Il mondo magico di Leonora Carrington
Da qualche giorno è sulla bocca di tutti gli appassionati del mondo dell’arte, addetti ai lavori e non: il titolo della 59° Biennale Arte 2022 è Il latte dei sogni. Lo hanno annunciato il direttore Roberto Ciccuto e la curatrice Cecilia Alemani. Ma qual è la fonte d’ispirazione?
Trattasi di un libro di favole dell’artista surrealista Leonora Carrington.
Chi è Leonora Carrington?
Nasce nel 1917 nella contea inglese del Lancashire da famiglia cattolica, il padre industriale, la madre di origini irlandesi. Fin da piccola mostra un’avversione viscerale alle convenzioni sociali e alla rigida educazione impartitale nei diversi collegi da cui viene ripetutamente espulsa: seppur con riluttanza, i genitori le permettono infine di trasferirsi a Londra per dedicarsi agli studi artistici. Qui incontra il pittore Max Ernst, con il quale fugge a Parigi nel 1937.
Carrington e il Surrealismo
A Parigi Carrington ha modo di frequentare i più importanti nomi del movimento surrealista: da
Joan Mirò a Salvador Dalì, da Yves Tanguy a André Breton. In questi anni parigini crea le sue prime opere surrealiste e partecipa all’ Exposition Internationale du Surréalisme del 1938. Emblematico della produzione di questi anni è il suo autoritratto, che la vede al centro di una stanza con un cavallo a dondolo che fluttua alle sue spalle, una iena ai suoi piedi e un cavallo bianco che galoppa indomito fuori dalla finestra. Le immagini del cavallo e della iena hanno continuato a occupare un posto di rilievo nel lavoro di Carrington, rivelando l’amore viscerale dell’artista per il mondo animale.
Non solo dipinti: Carrington scrittrice
La produzione di Carrington non si limita alle arti figurative, infatti, fu anche prolifica scrittrice. Sempre degli anni Trenta è il racconto surrealista La Maison de la Peur, pubblicato nel 1938 con una serie di collages introduttivi di Ernst. Nei racconti degli anni successivi il mondo animale si ibrida con quello femminile dando vita a personaggi magici dall’identità fantastica, figure trasgressive che rifiutano le regole sociali preferendo la compagnia non umana. Dipinti e racconti rappresentano per Carrington veicoli di ribellione alle convenzioni della società dell’epoca, che voleva le donne relegate al focolare domestico, buone mogli, sagge madri.
Risollevarsi dopo la disperazione
A seguito dell’arresto del compagno, internato in un campo di concentramento, Carrington fugge disperata dapprima in Spagna e, in seguito, in Messico: sono anni di profonda sofferenza per la separazione forzata da Ernst, che sfociano in un crollo mentale per il quale viene dichiarata pazza e rinchiusa in un manicomio di Santander. La malattia e il terribile trattamento subito vengono raccontati in Down Below, del 1944.
Il Messico rappresenta per Carrington l’approdo felice dopo tante vicissitudini, il luogo dove può finalmente sviluppare la piena libertà artistica ibridando nuovamente il suo mondo magico e surreale con le tradizioni culturali e artistiche locali. La produzione messicana rappresenta una sorta di risveglio “eco-femminista” per Carrington, cui fa seguito un periodo di forte attivismo sociopolitico.
Dal Messico a Venezia
Leonora Carrington muore nel 2011. Negli anni successivi la scomparsa i suoi dipinti vengono battuti all’asta per cifre considerevoli, a testimonianza del fatto che anche il mercato riconosce l’estremo valore della sua opera: The Temptation of St. Anthony, olio su tela del 1945, realizza la cifra di 2.629.000,00 dollari da Sotheby’s nel 2014.
Cosa ha spinto Cecilia Alemani a guardare a Carrington come fonte d’ispirazione per la Prossima Biennale Arte 2022? Lo spiega la stessa curatrice:
«La Mostra prende il nome da un libro dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), che negli anni Cinquanta in Messico immagina e illustra favole misteriose dapprima direttamente sui muri della sua casa, per poi raccoglierle in un libricino chiamato appunto Il latte dei sogni. Raccontate in uno stile onirico che pare terrorizzasse adulti e bambini, le storie di Carrington immaginano un mondo libero e pieno di infinite possibilità, ma anche l’allegoria di un secolo che impone sull’identità una pressione intollerabile, forzando Carrington a vivere come un’esiliata, rinchiusa in ospedali psichiatrici, perenne oggetto di fascinazione e desiderio ma anche figura di rara forza e mistero, sempre in fuga dalle costrizioni di un’identità fissa e coerente.»
Ecco che la ricerca di Carringnton, il suo mondo magico e surreale ci risulta quanto mai attuale, fonte di riflessione rispetto alle sfaccettate complessità di una società che l’arte è chiamata da sempre, in prima persona, a sviscerare.