoro? Sbagliato!
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Bilanciare vita e lavoro? Impossibile. Il lavoro è parte della vita. Se prendi tutta la tua vita, che comprende anche il lavoro, e la metti su un piatto di una bilancia, e sull’altro ci metti solo il lavoro, come possono rimanere in equilibrio?
Cos’è l’armonia
Dunque, armonia è una parola che viene dal greco e deriva dalla radice ar- che indica collegamento, disposizione e proporzione e che ritroviamo in parole come arte e aritmetica. Viene utilizzata per indicare una sintesi di parti diverse formanti un tutto proporzionato e nello specifico una concordanza fra elementi che viene trovata piacevole. Ci può essere armonia in pensieri, parole e azioni, nei suoni, nei colori, nei segni e più in generale in ogni composizione e relazione. Armonia può anche indicare una concordanza di vedute o un’unità di intenti, un meccanismo assemblato alla perfezione o un’insieme di persone che si muovono all’unisono secondo uno schema preciso, come nel calcio, nel basket o nel football americano.
Nella musica l’armonia è uno degli elementi costitutivi di un brano, insieme a melodia e ritmo. Si ottiene scegliendo note in grado di veicolare una specifica tonalità, definita da scale (successioni di note) e accordi (note suonate insieme, a loro volta relativi alle scale). Se siete musicisti provetti, mi perdonerete la semplificazione.
Le regole dell’armonia applicate alle vita quotidiana: bilanciare vita e lavoro
Proviamo a fare un parallelo tra musica e quotidianità. Il pentagramma (le righe su cui si scrivono le note) è la nostra vita, e ogni battuta è una giornata. Di corsa, lenta, triste o gioiosa, piena di note o concentrata su poche di esse, ogni battuta dura un giorno. Le scale sono i nostri valori e ideali: ci dicono quali note e quali accordi suonare. Gli accordi ci aiutano a mettere insieme le cose che facciamo in modo che durante ogni battuta troviamo il piacere di ascoltare quello che stiamo suonando, e ci aiutano anche a relazionarci con la musica degli altri.
Per raggiungere l’armonia nella vita di tutti i giorni occorrono:
chiarezza: dobbiamo sforzarci di guardare in modo distaccato alle note che suoniamo, verificando che appartengano alla scala scelta (i nostri valori e ideali) e rimuovendo le note non allineate;
rituali: i rituali sono i ritmi che scandiscono le nostre battute, strutture su cui suonare le note scelte, e come la batteria scandiscono il tempo del brano, rappresentando un ottimo strumento per disciplinare anche i più anarchici e garantire tempo a quello a cui abbiamo scelto di dedicarci;
margini: ovvero degli spazi bianchi, delle pause nelle nostre battute che ci consentono di prepararci alle note successive, riflettere su quelle passate e ascoltare la musica degli altri strumenti.
Un esempio pratico: anziché leggere email, notizie e sfogliare le timeline dei miei social network, la mattina appena sveglio pratico Yoga e medito. Allo stesso modo, prendere del tempo per pianificare gli obiettivi di una giornata, di un meeting o di una telefonata ci aiuta a non deviare dai nostri piani.
Ora, proviamo ad allargare la visione e pensare alla nostra vita come a uno spartito composto di diversi pentagrammi: uno come padre, uno come figlio, fratello, zio, uno per le nostre passioni e uno per il nostro lavoro. Ogni pentagramma è assegnato a uno strumento e mentre alcuni possono suonare insieme, altri (forzando un po’ la metafora) non dovrebbero mai incrociarsi per non rovinare il piacere che scaturisce dalla nostra partitura. Come non puoi pensare di portarti tuo figlio di un anno a giocare a calcetto e parcheggiarlo a bordo campo, allo stesso modo non puoi rispondere alle email di lavoro mentre studi il pianoforte o guardare la partita durante un rapporto intimo.
A ben vedere, anche creare armonia tra vita e lavoro sarebbe sbagliato: è il lavoro che necessita di essere in armonia con gli altri aspetti della nostra vita. E quindi ha bisogno dei suoi spazi, deve seguire certe regole e non si deve sovrapporre agli altri strumenti, ma rimanere in pausa quando sono gli altri a suonare. Quanto più spazio il lavoro occupa in ogni singola battuta del nostro pentagramma, tanto meno spazio c’è per tutto il resto. Siamo noi che dobbiamo decidere a priori quanto spazio riservargli e quanto riservare ad altro perché il brano che stiamo suonando sia di nostro gradimento.
Circa l’improvvisazione
A differenza della musica, nella vita di tutti giorni siamo spesso chiamati a improvvisare. Guarda caso, esiste un genere di musica di cui l’improvvisazione è parte integrante: il jazz. Nel jazz ogni brano prevede un’introduzione, una melodia, l’improvvisazione a turno di tutti i membri della band, e poi di nuovo melodia e chiusura. Improvvisare è molto più complicato che suonare uno spartito, perché richiede una conoscenza superiore della musica, delle sue regole e della melodia suonata. Il jazzista improvvisa utilizzando dei lick, ovvero delle frasi fatte, in armonia con gli accordi della melodia, e rispettando regole che lo portano a suonare determinate note in coincidenza di specifiche note suonate dagli altri, così che possa passare il testimone a un altro strumento o la melodia possa riprendere per concludere il brano. Non è poi esattamente così: il jazz è fatto per il 99 per cento di elementi che sono spiegabili, analizzabili, categorizzabili e riproducibili e per l’1 per cento di magia. Ma questa magia, nel jazz come nella vita, è possibile solo se tutto il resto è in armonia.
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