Il Vecchio e il Mare insegna il rapporto tra uomo e natura
Il vecchio e il mare è il breve romanzo di Ernst Hemingway con cui l’autore vinse il Premio Pulitzer e poi il Nobel per la Letteratura nel 1954. Scritto a Cuba, dove si stabilì dopo la Seconda Guerra Mondiale (nel 1936 partecipò alla guerra civile spagnola, concludendo poi il decennio più produttivo della saga letteraria con Quarantanove racconti e Per chi suona la campana) è ritenuto dallo stesso Hemingway il migliore romanzo nell’intera sua creazione letteraria. Il modo in cui è scritto rispecchia lo stile giornalistico dello scrittore, composto da frasi semplici e concise – nonostante sia un “semplice” che nasconde una potente complessità strutturale. La tecnica che contraddistingue il romanzo è quella del monologo interiore, il che permette di inserirlo nella categoria dei romanzi moderni, rendendo inoltre il libro una delle opere più lette durante gli anni del liceo.
Nonostante la storia sia incentrata su un’unica vicenda, quella di un povero pescatore sfortunato, Santiago, che rinuncia a tutte le cose materiali per vivere in mare aperto e inseguire un pesce che gli sfugge da 84 giorni, Il vecchio e il mare coinvolge il lettore in modo appassionato tanto che anche chi non è interessato al mondo della pesca, è in grado di apprezzare la storia grazie agli spunti che fornisce, dalla sfida crudele, ma fondata sulla lealtà e sul rispetto, tra il vecchio e la natura, la forza e la tenacia degli uomini, l’importanza della lealtà in qualsiasi sfida. Nonostante la storia si ispiri al Moby Dick di Melville, Il vecchio e il mare non è un racconto di morte e di sconfitta, ma al contrario di infinito coraggio. Perché nella disperata caccia a un enorme pesce spada dei Caraibi, nella lotta, quasi letteralmente a mani nude, contro gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, Santiago stabilisce, forse per la prima volta, una vera fratellanza con le forze incontenibili della natura.
Non arrenderti mai. È una delle prime lezioni di vita che fornisce la lettura del romanzo, poiché come scrive l’autore, «un uomo non è fatto per la sconfitta. Può essere distrutto ma non sconfitto». La prosa diretta e concisa di Hemingway in questo romanzo pone il lettore al centro dell’intera azione, così che non solo chi legge possa avvertire il sole caldo sulla fronte, la bonaccia, l’aria del mare. Il romanzo è inoltre un omaggio al duro lavoro, alla perseveranza. «È stupido non sperare, pensò. E credo sia peccato», è un’altra delle frasi nel romanzo che illumina circa la lezione di vita tra le più importanti espresse da Hemingway: sulla consapevolezza che niente è perduto davvero, che arriveranno momenti migliori, giorni migliori, che dopo tutte le difficoltà arriverà anche una piccola gratificazione. E poi «l’uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale, quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino, e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta». Bukowski l’avrebbe sintetizzata così: «Bisogna sempre provarci. Meglio avere delusioni che rimpianti».