Il cinema della pace e per la pace
IL RACCONTO DELLA GUERRA
Molti conoscono il cinema di guerra, chiamato secondo la categoria internazionale war movie. Ogni conflitto bellico è stato rappresentato al cinema in oltre un secolo di storia, e le due guerre mondiali hanno fatto la parte del leone. La guerra è stata narrata da ogni punto di vista, a volte parziale e propagandistico (basti pensare al cinema controllato dai regimi dittatoriali), a volte onesto e brutale. Anche l’atteggiamento nei confronti della soluzione bellica è stato al centro di differenti approcci, da quello squisitamente di condanna a quello – più frequente – di spettacolarizzazione del conflitto.
Purtroppo le guerre – che a un certo punto della seconda metà del Novecento si speravano al tramonto – negli ultimi trent’anni si sono riaccese anche in Europa: prima il tragico conflitto nella ex Jugoslavia, poi l’instabilità nell’area dell’ex-URSS, sfociata nella catastrofe in Ucraina che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Il cinema si è sempre proposto come testimone narrativo: se all’informazione è richiesto di aggiornarci nel modo più completo e oggettivo, al cinema è richiesto di raccontarci le storie di vita e di interpretare artisticamente (per quanto possibile) i conflitti. Lo hanno fatto i cineasti serbi, croati, bosniaci, nonché cineasti palestinesi, israeliani, siriani, libici, lo stanno facendo dal 2014 cineasti ucraini, russi, lituani, bielorussi e continueranno a farlo appena ci sarà la possibilità di tronare a pensare alla macchina da presa e non alle bombe.
IL CINEMA ANTI MILITARISTA
Come dicevamo, alcuni grandi film di guerra sono in verità grandi film di pace. Uno dei maestri del cinema che più ha dimostrato poeticamente il suo anti-militarismo è Stanley Kubrick che, grazie a capolavori come Orizzonti di gloria o Full Metal Jacket, ha mostrato la follia della soluzione bellica. In entrambi i casi, secondo Kubrick è possibile una dimostrazione “matematica” dell’irrazionalità delle armi, visto che ogni volta i piani teorici si scontrano con la realtà. In Orizzonti di gloria, ambientato nella Prima Guerra mondiale, la sordità dei generali al consiglio delle truppe porta i soldati a un massacro annunciato; nel secondo caso, ambientato durante l’invasione americana del Vietnam, la lunga e durissima preparazione dei marines si infrange contro l’imprevedibilità del conflitto in loco, portando a una strage nel plotone dei giovanissimi soldati statunitensi.
Ma potremmo citare altri capisaldi come l’italiano Uomini contro di Francesco Rosi o E Johnny prese il fucile di Dalton Trumbo o ancora Per il re e per la patria di Joseph Losey, tutti film che attraverso storie esemplari narrano sia l’atrocità della battaglia sia la drammaticità delle scelte dei singoli.
IL CINEMA DELLA PACE
Ma un conto sono i film bellici che raccontano vicende destinate a far nascere un sentimento di rifiuto della guerra e un conto sono pellicole apertamente ispirate alla promozione della pace come strumento di convivenza tra i popoli. Pur limitandoci ad alcuni titoli – utili per far capire di che cosa stiamo parlando – possiamo osservare come il cinema in questi casi si incarichi di generare un pensiero pacifista e condividere narrazioni istruttive per gli spettatori. Pensiamo a Ghandi di Richard Attenborough, interpretato dallo straordinario Ben Kingsley, in cui l’esistenza del leader spirituale indiano e della sua pratica nonviolenta vengono spiegate come ispirazioni in grado di modellare un’intera filosofia successiva. Pensiamo a L’impero del sole di Steven Spielberg, dove le vicissitudini di un bambino occidentale in Oriente mostrano con il pathos e con gli occhi di un ragazzo le sofferenze dei più deboli, innalzando un inno alla tolleranza. Pensiamo anche ovviamente a La vita è bella in cui Benigni, attraverso un meccanismo narrativo rischioso e delicato, racconta di un padre che protegge il figlio dall’orrore del campo di concentramento fingendo che sia un gioco. O a Valzer con Bashir di Ari Folman, che grazie a un uso adulto e sensibile dell’animazione, crea un potente racconto sul Medio Oriente e sul Libano destinato a farci riflettere a lungo.
In verità i film sulla pace e per la pace sono tantissimi, nascosti in ogni angolo del mondo e dedicati praticamente a tutti i conflitti del pianeta, siano essi etnici, religiosi, economici, imperiali, ideologici. Purtroppo appare ormai evidente che il numero sempre alto di film per la pace risponde a una presenza sempre più intensa di guerre. L’auspicio è che ci sia in futuro minor bisogno di cinema pacifista.