Sylvie Fleury e l’arte del feticcio
“Mi occupo sempre della superficialità delle cose, ma cerco di farlo in modo più profondo.”
(S. F. intervista su swissre.com)
È in corso fino al 15 gennaio 2023 Turn Me On la più completa mostra di Sylvie Fleury (Ginevra, 1961) mai realizzata in Italia. A cura di Sarah Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti, l’esposizione inaugura la nuova direzione della Pinacoteca Agnelli di Torino. In 7 sale che accolgono circa 60 opere, il percorso attraversa i nuclei tematici fondamentali della ricerca dell’artista: le dinamiche del consumismo, il ribaltamento degli stereotipi di genere, l’analisi giocosa dei paradigmi della storia dell’arte occidentale. L’artista, utilizzando con consapevolezza l’eredità duchampiana dell’Arte Concettuale e del ready made, passando attraverso gli insegnamenti dell’appropriazionismo della Pop Art e acquisendo gli elementi formali del Minimalismo, rielabora un codice estetico personale. Questi paradigmi della storia dell’arte del XX secolo assumono un significato dicotomico e funzionale ad una ricerca, quella della Fleury, che più che dichiarare il proprio giudizio morale, rivela i meccanismi che compongono il sistema valoriale della Società Ipermoderna nell’accezione del filosofo Gilles Lipovetsky per cui i consumatori oggi si sono sostituiti alla società dei produttori.
La ricerca di Fleury svela i meccanismi valoriali della Società Ipermoderna
“È come una metafora, è un simbolo del mondo in cui viviamo e del consumismo, che per me tuttavia è il problema più grosso”. (S. F. intervista su UBS.com)
Le installazioni, le sculture, i video, le performance della Fleury sono innanzi tutto “seducenti”, l’artista utilizza un’estetica accattivante che rimanda ad una matrice neo-pop. Nella prima sala del percorso espositivo si enuclea subito il primo fondamento della poetica dell’artista. Please, No More Of That Kind Of Stuff è un’installazione che include, oltre alla scritta al neon del titolo stesso (citazione ironica di un commento ricevuto nel libro degli ospiti di una sua mostra), una serie di oggetti, apparentemente ready-made, ma che spesso sono invece di fatto sculture. Revolver, ad esempio, è una pistola la cui canna però è costituita dal tubo di un asciugacapelli. Tutti questi oggetti-scultura sono custoditi in teche che rimandano sia alle esposizioni museali che ai negozi del lusso. Per l’artista la cifra non è data tanto dal significato intrinseco dell’opera, quanto dal rispecchiare in maniera neutra i meccanismi stessi della società in cui viviamo ed i suoi sistemi valoriali. Fleury si astiene dall’intento di suscitare un senso morale nei suoi spettatori, piuttosto rende palese il processo in cui la seduzione rende superflua ogni resistenza, poiché oggi i centri commerciali sono di fatto i luoghi di pellegrinaggio rituale della società consumistica.
La sua è piuttosto una dadaistica interpretazione attraverso l’arte della società, in cui però è superata la deriva filosofico-concettuale. Pur utilizzando titoli e doppi sensi come parte integrante delle sue opere, si serve piuttosto di quell’aspetto ludico del dadaismo, utile a svelare i meccanismi e le contraddizioni in un afflato di consapevolezza che diviene una rivendicazione di libertà.
“È difficile parlare del mio lavoro in un modo, perché è sempre una cosa, e anche un’altra, e un’altra e un’altra… ed è questo che mi piace: non è designato come questo o quello, non è appropriazione, e non è ready-made, non è pop o neo-pop, non è femminista, ma è anche tutto questo”. (S. F. intervista di Angelica Gatto – Atp Diary)
Una “femminista punk sotto mentite spoglie” (S.F.)
“Prima di tutto, se fai quello che vuoi, qualunque cosa tu voglia, sei una femminista, stai abbracciando una totale libertà.” (S. F. intervista di Angelica Gatto – Atp Diary)
She-Devils on Wheels, è l’allestimento dedicato al fan club automobilistico fondato da Fleury negli anni Novanta e aperto solo a persone che si identificano come donne. Qui tutti i feticci legati allo stereotipo maschile della velocità e delle automobili sono attribuiti a fruitrici donne. Stesso procedimento è svolto nella sala intitolata First Spaceship on Venus applicandolo all’immaginario fantascientifico dello spazio e al suo appannaggio esclusivamente maschile. Falliformi e totemici razzi sono rivestiti di pelliccia bianca, così come altri razzi soffici in gommapiuma sono adagiati mollemente alla parete sotto una luce al neon che recita la frase High Heels On The Moon. In un’azione di ribaltamento di significati, senza intervenire sulla trasformazione diretta della realtà, Fleury espropria spazi maschili conquistando territori da restituire alle donne in una metaforica passeggiata sulla luna.
La resa dei conti della mitizzazione dell’artista-uomo-bianco
Fleury non crede in una funzione sociale e quantomeno nel valore didattico dell’arte, lavora però sulle dicotomie e sulle associazioni di significato, operando su contenuti già dati ed acquisiti, con i quali le piace giocare al ribaltamento dei ruoli e dei significati.
Questa pratica è particolarmente evidente nei suoi interventi di appropriazione di talune opere considerate dalla storia dell’arte come masterpiece di artisti mitizzati. È il caso dell’installazione The Eternal Wow, dove le pareti ospitano un pattern di strisce verticali parallele identificative dell’artista concettuale Daniel Buren. Nella rielaborazione di Fleury però le strisce si aprono di tanto in tanto in forme morbide e circondano l’opera Gold Cage LKW, una gabbia dorata le cui sbarre sono state forzate in un esplicito invito a liberarsi dalla mitologia dell’artista.
Ma, ancor di più, nell’opera video del 1997 Walking on Carl Andre svela l’ipocrisia celata dietro il mito dell’artista. L’opera si fonda sull’interpretazione letterale dell’asserzione radicale di Carl Andre degli anni ’60 che invitava gli spettatori a camminare sulla sua arte. Fleury realizza un’installazione allo Stadtmuseum di Esslingen nel 1997 cospargendo di tacchi alti un’opera di Carl Andre. Due giorni dopo Andre impose l’eliminazione dal catalogo dell’immagine di quel lavoro. Grazie al supporto di collezionisti di Ginevra Fleury realizza, in risposta alla censura di Andre, il video in cui una serie di donne camminano su tacchi a spillo sulle opere di Andre, denunciando l’ipocrisia dell’idealizzazione dell’artista genio, maschio, bianco.
“Si potrebbe sostenere che la seduzione è un gioco di potere inverso in cui il seduttore mira a controllare il regno che in cambio lo sopraffarà”. (S.F. su landmarks.utexas.edu)