I valori del Natale ebraico, l’Hanukkah, per sopravvivere alla pandemia
Si avvicina il Natale, festa che quest’anno avrà tutto un altro sapore, un altro significato, più vero, più reale e forse meno materialista. Un Natale forse che ci riporterà a quell’attesa di duemila anni fa, quando la povera gente come i pastori, i sapienti come i re Magi e persone in cerca di giustizia, aspettava un Messia che li avrebbe liberati e che avrebbe fatto trionfare la Rettitudine. Festa dunque, questo Natale, che ben si cala nella nostra attesa che la vita torni ad essere normale, che il Covid-19 sia sconfitto, e che finalmente tutto si sistemi.
In questo sentimento d’attesa, scoraggiati dal poco potere che abbiamo di risolvere le cose e preda del sentirsi impotenti davanti a qualcosa più grande di noi, un’altra festa, questa volta ebraica, ci aiuta a metterci nella giusta prospettiva, non solo per l’attesa, ma anche per un’azione propositiva nonostante la situazione. La festa in questione è l’Hanukkah, e quest’anno si festeggia dal 10 al 18 dicembre: la sua storia è molto particolare e il significato molto intenso.
Nel secondo secolo prima di Cristo, Israele e il popolo ebraico avevano perso la loro autonomia politica, ed erano sotto il potere della Siria, guidata a quel tempo dalla dinastia greca dei Seleucidi, eredi del Medio Oriente ellenistico conquistato da Alessandro Magno. Nonostante la perdita della propria autonomia, il popolo ebraico era libero di seguire la sua fede e di adorare il Dio dei suoi padri. La situazione degenerò con l’ascesa al trono di Antioco IV, che non solo cercò di ellenizzare il popolo di Israele, ma profanò il Tempio di Gerusalemme arrivando persino a erigere al suo interno una statua di Zeus, sacrilegio grandissimo questo per gli ebrei, visto che il Tempio era l’unico luogo di culto dell’unico Dio. Fu così che Giuda, che verrà detto “Maccabeo”, raccolti i fedeli di Israele, prese le armi, mosse battaglia ai Seleucidi e liberò Gerusalemme e il Tempio.
E qui, si arriva al nocciolo della storia: riconquistato il Tempio, Giuda e i sacerdoti lo purificarono e lo riconsacrarono al culto ebraico. Tuttavia, nell’accendere i lumi del candelabro, così come vuole il rito, si trovò una sola boccetta d’olio, utile per ardere un solo giorno, mentre ne servivano almeno altri otto di giorni per produrre altro olio rituale. Si decise così che i lumi venissero comunque accesi, e il poco olio rimasto durò esattamente otto giorni, fino all’arrivo di altro olio.
Oltre al chiaro riferimento ad un miracolo e ad una forza superiore, questo episodio ha un significato recondito che sembra essere in linea con quello che stiamo vivendo. In questo periodo infatti tutti quanti ci sentiamo in balia degli eventi e qualsiasi sia l’azione che facciamo, sembra essere troppo poco. L’attenzione degli uni per evitare il contagio sembra svanire a contatto con l’indifferenza di altri, il lavoro di un medico che cerca di salvare un paziente sembra meritevole ma non abbastanza efficace, poiché molti sono coloro che ne hanno bisogno e l’arrivo del vaccino sembra troppo lontano per essere di conforto. E chiunque, qualsiasi sia il suo ruolo nella società in questo periodo, sembra impotente contro questa epidemia.
Ed è qui che ci viene in aiuto il significato dell’Hanukkah: se Giuda Maccabeo si fosse scoraggiato davanti ad una sola boccetta d’olio, cosa sarebbe accaduto? Il culto non avrebbe avuto luogo, i fedeli sarebbero stati scoraggiati, e dunque impotenti contro il contrattacco dei nemici. Ed invece, si accesero le luci, e le luci durarono! Il consiglio è proprio questo: a volte bisogna semplicemente fare quello che si ha il potere di fare, niente di più. Per prima ragione perché è la cosa giusta, e questo già basterebbe. E poi perché qualcosa è meglio di niente. Il punto è che, se non si comincia con il fare quello che si può, non si arriverà mai a vedere il miracolo. Con l’aiuto dall’Alto, l’olio è arso per otto giorni, ma se Giuda Maccabeo non lo avesse acceso, ecco che nemmeno il miracolo si sarebbe compiuto.
A volte bisogna riconoscere la nostra imperfezione, ed agire al meglio comunque. Come diceva San Francesco infatti: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”! E forse è proprio questo il segreto per superare questo periodo: non scoraggiamoci, non lasciamo cadere le nostre armi, facciamo tutti quello che è necessario, poiché quando tutti fanno ciò, ecco che esso ha la forza dell’impossibile!
E ovviamente, nell’aiuto dall’Alto, continuiamo a sperare…