Guardare avanti con fiducia è ciò che rende unico il genere umano
Le parole sono come le mode. Come il tubino indossato da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”. Alcune resistono magnificamente all’usura del tempo; altre appaiono datate come il cappello a cilindro dei gentiluomini nell’Ottocento. Una delle più sfortunate è “progresso”. Dopo un successo durato oltre un secolo, l’aura di ottimistica fiducia e positività che la circonda va in frantumi.
Progresso, scienza e tecnica sono indissolubilmente legati. È quasi incredibile pensare che in epoca greco-romana, mentre il pensiero raggiungeva le più alte vette artistiche e filosofiche, scienza e tecnica fossero arretrate al punto da rendere indispensabile il regime di schiavitù. Una condizione che è durata quasi duemila anni e che ancora a metà Ottocento era da molti considerata “normale”.
Oggi assistiamo al fenomeno opposto. Scienza e tecnica si sono sviluppate in modo incredibile e poiché è la tecnica a definire i nostri limiti, il problema nasce dal fatto che tecnica e pensiero non procedono alla stessa velocità. Scienza e tecnica hanno scavalcato i confini del tempo e ci proiettano nel futuro, mentre i sistemi concettuali che governano il nostro modo di stare nel mondo (leggi, istituzioni democratiche, processi di verifica e controllo) evolvono con esasperante lentezza.
Eppure, mai come ora, nel bel mezzo di un episodio dai tratti catastrofici, un’epidemia globale che ha sconvolto il Pianeta, è tempo di ragionare su un termine il cui significato è “avanzamento verso gradi o stadi superiori, con implicito quindi il concetto del perfezionamento, dell’evoluzione, di una trasformazione graduale e continua dal bene al meglio”. Quella che stiamo vivendo è la prima epidemia affrontata a livello mondiale con tutti gli strumenti medici che la scienza e la tecnica offrono. Un evento affrontato con la presenza costante di un’informazione che nel bene e nel male ha stimolato la nostra consapevolezza. Non era mai accaduto prima: l’influenza spagnola che causò decine di milioni di vittime fu affrontata nella negazione e nel silenzio.
Negare le funzioni progressive di scienza e tecnica è negare la fortuna della lotteria genetica che ci ha consentito di nascere e vivere in questa epoca: nel 1881 l’età media di morte era 54 anni; oggi la speranza di vita per un bambino che nasce in Italia è di 78,67 anni, mentre una bambina può sperare di vivere 84,04 anni. La tecnica e la scienza sono il prodotto decisivo della nostra storia, il frutto dell’evoluzione iniziata milioni di anni che, dalla stazione eretta all’invenzione del linguaggio, ci ha portato a conquistare le stelle. A chi obietta che stiamo superando i confini imposti dalla natura è doveroso ricordare che fino a pochi battiti di ciglia fa l’umanità subiva spaventose decimazioni ritenute “naturali”, così come la miseria della stragrande maggioranza dell’umanità era ritenuta condizione di assoluta normalità. Le distorsioni, gli errori, le catastrofi e lo sfruttamento insensato delle risorse non avvengono per colpa della tecnica ma per la miopia della politica e dell’economia. Per l’assenza di regole condivise e fatte rispettare con severità. Per la concezione arcaica dell’economia lineare che, finalmente, stiamo sostituendo con la cultura della sostenibilità.
Quanto e come siamo diversi da cento o cinquanta anni fa? Cosa abbiamo imparato dall’esperienza del Covid-19? Perché questa esperienza per quanto dolorosa e terribile va letta come un fatto di progresso? Oggi diamo alla vita un valore altissimo quasi ovunque nel mondo. È grazie a questo cambiamento culturale che un numero di vittime che solo pochi anni fa sarebbe stato accolto con indifferenza desta preoccupazione e allarme. Una conquista morale che il progresso figlio della scienza e della tecnica ha consentito. Un mondo più umano dove ogni vita ha valore. Un mondo più sviluppato, più civile, più rispettoso. Un mondo che ha compreso come la soluzione dei problemi la si trova guardando avanti e non indietro.