Andare in bici in città è facile, se sai come farlo
Alzi la mano chi non ha mai sentito associare l’idea di bicicletta in città a quella di pericolo: “In bici si va nei parchi e in campagna, non nella giungla urbana, quella è riservate alle automobili”. La bici sarebbe insomma un mezzo inadatto alle caratteristiche della maggior parte delle nostre città di media e grandi dimensioni. Mai come in questo caso è corretto parlare di pericolo percepito che è molto, distante dal pericolo reale. Certo: la bicicletta può essere pericolosa e il ciclista è un utente della strada più leggero e vulnerabile di altri, tuttavia una rapida lettura dei dati sugli incidenti stradali fa vedere con chiarezza che il pericolo maggiore lo corrono gli utenti di automobili e veicoli a motore in generale. Una cosa simile a quello che succede tra treno e aereo: chi ha paura di volare in realtà dovrebbe sapere che in volo si è molto più sicuri che sui binari.
Un pericolo percepito, dunque, e magari sostenuto da una scarsa cultura generale verso l’uso della bici in ambito urbano, nonostante l’Italia sia un grande paese di ciclisti (della domenica, però – appunto), che in quanto tale diventa anche un ostacolo reale alla diffusione della bici e una barriera all’ingresso di molte persone che invece magari avrebbero voglia di provare a pedalare anche in città.
E dunque: andare in bici in città non è pericoloso e non lo è a maggior ragione se si tiene un comportamento generalmente prudente (oltre al rispetto del Codice della strada che diamo per scontato in premessa) e si elaborano piccole e grandi strategie di movimento urbano. Qui condivido le mie, figlie di tante e tante ore in bicicletta sulle strade di Milano. Sarebbe bello ascoltare anche le vostre, e i trucchi specifici di questa o quell’altra città italiana.
Uccidere le scimmie
Non vedo, non parlo, non sento: ecco, bisogna fare tutto il contrario. Vedere e farsi vedere. Non si tratta solo di tenere gli occhi aperti, ma di evitare i comportamenti che limitino la visuale: i cappelli da ciclista, per esempio, non sono fatti così a caso, così come non è un caso che le giacche per andare in bici non abbiano mai il cappuccio incorporato. Quello che vi mettete in testa deve lasciarvi liberi nei movimenti e mai, mai impedire la visione laterale. Vedere vuol dire anche guardare in faccia gli altri utenti della strada: cercate lo sguardo di automobilisti e guidatori di autobus o furgoncini, capirete che sono consapevoli della vostra presenza.
Sul farsi vedere il consiglio è semplicissimo: luci, tante luci. Ormai ce ne sono di bellissime e per ogni stile, per chi vuole assomigliare a un albero di Natale e per chi invece preferisce un look minimalista.
Parlare e farsi sentire. Il campanello, sempre. Fatevi sentire, urlate, parlate ad alta voce. La bicicletta è un mezzo estremamente silenzioso e può capitare che la sua presenza passi inosservata, anzi inascoltata, nel traffico: quando è necessario bisogna trasformarla in un mezzo rumoroso, operazione antipatica, ma necessaria.
Sentire, ascoltare. Qui bisogna essere categorici: le cuffiette con la musica NO, mai per nessuna ragione. Ascoltare i rumori della città è fondamentale per chi si muove in bici, la consapevolezza del contesto è garanzia di sicurezza. Se proprio volete ascoltare una canzone potete usare una delle molte casse portatili che esistono in commercio e agganciarla alla borsa o al manubrio. Anche l’uso del telefono andrebbe ridotto al minimo indispensabile, vi fa perdere concentrazione.
Preferire il centro destra
Sappiamo che i ciclisti devono stare a destra. Lo dice il Codice della strada, lo dicono praticamente tutti nei discorsi da bar, si lamentano dell’occupazione delle strade da parte dei ciclisti della domenica tutti gli automobilisti. Quindi sì, certo: stare a destra. Però noi dobbiamo mettere la nostra sicurezza al primo posto e quindi nel valutare che cos’è la destra dobbiamo sempre lasciare un margine di manovra.
Se pedaliamo incollati al marciapiede destro o attaccati alle portiere delle automobili parcheggiate non abbiamo alcuna via d’uscita, a meno di non scartare rapidamente verso sinistra col rischio di comparire all’improvviso davanti all’automobile che ci seguiva da vicino. Se stiamo schiacciati a destra e c’è una buca, la prendiamo; se ci sono vetri, li prendiamo. Ma soprattutto: se per caso un’automobile che ci sorpassa a sinistra è troppo vicina non abbiamo più spazio per spostarci un po’ a destra. E poi: se sfioriamo il marciapiede rischiamo di toccare con il pedale, se sfioriamo le auto in sosta siamo a rischio apertura improvvisa di portiera. E quindi la posizione migliore per pedalare è il centro destra, un metro distante dal marciapiede o dalle auto in sosta, lo spazio giusto per avere libertà di movimento, essere più visibili in strada e non rischiare collisioni con le portiere. Poi siccome la bici non viaggia su binari, il metro è indicativo, ognuno si regoli in base al contesto però essendo sempre consapevole del fatto che è importante avere un po’ di margine, di spazio.
1.000 / 100
Passare qualche ora in un negozio di biciclette è molto istruttivo, in particolare per il tema dei lucchetti. Si vedono persone che subito dopo aver acquistato una bici da 800/1.000 euro vanno nel panico perché scoprono che il lucchettino della Barbie non va bene. Ecco: non va bene. Per un buon lucchetto, un bloster (quelli a “U” oppure quelli snodabili sono da preferire a tutti gli altri) bisogna spendere da 80 euro in su. E bisogna essere felici di spenderli. Naturalmente ogni lucchetto e ogni catena può essere aperta con relativa facilità da eventuali ladri provvisi per esempio di un flessibile a batteria, tuttavia una buona chiusura garantisce che l’apertura richieda qualche minuto e quindi se la bici è ben legata in un luogo molto visibile ci si garantisce una buona protezione. E due lucchetti sono meglio di uno.
Come un turista
Abitiamo in città da poco o da molto tempo e siamo naturalmente convinti di conoscerla bene. E ci muoviamo in bici con la stessa convinzione. Tuttavia anche chi conosce benissimo i posti dove vive può non essere consapevole di nuovi percorsi o strade nascoste. Per farle saltare fuori, in attesa che Google porti anche in Italia le mappe ciclistiche già presenti sui Google Maps di tanti paesi del mondo, si possono usare alcune app, come per esempio Citymapper (per ora solo a Milano e a Roma, ma sul sito c’è un modulo per chiedere di essere la prossima città) che fanno letteralmente saltare fuori itinerari inaspettati. Io ho iniziato a usarlo con regolarità e ho scoperto strade che non pensavo esistessero, che non pensavo fossero così incredibilmente adatte per la bicicletta. Muoversi come un turista ha dunque questo doppio vantaggio: fa stare sempre un po’ più attenti, fa conoscere percorsi nuovi.
Al volante con il cappello
Che cosa succede se siete in macchina e vedete nell’automobile davanti a voi un uomo che guida con il capello? Esatto: entrate in una modalità di estrema prudenza perché sapete che quel guidatore è imprevedibile, goffo, lento, impacciato; state attentissimi fino a quando non vi trovate nelle condizioni di poterlo superare, lasciando ovviamente una decina di metri di distanza di sicurezza per prevenire una sua svolta improvvisa. Ecco. Se vi dovesse capitare di essere in difficoltà in bici per qualsiasi ragione (improvviso panico da traffico, strada troppo trafficata, pavé e rotaie, eccetera) dovete usare la tecnica del guidatore col cappello: farvi identificare come un ciclista estremamente imbranato e incerto. Sbandare un po’, ondeggiare sulla bici, rallentare moltissimo. Otterrete qualche sguardo di commiserazione ma moltissima prudenza attorno a voi. Provare per credere.