Accusare i cattivi è legittimo, ci mancherebbe: ma tu cosa hai fatto per essere davvero migliore di loro?
A costo di apparire rozzamente sbrigativo, non posso non dirlo: alla fine chi possiede ed esprime un forte senso di responsabilità è migliore di chi invece no. Anzi, vorrei proporre il senso di responsabilità come unità di misura: perché in ogni situazione – dalle grandi imprese fino alle scelte squisitamente personali – ogni evoluzione, ogni conquista, ogni cosa di cui andare orgogliosi, è sempre nata da chi si prende più responsabilità.
Perché chi accusa, si indigna, punta il dito, esercita il pensiero critico, può certamente avere tanti motivi per farlo e ci sta che abbia anche ragione: ma dopo che ha criticato? Ecco, credo da sempre che criticare sia troppo facile, che si possa essere duri con gli altri quando si sa essere duri con se stessi, e che la migliore delle critiche sia quella di chi fa qualcosa di suo, di chi prova a costruire, a proporre una qualche soluzione. Accusare i “cattivi” è legittimo, ci mancherebbe: ma tu cosa hai fatto per essere davvero migliore di loro? Allo stesso modo, è sacrosanto rivendicare e anche pretendere i propri diritti: ma permettetemi di preferire chi prima di accampare diritti dimostra quel tanto di volontà e di coraggio, chi dà ancor prima di avere.
No, non ho un’attitudine penitenziale e sacrificale, niente affatto. Sto parlando di senso di responsabilità, non di senso del dovere. Perché il dovere corrisponde in qualche modo a un obbligo morale, ed è parente stretto del senso di colpa, mentre prendersi responsabilità è qualcosa di vitale, che si fa con il sorriso sulle labbra e con una sostanziosa dose di energia. Mi è accaduto spesso, in questo senso, di raccontare che il miglior modo di crescere un bambino è combinare senso di responsabilità e senso del gioco, voglia di fare e di migliorarsi e attitudine scanzonata e gioiosa.
A un bambino oggi, ma vale anche per i grandi, si dovrebbe insegnare a non aspettarsi che siano gli altri – la società, la politica, le istituzioni e così via – a trovare le soluzioni e a togliere le castagne dal fuoco. Perché per la costruzione della conoscenza i sistemi educativi scolastici contano sempre meno, a fare la vera differenza è la spinta personale. Perché il lavoro è molto più probabile che nascerà dal tuo rischio di impresa che non dall’aspettativa discretamente illusoria del “posto fisso”. E perché in generale la capacità di scegliere, di spaziare, di fare da sé, ha – in questo mondo in vertiginoso mutamento – un valore sempre più inestimabile.
Se ci pensate, la saggezza popolare l’ha sempre saputo, con il proverbiale “chi fa da sé fa per tre”. Ma il mondo in cui stiamo vivendo è in questo senso ancora più propizio: chiunque di noi – decine di milioni di noi – è ormai abituato a maneggiare miriadi di informazioni, materiali, conoscenze, esperienze e a metterle in connessione, a costruire sintesi personali. È un nuovo modello di percezione e di conoscenza che è spesso praticato a bassa quota, ma che comunque ci allena a scegliere da noi stessi.
Ecco, si tratta di prendere consapevolezza di questo nuovo metabolismo e di valorizzarlo: perché naturalmente chi ha più senso di sé, chi si sente forte, è meno portato a scaricare sugli altri le colpe di quello che non funziona e più portato a prendersi responsabilità. Vale davvero in ogni situazione, vale nelle scelte quotidiane, vale nel lavoro, vale con i bambini, vale nelle relazioni sentimentali, vale in definitiva come attitudine verso la vita: uscire dalla triste logica del “vorrei ma non posso”, tentare di lasciare il proprio segno, prendersi responsabilità, è molto più bello e molto più gratificante, ma ormai è anche molto più vantaggioso.