Perché nell’era dei robot la poesia è un salvagente irrinunciabile
La realtà è ciò che si rifiuta di sparire anche quando smetti di crederci.
Philip Dick
Il tema della relazione tra essere umano e robot è stata analizzata e raccontata in molti modi in letteratura e al cinema. Partiamo dall’inizio: robot deriva da robota, in ceco “lavoro forzato”, significa persona che agisce in modo meccanico, senza rendersi conto né di ciò che fa né del perché lo fa.
Se entrassimo in un laboratorio di ricerca e progettazione oggi faticheremmo a distinguere un essere umano da un robot, siamo entrati nell’era dell’intelligenza artificiale, quella di Kubrick e Spielberg di Artificial Intelligence per intenderci, quella dei Mecha. Non voglio spaventare nessuno, sto solo riflettendo sul nostro presente che poi diviene futuro e su quello che è sempre più un rischio evidente; facciamo un passo indietro: noi tutti o quasi possediamo uno smartphone, anzi sarebbe meglio dire che ne siamo posseduti e viviamo collegati costantemente giorno notte senza sosta. Qualsiasi domanda, dubbio, incertezza, relazione, gioia, dolore passa attraverso lo smartphone e si infila nei canali social.
L’equazione è semplice: cosa accadrà quando ognuno di noi potrà possedere o affittare un robot e farlo entrare nella propria vita?
L’essere umano è facile preda delle dipendenze: dipendiamo dal gioco, dalle sigarette, dal cibo, dalle relazioni, dallo smartphone, dai medicinali, dalle paure, immaginiamoci allora un robot a casa o al lavoro che può sostituirsi a noi nella quotidianità. Ho sempre pensato che la tecnologia fosse una risorsa straordinaria, un’opportunità per migliorare la vita, di fatto lo è ma, nello stesso tempo è appurato che danneggia le relazioni, crea separazione, dipendenza, alienazione, è un paradosso comunichiamo virtualmente con chiunque e invece viviamo un profondo stato di solitudine. La tecnologia entra nella nostra vita con una velocità inaudita, più rapidamente di quanto siamo in grado di gestire. Certamente non è per tutti così, ci sono persone più predisposte alle dipendenze e altre meno ma in linea generale tendiamo ad essere posseduti più che a possedere a essere usati piuttosto che usare.
Per questa ragione e svariate altre nell’era dei robot credo alla poesia.
E’ il salvagente, una scialuppa, l’appiglio sul precipizio in grado di salvarci e svelarci la bellezza dell’animo umano, la bellezza del mondo che ci circonda, il mistero delle affinità elettive. Mentre pratichiamo la poesia ci immergiamo nell’invisibile-visibile, in questa relazione tra interiorità e la sua manifestazione, impariamo a conoscerci, impariamo ad amarci, a rispettarci, accettarci e soprattutto impariamo ad amare gli altri nella loro unicità.
Cosa ci distingue da un robot?
L’essere umano è composto di almeno tre parti ben distinte, in verità sarebbero più ma per semplicità le riduciamo a tre:
- La mente, in senso biologico, il nostro cervello, è la sede dell’intelligenza, della capacità di progettare, immaginare, vedere, distinguere, comparare, scegliere.
- Il cuore, che è metaforicamente e non solo la sede delle nostre emozioni, della nostra capacità di collegarci all’altro, di sentirci in comunità con l’altro, con il suo dolore la sua gioia, di entrare in empatia.
- Il corpo, l’involucro che tiene tutto insieme, il nostro piano istintivo la capacità di sopravvivere, di gestione dei nostri organi interni, del respiro senza che ci dobbiamo ricordare di farlo, del movimento, i nostri sensi.
Il robot è composto da due parti, ben chiare e distinte:
- Un computer hardware che funge da cervello in cui è inserito un software programmato operativamente per le attività richieste.
- Un corpo, involucro fatto di componenti riproducibili che permette di fare azioni proprio come un essere umano, con una bassissima probabilità di errore, che risponde alla programmazione del software più o meno complessa.
L’essere umano progetta robot per compiere le più svariate azioni, la vera differenza tra un essere umano e un robot non sono le azioni meccaniche ma la consapevolezza alla base delle azioni.
La “componente” fondamentale che riunisce la mente e il corpo si chiama cuore, la sede delle emozioni, la sede della capacità di sentire e fare insieme all’altro.
I robot, per quanto sviluppati possano essere, non provano nulla, quindi se vogliamo ricercare il senso ultimo dell’esistenza, il mistero della vita, sta proprio in questa parte che collega e unisce, chiamata cuore, che si manifesta attraverso un’energia potentissima chiamata: Amore.
Per non essere schiavi dei robot dobbiamo comprendere profondamente il significato di consapevolezza e soprattutto non dobbiamo dimenticarlo mentre compiamo le nostre azioni quotidiane che molto spesso sono ripetitive e meccaniche, proprio come un robot e ricordare di metterci Amore, perché ogni azione assuma senso e consapevolezza.
Qualche giorno fa ho assistito anzi partecipato a uno spettacolo della ballerina Simona Atzori, una donna meravigliosa nata con un grave handicap (vi esorto ad andare a un suo spettacolo) che invece proprio per l’amore che ci mette in ogni azione è diventato un punto di forza, distintivo e consapevole e ho capito che l’essere umano ha bisogno di sentire con il cuore, ha bisogno di emozionarsi, ha bisogno di commuoversi, ha bisogno di collegarsi all’altro per sentirsi vivo e permettersi di potersi sentire.
La commozione generata nel balletto dalla capacità e il coraggio di Simona di mettersi a nudo e andare oltre la sua disabilità ha commosso la platea, ha generato una comunità nella quale solidarietà e accettazione hanno permesso il superamento del limite, quello del pregiudizio. Si dice che il limite sta in chi guarda, ma aggiungerei che per superarlo è necessario collegarsi all’altro senza pregiudizio né paura e attraverso l’empatia, che è Amore superarlo, così è stato!
Relazione e connessione sono fondamentali per recuperare quel senso di umanità ed è questa la differenza tra noi e i robot, la capacità di sentire e fare cose non dettate dalla programmazione ma dal desiderio di fare del bene a se stessi e a chi ci circonda, con azioni dettate dall’amore.
La consapevolezza è sentirsi anche quando tutto intorno ci proietta lontano da noi e l’amore ne è la chiave, è quel che resta della nostra esistenza, è quel che doniamo, quando tutto scompare, quando tutto finisce, resta l’amore, quello fatto con intenzione ed è Poesia, la meravigliosa poesia dell’esistere che è molto più di solo vivere.