Perché ha senso rileggere Delitto e Castigo adesso
Pubblicato nel 1866, Delitto e castigo è il resoconto psicologico di un crimine. Raskol’nikov, povero studente di Pietroburgo, per emanciparsi e abbandonare una miseria opprimente non esita a uccidere una vecchia usuraia e la sorella, per poi derubarle. Ma il delitto ha in realtà un profondo valore simbolico. A ripercorrere la vita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, viene da domandarsi se l’autore avrebbe scritto lo stesso i suoi più grandi capolavori, come Delitto e castigo, I demoni, o I fratelli Karamazov se non avesse dovuto affrontare un esilio decennale in Siberia, e un’esistenza che è stata una vera avventura drammatica. Molto probabilmente ne avrebbe scritti altri, sicuramente in un’altra forma; ma l’interesse per un’umanità infelice e tormentata, per la psicologia che soggiace dietro ogni relazione è presente fin dagli esordi.
Anche Delitto e castigo fa parte di questa grande letteratura degli scontenti, come i personaggi che popolano le pagine del romanzo di oltre 600 pagine: antieroi, vinti per eccellenza. Visto sullo scaffale di una libreria spaventa, intimorisce, classificato come uno dei più noti mattoni nella storia della letteratura – in più è persino russo, il che non fa altro che accrescere il pregiudizio che si tratti di un’opera noiosa, pesante. Pesante sì, ma nel senso di granitica. Per leggere Delitto e castigo bisogna immergersi, immedesimarsi nel personaggio, solo così le pagine scorreranno velocissime. Si proverà l’esigenza di sapere, di scoprire cosa succederà nel capitolo successivo, per leggere ulteriori descrizioni e situazioni al limite del grottesco.
Ma soprattutto, Delitto e Castigo è in grado di illuminare alcune dinamiche che potrebbero ripresentarsi anche nella nostra vita.
Perché prima di tutto, il romanzo parla di oggi. Come il protagonista, spesso infatti siamo convinti che esistano categorie che valgono meno di altre. Il personaggio principale non solo crede di aver compiuto un’azione che l’ha reso grande, ma è anche convinto di aver ucciso una persona inferiore, e quindi non capisce perché debba essere punito. Può capitarci di manifestare un atteggiamento classista nei confronti di altre persone, conoscenti, altri lavori che sono diversi dal nostro. Quando invece dovremmo solo manifestare interesse e comprensione, ricordarci per esempio che ogni lavoro ha la stessa dignità di tutti gli altri. Non solo: Delitto e castigo, con il suo protagonista, mostra che il vero motore del nostro pensiero è il dubbio, insegnandoci a mettere in discussione ogni cosa, che a volte è bene far emergere la nostra parte più analitica: a non prendere per vero quello che ci viene detto, ma cercando di andare sempre alle fonti. E poi Delitto e castigo è anche una storia d’amore. La figura di Sonja è piena di luce. Pazientemente prova a ricondurre Raskòlnikov alla ragione in silenzio, spesso semplicemente grazie alla sua presenza. Infine, Delitto e castigo educa all’importanza della sofferenza, che può portare sempre a qualcosa di buono.
Comprensione, qualità analitica, prudenza (che il protagonista non ha, e che il lettore, proprio come se fosse uno specchio, capisce quasi per catarsi essere una qualità necessaria). Ma soprattutto, la consapevolezza che da ogni caduta ci possa sempre essere qualcosa da imparare.