Meme e arte contemporanea: Da Jerry Gogosian a Giulio Alvigini
Cos’è un meme
Di base, un meme è un elemento culturale replicabile e trasmissibile per imitazione tra gli individui attraverso diversi strumenti di comunicazione. Il termine viene coniato da Richard Dawkins negli Anni ’70 per spiegare l’evoluzione culturale umana. Il termine “meme” indica inoltre, nel contesto contemporaneo, immagini, GIF, video o frasi, che si propagano attraverso Internet diventando famosi. Parte integrante del linguaggio contemporaneo, i meme digitali sono contenuti virali replicati a tal punto da monopolizzare l’attenzione degli utenti web, e se consideriamo che attualmente sono circa 4 miliardi gli individui che hanno accesso a Internet, possiamo ben immaginare la portata di questo fenomeno.
Meme e arte contemporanea
L’accesso globale alla Rete ha diffuso al massimo anche l’impulso creativo e i meme hanno attinto dall’arte contemporanea strategie come l’appropriazione, il remix, il détournement, nonché il gusto per l’assurdo e per il surreale. Ce lo spiega bene Valentina Tanni nel saggio Memestetica – il settembre eterno dell’arte (2020), sottolineando come la produzione di immagini non sia più riservata solo ai professionisti ma potenzialmente a chiunque sia in grado di remixare materiali esistenti e di diffonderli per condivisione, contribuendo alla costruzione dell’immaginario collettivo.
Proprio grazie a Internet e a Instagram una nuova generazione di appassionati delle arti può coltivare comodamente le proprie ossessioni e il sistema dell’arte contemporanea non poteva certo sottrarsi a un linguaggio che dalle arti mutua meccanismi e umori. Esploriamo due realtà del mondo memetico dell’arte.
Chi è Jerry Gogosian
Hilde Lyn Helphenstein, meglio conosciuta come @jerrygogosian, è una curatrice e artista, insider del sistema, che dal 2018 utilizza i meme per colpire con ironia “la fiera delle vanità” del mondo dell’arte. Helphenstein utilizza la sua piattaforma per denunciare ironicamente i meccanismi e le idiosincrasie del mercato dell’arte. La sua identità fittizia non è altro che la manipolazione del nome di uno dei galleristi più famosi e potenti al mondo, Larry Gagosian. Con le sue critiche incisive e la sua arguzia brutale sotto forma di meme ha accumulato quasi 120mila follower e recentemente è stata chiamata dalla casa d’aste Sotheby’s a curare una mostra collettiva di venti artisti la cui selezione è stata guidata dal sistema di classificazione dei contenuti di Instagram.
Il caso italiano: Giulio Alvigini
Tutto italiano è invece il caso – e il successo – dell’account @makeitalianartgreatagain, creato dal giovane Giulio Alvigini. Nato nel 2018, il profilo Instagram ha celato l’identità del suo autore per pochi mesi ma in quei mesi il sistema dell’arte italiano è impazzito per scoprire di chi si trattasse e come conoscesse così bene le dinamiche e le criticità su cui ha saputo pungentemente ironizzare. Alvigini è poi uscito allo scoperto e si è affermato come esperto di comunicazione, pubblicando anche un libro che sviscera i meccanismi e i rituali che regolano il sistema artistico – e che le accademie non insegnano, ci tiene a precisare – condividendo con il lettore il suo personalissimo sguardo attraverso barzellette e gli immancabili meme.
Che sia dunque questo uno dei possibili futuri delle arti, ovvero lo sgretolarsi della centralità dell’artista come produttore primario in favore di una dinamica di creazione e gestione delle immagini di stampo collettivo?