I film che raccontano la nostalgia per il cinema
Non solo Fabelmans. Negli ultimi tempi una nostalgia esibita sta circondando i film: registi che ripensano a se stessi da bambini e racconti che ripensano il passato con ripiegamento malinconico. Con tanta commozione da parte dello spettatore.
Da piccolo, mi ricordo
Una delle scene più delicate di The Fabelmans – il bellissimo film nel quale Steven Spielberg rievoca il suo apprendistato da autodidatta prima di diventare un grande regista – il bimbo di famiglia viene portato a vedere Il più grande spettacolo del mondo, un vecchio kolossal sul circo di Cecil B. De Mille. Dapprima impaurito dal buio della sala, dove non era mai entrato, rimane infine talmente affascinato (un vero shock estetico) da non essere più in grado di spiccicare parola per il resto della giornata, con gli occhi sbarrati dall’emozione.
Oggi potrebbe mai accadere qualcosa di simile ai nostri figli? Forse il bombardamento delle immagini in movimento (da TikTok a YouTube) ha sottratto magia al fascino visivo del cinema? Impedisce uno stupore così ingenuo e totalizzante? Chissà. Certamente si fa strada un’acuta nostalgia di quello sperdimento, se è vero che – oltre a Spielberg – altri cineasti hanno scelto nello stesso periodo di riandare al proprio passato per ritrovarne l’incanto.
Pensiamo a Empire of Light di Sam Mendes, dove il regista inglese pesca dal proprio passato per raccontare – più che il grande cinema – la vita di una sontuosa sala della provincia costiera britannica a inizio anni Ottanta. Il paradosso dei dipendenti (bigliettai, maschere, proiezionisti) che lavorano alle soglie dello schermo, ma non vedono mai i film diventa occasione per un memoir struggente su come quei luoghi fossero al tempo stesso mitici, ma anche specchio delle classi sociali e delle tensioni politiche (uno dei dipendenti, nero, è bersaglio di un razzismo diffuso e non molto latente).
La Babilonia del passato
Prendiamo un’altra sequenza, questa volta finale, dal recente Babylon (dedicato alla Mecca del cinema all’epoca del passaggio tra muto e sonoro). Un ex-produttore, anni prima escluso dagli affari hollywoodiani per guai con il crimine, entra dopo tanto tempo in una sala dove proiettano Cantando sotto la pioggia, indimenticabile musical di Stanley Donen. È il 1952 e – per quanto sia sorprendente – c’è chi pensa che il cinema stia morendo, come oggi. Il nostro ex produttore, prima scettico, si scioglie pian piano e si rende conto che l’immaginario dei film sopravviverà per sempre: la grandezza della Settima Arte sta nel sapersi ogni volta rigenerare. In quel momento, il regista Damien Chazelle inserisce una sequenza onirica (chissà se è il personaggio a sognarla) nella quale tutta la storia del cinema si srotola attraverso brevissime immagini subliminali, dai classici ad Avatar passando per l’avanguardia e Matrix. Un caleidoscopio, un frullatore di film diversissimi tra loro che però in comune hanno una cosa: amano il cinema e lo arricchiscono, ciascuno a modo suo.
Se Babylon è sembrato il cri du coeur di un autore che insiste sul futuro parlando del passato, c’è chi pensa anche ai capolavori italiani: in Armageddon Time, dedicato ai ricordi di famiglia e di gioventù, l’autore James Gray guarda ai modelli di Luchino Visconti e di Federico Fellini per trovare la parole giuste con cui dire del proprio amore verso il grande schermo e gli affetti che ne costituiscono l’architrave.
Il museo delle immagini
E se non bastasse, anche film assai meno lirici guardano a questo stato di cose vagamente “postumo”. Nel recente Scream VI, sesto episodio della sanguinosa saga dedicata al killer mascherato con l’Urlo di Munch, le vittime e il maniaco sono appassionati di cinema. I personaggi analizzano ciò che accade loro come se fosse un film e uno dei killer sfoggia t-shirt dedicate al nostro Dario Argento. Fino a che lo scontro finale contro Ghostface avviene in un cinema abbandonato, in mezzo a vecchi cimeli e nel bel mezzo della notte di Halloween, dove tutti girano mascherati con le fattezze di altri cattivi del grande schermo. Nessuno spettatore di fronte a Scream ha veramente paura. Certo, ci vuole un certo gusto per il macabro, ma prevalgono ironia e divertimento dark. Insieme a un amore folle per il cinema del passato, che oggi è un museo di immagini meravigliose da interrogare, custodire e rinnovare. Sarà che non circolano più idee nuove? Forse, ma intanto questo affetto e questa nostalgia colmano il vuoto con amore.