Mank, per avere successo non basta un genio
Per scrivere una sceneggiatura bisogna pensare bene alla scaletta, ai dialoghi, ai personaggi, al trattamento. Ma non è questa la cosa che Mank, il nuovo di David Fincher su Netflix, insegna davvero. E non lo fa nonostante sia una riflessione sul cinema come gioco di ruolo, nonostante la trama – la storia della sceneggiatura di Citizen Kane (Quarto Potere) di Orson Welles scritta appunto dallo sceneggiatore hollywoodiano alcolizzato Herman J. Mankiewicz, “Mank”, interpretato da Gary Oldman. Si tratta più che altro di una parabola discendente del protagonista costantemente teso verso l’autodistruzione, che scrive la sua opera isolato a causa di una gamba rotta per un incidente in macchina, in una casa servito da una domestica e da un’assistente, con l’idea che in questo modo si possa concentrare solo su quanto deve scrivere.
Fincher ha frugato nei resoconti pubblicati relativi alla vita di Mankiewicz (inclusa la biografia di Richard Meryman, Mank), alla ricerca di dettagli rivelatori che poi ha assemblato fuori dal contesto, senza rispettare la cronologia degli eventi, riuscendo così a delineare un quadro psicologico fatto di intuizioni e di fotogrammi molto simile a quanto realizzato per Mark Zuckerberg con The Social Network, o per la protagonista di Gone Girl, e anche in Zodiac. Ricostruire partendo dalla decostruzione. E da questa costruzione al contrario ciò che emerge, a livello psicoattitudinale e lavorativo, è quanto il genio di Mank da solo non basti.
Procrastinazione e perfezionismo vanno spesso a braccetto: il perfezionista si “incarta” tipicamente in più fasi del lavoro, nel caso di Mank ciò che si perde è proprio il grado di concentrazione. Molte persone si lamentano di non riuscire a impegnarsi con costanza, di non poter quindi ottenere ciò che vogliono (il protagonista lo fa), di avere la sensazione di perdere il loro tempo, di non riuscire a portare a termine un impegno o anche di avere la sensazione che il tempo disponibile non sia mai abbastanza per le loro iniziative. In molti di questi casi ci possiamo trovare di fronte a diversi elementi che inficiano la capacità di identificare, progettare e realizzare un obiettivo.
Prima di raggiungere un obiettivo è necessario definirlo, e prima ancora di definirlo è necessario conoscerlo, o meglio ri-conoscerlo come importante e chiaro. Poi capire come raggiungerlo, e infine agire. E invece per tutto il film Herman Mankiewicz ha ormai la statura di un antieroe noir destinato alla solitudine, che ragiona apertamente sul ruolo dei media nel XX secolo e su sé stesso e le sue contraddizioni, sui suoi amori duraturi e su quelli platonici, sul suo successo come sceneggiatore e sulla sofferta consapevolezza di non poter riassumere la vita in un film.