Gestire un cinema: dalla saracinesca all’avventura
UN ESERCIZIO COME UN ALTRO?
Gestire una sala cinematografica non è mai stato un mestiere qualunque. A cominciare dal fatto che – a differenza di tante altre attività commerciali (alimentari, edicole, abbigliamento, e così via) – questo lavoro imprenditoriale non esisteva prima dell’inizio del XX secolo. Pur nascendo nel 1895, infatti, il cinematografo ha avuto bisogno di alcuni anni prima di organizzarsi nel modo che conosciamo anche oggi, oltre un secolo dopo – ovvero con locali simili a teatri, dotati di un grande schermo, di un proiettore, pronti a gestire forti afflussi di pubblico e con un biglietto d’ingresso.
Inoltre, gli esercenti dei cinema hanno sempre avuto un piede piantato nel commercio e un altro nel mondo della cultura e dello spettacolo. Vedere un film è un’attività estetica e il contesto in cui si svolge questa esperienza ha una grande importanza, sia dal punto di vista tecnico sia da quello del comfort.
Infine, gli esercenti hanno sempre dovuto preoccuparsi dell’adeguamento tecnologico delle sale: dal muto al sonoro, dal bianco/nero al colore, dalle due dimensioni al 3D, dall’audio mono alla stereofonia, dalla pellicola al digitale….una rivoluzione dietro l’altra.
L’EPICA STORIA DEL GESTIRE UNA SALA
La professione di gestore di sala non è mai stata in discesa. Certo, ci sono stati i tempi d’oro, quelli per esempio che in Italia sono andati dagli anni Cinquanta del boom economico fino a fine anni Settanta. In questo periodo il cinema era l’arte popolare per eccellenza, i prezzi bassi grazie al numero enorme di spettatori, l’abitudine di andare al cinema un fatto settimanale, talvolta quotidiano. Per dare qualche numero, negli anni Cinquanta si staccavano 800 milioni di biglietti all’anno, nel 2019 (prima della pandemia) se ne staccavano meno di 100 milioni – 2 per ogni abitante.
Ma anche nei momenti di maggiore affluenza, gli esercenti hanno dovuto fare i conti con un mercato piuttosto selvaggio. I distributori dei film spesso hanno imposto al gestore contratti molto severi, con percentuali pesanti su ogni biglietto staccato e con il divieto di mostrare altre pellicole per un periodo minimo di garanzia, valido anche se il titolo per qualche ragione non ha successo. È per questo motivo – oltre che per accontentare un pubblico più dinamico e moderno – che sono nate le multisale: se un film non funziona, si può proiettare su altri schermi, mentre contemporaneamente nelle sale A o B vengono offerti titoli diversi e più attraenti, senza rischiare di essere legati a un’unica uscita per molte settimane.
IL FUTURO DELLA SALA
Tutti i nodi, purtroppo, sono arrivati al pettine negli ultimi tempi. Non bastasse una crisi sistemica del cinema su grande schermo a favore dell’intrattenimento casalingo (le piattaforme streaming e le serie TV), ci si è messo anche il Covid a complicare le cose, lasciando i cinema chiusi per tanto tempo e, una volta riaperti, sottraendo il pubblico più preoccupato di ammalarsi o al contrario più infastidito per l’uso della mascherina (per lungo tempo obbligatoria).
L’esercente non riconosce gli automatismi del passato e il mercato si è fatto via via più imprevedibile, come i gusti del pubblico – sempre più mutevoli.
La ripartenza dopo la crisi deve necessariamente prevedere un nuovo tipo di professionista a gestire le sale. Non basta più “sollevare la saracinesca”, ora bisogna essere aggiornati sulle abitudini del pubblico, saper scegliere i titoli e le strategie, diversificare al meglio gli orari, utilizzare bene i social network, fidelizzare gli spettatori con contenuti alternativi (per esempio lezioni di cinema o proiezioni di film classici, insomma costruire la propria audience – che deve essere invogliata a uscire di casa, dove al momento può trovare di tutto.
Riusciranno i nostri eroi (gestori)? Con ingegno e impegno, tutto è possibile.