Il body positive
Smagliature, cicatrici, vitiligine, acne, malattie non sono più un discrimine estetico. O almeno, non dovrebbero più esserlo. Ogni corpo è bello, ogni corpo merita cura e attenzione, ogni corpo ha il diritto di mostrarsi per quello che è.
Ecco che dopo la moda del trucco coprente, dei filtri Instagram e del camoufflage, è in atto una controtendenza: mostrare le proprie imperfezioni e trasformarle in punto di forza. Perché? Perché ci rendono unici, reali, umani.
Siamo nel lontano 2010 quando donne spesso di colore che si sentono discriminate per via delle apparenze, cominciano a pubblicare foto di sé su Instagram abbinate all’hashtag #bodypositivity, per reclamare il diritto di mostrare il proprio corpo così com’è, senza sentirsi giudicate. In brevissimo l’hashtag diventa virale dando vita a un vero e proprio movimento, che si ripropone di dare dignità e rilievo a tutti quei corpi che non rientrano nei rigidi canoni di bellezza dei mass media, irreali e standardizzati.
In opposizione al body shaming, fenomeno di bullismo virtuale (e non) nei confronti di corpi considerati imperfetti, che ha devastanti conseguenze sulla psiche di chi lo subisce, il body positive ridona dignità a tutti i corpi, con l’obiettivo di liberarci dalla dittatura opprimente dell’estetica mainstream.
Grazie ai social media persone di colore, sovrappeso, con disabilità, sfigurate, trans e tutti quelli che non si sentivano rappresentati nel cinema, alla televisione o sulle cover delle riviste hanno trovato una voce. Le voci sono tante, diverse e sempre più potenti.
Su Instagram hanno cominciato a proliferare account di influencer del body positive. Tra i tanti, Michelle Elman ha lanciato la campagna #scarrednotscared per trasmettere a tutte le persone con cicatrici la forza di mostrarsi, Jameela Jamil ha creato I weigh chiedendo agli utenti di condividere selfie non modificati, Laura Brioschi ha fondato Love Curvy un account contro la cultura della dieta, si sono affermati i modelli sovrappeso, come Zach Miko e Bruce Sturgell.
È nato il movimento #samebodydifferentpose: donne famose per il loro fisico mozzafiato rivelano come sia (anche) una questione di posa. Basta cambiarla per svelare pancetta, ritenzione idrica, smagliature e cellulite. Come tutte. Dal #bodypositivity è nato lo #skinpositivity, incentrato sui problemi della pelle, e l’ancora più specifico #acnepositivity. La perfezione imperante dei social network rende strano il fatto di mostrare il proprio volto senza filtri o trucco, addirittura cosparso di brufoli o imperfezioni. È una cosa che richiede coraggio, ma sono moltissime le celebrità ad averlo già fatto come le nostrane (e giovanissime) Matilda de Angelis e Aurora Ramazzotti.
È iniziata l’epoca delle modelle e dei modelli considerati speciali proprio per le loro “imperfezioni”. Winnie Harlow ha la vitiligine, Ashley Graham un fisico curvy, Madeline Stuart la sindrome di Down, Kelly Knox un braccio amputato, Jillian Mercado è sulla sedia a rotelle.
Ogni corpo ha valore e ha diritto alla stessa dignità.
Il body positive è nato in difesa dei corpi discriminati, senza privilegio, ma normalizzare quei corpi aiuta a normalizzare quelli di tutti. Bisogna amarsi esattamente com’è, qui e ora, ci dice il body positive, abbracciare la propria unicità. Il movimento ci chiede di ripetere in coro: “I miei, le mie, il mio [riempire liberamente con il proprio difetto] non mi definiscono come persona”.
Un lavoro intimo, ma anche sociale, perché è la società la prima a dover cambiare.
Nonostante sia un percorso difficile e non immediato, i risultati non tardano ad arrivare.
Women’s Health ha ritirato il termine “bikini body”, per esempio, e sempre più riviste di moda ospitano sulle loro cover corpi che non corrispondono agli standard passati, così che ognuno di noi si possa sentire sempre più rappresentato, meno discriminato e giudicato con enormi conseguenze sulla propria sanità mentale.
Facebook e Instagram hanno modificato la loro policy sulle pubblicità di prodotti detox e dietetici indirizzati ai minori. Brand come Dove hanno dato rilievo nelle loro campagne a corpi di donne normali. Accettare la diversità è l’unico modo per non rimanere intrappolati negli stereotipi, per non giudicare gli altri, né se stessi e per sentirsi meno soli. Lo strumento con cui si è riusciti a intraprendere questo cammino sono i social media, ma il discorso si è fatto molto più ampio.
C’è chi dice che le foto ti rubino l’anima, forse in questo caso te la restituiscono.
Liberazione del corpo, liberazione della mente, liberazione dell’anima.
Per chi ci crede. Io sì.