Se volete capire come sta cambiando il mondo, guardate Tempi Moderni di Charlie Chaplin
Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.
Charlie Chaplin
Oltre ottanta anni fa Tempi Moderni, uno dei film più riusciti, apprezzati e ricordati di Charlie Chaplin, viene proiettato per la prima volta a New York.
Magari non tutti l’hanno visto, ma è praticamente impossibile non conoscere la scena della catena di montaggio nella quale Chaplin interpreta un operaio ai tempi della Grande Depressione. All’operaio ne succedono di tutti i colori, ma resta buono, ottimista, sognatore. A differenza di quasi tutti gli altri personaggi del film è un individuo pensante, non un “pezzo di un ingranaggio”.
Il film è ricco di avvenimenti, tipico di Chaplin, che con ironia riesce a farci ridere, piangere e pensare nello stesso momento, realizzando una straordinaria operazione di lettura della società, non solo nel presente ma anche nel futuro. Da quel momento in poi troverà il cinema sarà l’unico vero megafono in grado di denunciare i cambiamenti in atto nella società.
Il film esce nel 1936 trattando della Grande Depressione e ricorda tanto quel che sta accadendo oggi con la consapevolezza che la Crisi del 2008 è persino peggiore della Grande Depressione.
Il film mette luce un sistema produttivo coerente con il suo tempo e con la rivoluzione industriale agli albori, quella rivoluzione che svuoterà le campagne e i paesi per veder riversare milioni di lavoratori nelle grandi città industriali.
La catena di montaggio è il simbolo di quella rivoluzione, la diffusione dell’automobile la sua icona che è arrivata fino a noi.
I lavoratori assunti a ore vivono in una dimensione di incatenamento, di ingranaggio che non può essere interrotto o fermato se non a danno dell’azienda e del flusso operativo. Come si evince nel film la fabbrica che offre lavoro si muove su una linea semplice: denaro per tempo. Il sistema funziona è costruito per inserire lavoratori ed è durato fino a pochi anni fa, almeno nella forma che descrive Chaplin.
Non vi è alcuna attenzione agli aspetti interiori dell’essere umano, che viene considerato alla stregua di una macchina: Chaplin con i suoi tic nervosi e ripetitivi descrive la frustrazione di un lavoro monotono nel quale non esiste altro coinvolgimento se non fisico.
Un divertente modo di leggere quel che accadeva in Italia nel boom economico ci viene da quella maschera meravigliosa che fu il ragionier Ugo Fantozzi, il quale considerato alla stregua di un numero e non di individuo, subisce le prime ingiustizie in cambio di sicurezza del posto fisso e stipendio a data fissa fine mese. Il tutto calmierato dai primi lussi che la classe media comincia a sostenere: la vacanza al mare o in montagna, le partite di tennis, la nuova auto.
Sta però emergendo una figura di impiegato che necessita qualche cosa in più di un semplice stipendio, dello scambio tempo-denaro. Stiamo entrando nell’era della qualità e non solo della quantità del mondo interiore che compone l’essere umano. Di fatto viviamo in un tempo esponenziale, dove tutto è così veloce in modo moltiplicato che lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo scientifico e alcune battaglie fondamentali ci hanno permesso di migliorare in maniera sostanziale la condizione del lavoro, almeno in questa parte di mondo occidentale, ma a patto che ci si renda conto che quel che fa la differenza è il benessere che è frutto di una serie di comportamenti.
Stiamo vivendo una nuova rivoluzione, quella digitale, che per sua natura necessita di lavoratori, capaci, motivati, focalizzati, felici, solo così le aziende saranno competitive. Non si tratta più di acquistare il tempo, si tratta di entrare nella dimensione del voler bene alle persone, del voler bene ai propri impiegati perché è solo grazie all’amore che le persone si cureranno di loro stesse ed anche del lavoro che svolgono. Grazie alle neuro-scienze sappiamo che l’essere umano è composto da almeno quattro parti: un piano fisico dove l’energia viene prodotta, conservata quantitativamente, un piano emotivo dove l’energia viene utilizzata dal punto di vista qualitativo, un piano mentale dove viene usata e orientata focalizzando gli obiettivi e le priorità e un piano spirituale per comprendere il vero perché si fanno le cose, un piano più alto che va oltre noi, che ci collega a come vogliamo contribuire al mondo.
È comprendendo fino in fondo che gli esseri umani non possono essere considerati delle macchine da collegare a una fonte di energia per farli lavorare bene che riusciremo ad entrare nel terzo millennio e nel mondo del lavoro del futuro in maniera funzionale e performante, se invece penseremo ancora che pagando possiamo pretendere, ebbene siamo già pronti a considerarci fuori dal mercato.