Stories of Surrender, un viaggio nel mondo degli U2
Da New York, il racconto esclusivo del tour di Bono degli U2, Stories of Surrender. Dopo la pubblicazione della biografia, del documentario “A Sort Of Homecoming” e l’uscita dell’album “Songs of Surrender”, Bono cerca il contatto intimo con il pubblico in pochissimi teatri al mondo. Ecco il racconto dal Beacon Theatre di New York prima di arrivare in Italia per la conclusione del tour, domani al San Carlo di Napoli. Unica tappa italiana.
New York, 8 maggio 2023. È l’ultima data del tour americano “Stories of Surrender”, il concerto narrato che Bono ha fortemente voluto per incontrare il suo pubblico nell’atmosfera intima del teatro. Siamo al Beacon Theatre situato a poche centinaia di metri dalla casa di Bono e a circa un paio di chilometri dal Mount Sinai Hospital. È lì che lavora il medico che ha salvato la vita al cantante irlandese operando il suo cuore “difettoso”. Quel Natale del 2016 ha segnato uno spartiacque nella vita di Paul Hewson (al secolo Bono), e adesso è arrivato il momento di guardarsi dentro per rielaborare lo straordinario percorso della band irlandese. Il 10 maggio è stato il sessantatreesimo compleanno del rocker irlandese e ad aspettarlo fuori dal teatro c’erano centinaia di persone provenienti da ogni parte del mondo. C’è Andreas che viene dalla Grecia, Caroline e Clara dalla California, Costanza dal Canada, in coda dalla mattina semplicemente per intonare un “buon compleanno” al loro idolo. “È il minimo che possiamo fare per ringraziarlo per tutte le emozioni che ci ha regalato in questi anni” raccontano alcuni ragazzi fuori dal teatro.
Un concerto device free, la tecnologia resta fuori
Gli U2 hanno accompagnato e ispirato la vita di milioni di persone in tutto il mondo e Bono vuole regalare un’esperienza intima ai propri fan. Per questo motivo il concerto è device free. Ebbene sì, Bono riesce a essere trasgressivo anche in questi dettagli. I cellulari devono essere riposti in una custodia sigillata che viene sbloccata all’uscita del concerto. Provate a cercare dei video sui social media di Stories of Surrender. Non li troverete.
“Questa sera vi voglio solo per me, senza distrazioni, sono egoista, lo so” esordisce così il leader della band irlandese sorridendo. “Laughter is the evidence of freedom”, è una delle tante strofe che Bono ha cambiato in Beautiful Day rivisitando il repertorio degli U2 in “Stories of Surrender”. È proprio l’ironia il filo conduttore di tutto il concerto. Ogni data del tour è diversa, così come la set list. Stasera il cuore di Bono è in mano agli spettatori, quel cuore che ha rischiato di fermarsi, di rallentare, come il riarrangiamento delle canzoni di “Stories of Surrender”. Sul palco, un tavolino, una sedia, una Guiness e ad accompagnarlo una formazione atipica, il percussionista Jacknife Lee, la violoncellista Kate Ellis e l’arpista Gemma Doherty.
Nelle due ore di concerto Bono ripercorre tratti della storia degli U2 raccontata nella biografia “Surrender” ponendo l’attenzione sul rapporto con il padre che ha segnato profondamente la sua vita e quella degli U2.
“Diciamo che non avevo un padre di stampo italiano, supportivo nei miei confronti, era un irlandese, non aveva il minimo interesse per la mia musica, se non per la lirica”. A 14 anni Bono perde la madre che morirà proprio il giorno del funerale del nonno materno. Una tragedia che lo segnerà per sempre. “Il giorno dei miei diciotto anni non lo ricordo tanto per le solite cinque sterline ricevute da mio padre, bensì perchè scrissi la mia prima canzone rock”. Parte così l’esecuzione di “Out of Control” associata a un periodo complicato nella vita di Bono. Come racconta nella sua biografia, i pasti in casa erano forniti dall’Air Lingus. Suo fratello, lavorando per la compagnia di bandiera irlandese, aveva la possibilità di portare a casa i pasti non serviti sugli aerei. Tre uomini sotto lo stesso tetto, non esisteva più una bussola e fu solo grazie alla moglie, Ali, che Bono ritrovò la direzione nella sua vita alla quale dedica “With Or Without You” ricordando il periodo in cui andarono a vivere insieme da giovanissimi.
Bono realizza il sogno di essere tenore
“Ho avuto la mia rivincita con mio padre che adorava la lirica” racconta un Bono commosso sul palco. “Un giorno ricevetti la chiamata di Pavarotti che voleva venirmi a trovare per coinvolgermi nel suo progetto umanitario. Da quel momento mio padre iniziò ad apprezzarmi”. Stava per nascere “Miss Sarajevo”, la canzone scritta e cantata con Pavarotti. Bono ricorda come gli altri componenti della band, Larry, Edge e Adam, non fossero entusiasti nell’utilizzare la popolarità degli U2 per progetti collaterali che esulavano dalla musica, non volevano essere strumentalizzati. Furono solo Bono ed Edge, infatti, a partecipare al Pavarotti and Friends di Modena del 1995. Larry, Edge e Adam sono rappresentati da tre sedie vuote sul palco con il quale il leader della band instaura un dialogo franco ed emotivo. Bono deve tutto ai propri compagni di viaggio, anche il nome U2 fu scelto da Edge, “lui è il più intelligente di tutti noi, diceva che U2 stava bene sui poster, e aveva ragione”. Non sempre la band è stata allineata sui progetti sociali supportati da Bono. “Possiamo avere idee diverse, ma alla fine abbiamo tutti lavorato nella stessa direzione, divertendoci, e se in tutto questo abbiamo fatto anche qualcosa di buono, tanto meglio”.
Il no di Bono al Dalai Lama
Tanto impegno sociale, ma anche dei no. Quando il Dalai Lama scrisse agli U2 per invitarli al Festival of Oneness, nella risposta, Paul Henwson, utilizzò un verso della canzone “One”. “p.s siamo una cosa sola, ma non siamo uguali”. L’idea di unità non ha mai convinto Bono, “non credo dell’omogeneità dell’esperienza umana, non siamo tutti una cosa sola, possiamo esserlo, ma per riuscirci non dobbiamo per forza vedere le cose allo stesso modo “we are one, but we not the same” un pensiero anarchico per l’epoca ma attuale oggi in un mondo estremamente divisivo.
“La povertà non è una scelta, non è giusto che sia il destino a decidere se nascere in un paese povero o ricco”. È così che Bono ripercorre la storia di “Where the Streets Have No Name”. Il testo nasce durante un viaggio in Etiopia con Ali nel 1985, era il periodo in cui gli U2 erano impegnati nella campagna di cancellazione del debito per i paesi africani, il periodo del Live Aid. Una canzone diventata simbolo degli U2. “Where the Streets Have No Name” fu dedicata a tutte le persone dimenticate in Africa, dove le strade non hanno nomi.
La contestazione a Bono
Durante l’esibizione non sono mancati momenti di imbarazzo come quando uno spettatore dal pubblico ha gridato “’Just sing the fuckin’ song already’”. Delle dure ore di concerto le canzoni eseguite sono solo una decina, troppo poche per i fan più accaniti. Bono è rimasto in silenzio e poi ha esclamato “sei fortunato che non esista più il vecchio Bono” (non scherza, ndr). Il riferimento è al 1983, Los Angeles Sports Arena quando Bono si arrampicò sulla balconata con una bandiera bianca per lanciare un messaggio pacifista. Qualcuno cercò di strappargliela di mano e in un attimo si ritrovò a fare a pugni con lo spettatore. Ma ora è un altro tempo, quello della resa, “Surrender”.
Gli U2 sono rimasti fedeli ai messaggi originali delle loro canzoni, ma oggi hanno un passo diverso. È così che Bono sul palco intona i versi cambiati a Sunday Bloody Sunday
“Religion is the enemy of the Holy Spirit guide
And the battle just begun
Where is the victory Jesus
won?”.
La canzone iconica che raccontava le sofferenze della guerra in Irlanda del Nord oggi assume una valenza globale in un mondo in fiamme. La forza energica della batteria è stata sostituita dal ritmo lento del violoncello, “for how long must we sing this song?”.
Secondo Bono, ogni volta che un proprio caro muore, una dote viene lasciata in eredità. “Quando è morto mio padre, la mia voce è cambiata assomigliando più a quella di un tenore, quello che avrebbe preferito”. Questa volta non scherza, e lo dimostra sul palco. Il concerto termina con l’esecuzione di “Torna a Surriento”, canzone napoletana, composta nel 1984 da Ernesto De Curtis ed eseguita più volte da Pavarotti. E non è un caso che la conclusione del tour avvenga in Italia, al San Carlo di Napoli dove si sono esibiti i più grandi tenori. Lo Stories Of Surrender Tour è stata un’occasione per sperimentare, divertirsi, ridere, scherzare e riconnettersi definitivamente con suo padre. In attesa del nuovo album degli U2, che Bono ha confermato essere in lavorazione, non resta che attendere la prossima metamorfosi della band irlandese.