Oscar 2022 in cerca di serenità
SEGNI DI CUORE E DI GENTILEZZA
Chi in Italia aveva già avuto modo di apprezzare La famiglia Bélier (2014), delizioso film francese su un’aspirante cantante figlia di due sordomuti, non ha certo scoperto nulla di nuovo di fronte a I segni del cuore (2021), vincitore nella categoria Miglior Film per gli Oscar (Academy Award) 2022. Si tratta in effetti di un remake fotocopia, che ha dalla sua l’attenzione – tipica della cultura contemporanea – al fatto che i sordomuti presenti nel film (la mamma, il papà e il fratello) siano persone sofferenti dello stesso handicap dei personaggi in scena. Uno di loro, Troy Kotsur, ha vinto anche l’Oscar come miglior attore non protagonista, portando a due le statuette vinte a sorpresa dalla pellicola diretta dalla regista Sian Heder.
Le critiche dei cinefili non si sono fatte attendere. Di fronte a opere di grandi registi come Il potere del cane (di Jane Campion, che tuttavia ha guadagnato il premio alla Miglior Regia) o l’irresistibile Licorice Pizza (di Paul Thomas Anderson, completamente ignorato dall’Academy) o la strepitosa versione di West Side Story (del maestro Steven Spielberg), non era facile immaginare la vittoria di un film fresco e rilassante, sì, ma ben lontano da qualsiasi possibilità di essere considerato un capolavoro.
I CRITERI DEI PREMI
E quindi, perché i giurati hanno premiato Coda (questo il titolo originale)? Detto che gli Oscar vengono dati a maggioranza, secondo criteri sommatori e aritmetici dei tantissimi votanti, pare evidente che I segni del cuore abbia interpretato la voglia di buoni sentimenti e di leggerezza in un momento storico così buio. Dopo due anni di pandemia e al secondo mese di brutale guerra in Ucraina, è emerso il desiderio di intimismo: vincono la storia di un sogno giovanile che si apre a un futuro migliore e il ritratto di una famiglia che rimane unita anche di fronte ai limiti che il destino impone (la sotto-trama, per di più, racconta di lavori precari e difficoltà ad arrivare a fine mese). Difficile non leggerci una metafora delle nostre comunità colpite da eventi che non avremmo mai voluto ma che cercano di stringersi pensando alle nuove generazioni.
In ogni caso, è solo l’ultimo Oscar di tanti che si sono spesso concentrati su personaggi colpiti dal disagio fisico o da limiti mentali. Hollywood adora i racconti di resilienza e riscatto, adora le vittime e gli sfortunati, anche quando tutto ciò appare in contraddizione con la macchina da soldi dell’industria cinematografica nel suo complesso.
Hollywood, poi, non è nemmeno più forse la parola giusta. Il film che ha vinto è distribuito da Apple (in Italia da Sky) ed è visibile solo su piattaforma. Il potere del cane è un titolo di Netflix. Altri candidati, come Don’t Look Up o Being the Ricardos sono disponibili esclusivamente sui servizi streaming, come a sancire che la magia del grande schermo oggi si è trasformata in qualità domestica. Un segnale al tempo stesso di rinnovamento e inquietante.
GLI ALTRI PREMI
Si parla di delusione per i mancati Oscar agli artisti italiani. Ma, diciamoci la verità, era molto difficile per tutti loro vincere qualcosa. Paolo Sorrentino, autore di È stata la mano di Dio , era ben consapevole che il giapponese Drive My Car avrebbe vinto il premio per il Miglior Film Straniero, essendo per di più candidato anche nella categoria principale. Lo stesso valeva per il gioiellino d’animazione Luca, battuto dal cartoon Encanto, una vera e propria corazzata che Disney aveva privilegiato – anche nei confronti di Enrico Casarosa, pur anch’esso della scuderia di Topolino – nella promozione e nei risultati ottenuti. Idem dicasi per Massimo Cantini Parrini, costumista eccellente, ma impossibilitato a battere Cruella, ancora un prodotto Disney, interamente dedicato al concetto di moda e di costume.
Insomma, come per tutti gli anni, anche nel 2022 gli Oscar accontentano alcuni e scontentano altri ma almeno, a scorrere i nomi dei vincitori (pensiamo a Jessica Chastain, Will Smith, Jane Campion, Hans Zimmer, Billie Eilish, e altri), non si può dire che manchi il riconoscimento del talento individuale.