Sebastião Salgado, quando la fotografia unisce bellezza ed impegno sociale
“Per fare bene una foto bisogna scegliere un soggetto o un tema che si ama. Bisogna fotografare temi e soggetti con i quali si ha una identificazione totale, se manca questo manca tutto.” Sebastião Salgado
Amazônia, la monumentale mostra al MAXXI di Roma
Sebastião Salgado (Aimorés, 1944) è considerato uno dei più grandi fotografi dei nostri tempi. Brasiliano, che ha scelto Parigi come sua città d’elezione, ha portato il fotoreportage alla sublimazione della bellezza e dell’impegno sociale.
Al museo MAXXI di Roma Amazônia è una monumentale esposizione realizzata con la curatela della moglie Lélia Wanick Salgado, che da sempre lavora e segue i progetti con lui. Un percorso immersivo che, con oltre 200 immagini, ci trasferisce all’interno della foresta amazzonica e ci avvicina alle tribù che ancora oggi la popolano. Un’atmosfera totale che si avvale degli effetti sonori composti appositamente da Jean-Michel Jarre, ispirati ai suoni autentici della foresta. L’allestimento di Amazônia è un’esperienza coinvolgente, poiché per Salgado “spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione”. (Sebastião Salgado)
Sette anni di lavoro, di “vissuto umano” come ama definirlo lo stesso Salgado, durante i quali il fotografo ha raccolto le testimonianze di quelle che in mostra sono distribuite in capitoli, volti a ricreare le ambientazioni della natura. C’è la sezione dedicata alla Panoramica della foresta in cui si presenta al visitatore l’Amazzonia vista dall’alto; c’è quella che descrive I fiumi volanti, una delle caratteristiche più straordinarie e allo stesso tempo meno conosciute della foresta pluviale, ovvero la grande quantità d’acqua che si innalza verso l’atmosfera; ci sono le immagini delle Tempeste tropicali che raccontano tutta la forza, a volte devastante, delle piogge; c’è poi la sezione Montagne che presenta i rilievi che definiscono la vita del bacino amazzonico; si prosegue con La foresta, un tempo definita “Inferno Verde”, oggi intesa come uno straordinario tesoro della natura; si conclude il percorso con Isole nel fiume, l’arcipelago che emerge dalle acque del Rio Negro. All’interno di questo virtuale cammino, sono allestite le Ocas, ricostruite sul modello delle tipiche abitazioni locali. A loro è affidata la narrazione delle diverse popolazioni indigene e dei loro stili di vita, ancora oggi in perfetta armonia con la natura che custodiscono. Infine, in due sale differenti ci sono: nella prima, le proiezioni delle foto del paesaggio boschivo, accompagnate dal poema sinfonico Erosão, del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos; nella seconda, i ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo la musica composta dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.
L’impegno sociale della fotografia di Salgado
La documentazione di Salgado comprende anche scatti che testimoniano la deforestazione e gli incendi. Conseguenza allarmante di tale impatto dell’uomo sulla natura è che la stessa foresta, secondo la rivista Nature, non è più in grado di assorbire l’anidride carbonica che essa stessa produce. L’assenza di tali immagini è una scelta volontaria di Sebastião e Lélia:
“in un momento in cui io ero convinto di trovarmi in Paradiso e che stavo fotografando le cose più belle che esistano al mondo, avevo il dovere a quel punto di trasformarle in immagini affinché tutti potessero vedere quella enorme bellezza.” (Sebastião Salgado)
Mostrando la bellezza incomparabile di questa regione, Salgado vuole portare l’attenzione sull’urgenza di proteggerla. La foresta è un ecosistema fragile che, nelle aree protette dove vivono le comunità indigene, non ha subito quasi alcun danno. Tutta l’umanità ha la responsabilità di occuparsi di questa risorsa universale, polmone verde del mondo.
“Vendo ai collezionisti e ai musei come nessun altro artista, e con quei proventi Lélia e io abbiamo finanziato 48 spedizioni, spingendoci dove nessun occidentale era stato prima”, dice il fotografo, “da anni stiamo lavorando ad un grandissimo progetto ecologico per il Brasile. Stiamo cercando di ricostruire un pezzo di foresta atlantica che era andata distrutta, abbiamo già piantato oltre 3 milioni di alberi.” (Sebastião Salgado)
Queste foto, nella loro immane bellezza, ci trasmettono un senso di malinconia. È quando siamo in contatto profondo con quello che abbiamo di più bello che percepiamo il pericolo di poter perdere tanta ricchezza.
Quando la fotografia unisce narrazione e arte
Salgado sceglie la fotografia negli anni Settanta dopo un viaggio in Africa quando lavorava come economista per l’Organizzazione Mondiale del Caffè. Sensibilizzato dalla piaga della povertà del Terzo Mondo, sente l’urgenza di testimoniare la realtà più scomoda per sensibilizzare la società verso un tentativo comune di superamento di tali condizioni, si associa quindi alla cooperativa Magnum Photo. Fin da subito la sua concezione di fotoreportage è stata intrisa di impegno sociale, prima, e di consapevolezza antropologica ed ambientale, subito dopo.
Passando dal genocidio del Ruanda degli anni ’90, attraverso il colossale progetto “La Mano dell’Uomo” – in cui testimonia la perdita dei lavori manuali attraverso ritratti empatici e mai paternalistici – giunge all’impegno ambientale proprio in seguito ad una crisi in cui sentiva di aver perso la fede nell’uomo e nel mondo: con il progetto “Genesi” rintraccia tutti quei luoghi in cui la natura rimane intaccata.
“Non sono spinto dall’idea di fare foto belle o di diventare famoso, ma da un senso di responsabilità: io scrivo con la macchini fotografica, è la lingua che ho scelto per esprimermi e la fotografia è tutta la mia vita. Non penso troppo alla luce ed alla composizione, il mio stile è dentro di me e quella luce è quella del Brasile, quella che porto dentro di me da quando sono nato” (Sebastião Salgado)
Nelle fotografie di Salgado c’è tutto l’impegno sociale di un uomo che mette la sua dote al servizio dell’umanità, c’è la tecnica del professionista e c’è l’estetica fotografica, quella della composizione dei soggetti e della maestria tonale. C’è la Fotografia, quella capace di unire il suo fine pratico, di rappresentazione della realtà, con la sublimazione di quest’ultima nella Bellezza. Bellezza non solo rappresentata, catturata nelle sue manifestazioni in natura, ma anche bellezza astratta, composta da canoni estetici universali.