Perché leggere un classico come Moby Dick nel 2020
Della storia di Moby Dick, uno dei più grandi romanzi della letteratura mondiale di ogni tempo, si sa ormai tutto. Come talvolta accade, la fortuna commerciale a cui Melville aspirava non si manifestò in vita, ma arrivò negli anni Venti e Trenta del Novecento, quando lo scrittore era morto ormai da più di venti anni. Quando Herman Melville morì, la battaglia tra Achab e la balena aveva venduto appena tremila copie, rivelandosi un fallimento unico.
Se è, oggi, considerato un capolavoro, lo si deve all’universalità della lotta mostrata: il bene contro il male, per il puritano Melville, ma anche l’uomo contro la natura, qui vista come malvagia e dominatrice. L’impotenza dell’uomo nell’affrontare la natura è un tema ricorrente, e il 2020, con le sue vicissitudini, l’ha confermato in un modo così tragico come non accadeva da tempo. A pensarci, il Coronavirus è l’opposto simbolico di Moby Dick, il capodoglio bianco, maestoso e terrificante, ma segue la stessa traccia.
E c’è un filo che lega anche le cause, niente affatto casuali, tra quell’enorme balena e questo microscopico virus. Se il lettore osserverà sgomento la rabbia di Achab, sempre più folle, impazzito di vendetta e crudeltà che lo trascineranno verso la tragedia, potrà allo stesso modo, con gli stessi occhi scettici se non spaventati, guardare all’attività umana di disboscamento, colonizzazione della natura, appropriazione di habitat senza precauzioni, come causa prima della pandemia. Non una reazione feroce del mondo microscopico, ma un’arroganza cieca da parte dell’uomo.