Perché in questi giorni di lock down abbiamo bisogno di conoscenza?
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Molto interessante, per capire le paure e le esigenze degli italiani ai tempi del Coronavirus, leggere i dati e le informazioni contenute in una recente nota diffusa ai media dal Vocabolario online Treccani. Questi dati, in sostanza, ci raccontano un incremento massiccio di accessi unici al portale che sono passati da 600.000 a 1,6 milioni. La qual cosa significa che la nostra società registra non solo l’intensificarsi dell’urgenza di capire bene quello che sta accadendo nella realtà attraverso la perfetta comprensione delle parole, ma anche il bisogno di affidarsi a un referente “sicuro” la cui reputazione in fatto di informazione veritiera e puntuale è incontrovertibile. Naturalmente questa è solo una goccia nel mare magno della circolazione delle bufale che ovviamente non si arresta, ma anche una sola goccia è comunque un bel segnale.
Andando più in profondità, tra le parole più ricercate, che come possiamo ben immaginare sono state “pandemia”, “assembramento”, “asintomatico” e il neologismo “infodemia” che indica il diffondersi contagioso e eccessivo delle informazioni, ne troviamo anche una molto usata dalla nostra classe governante e di cui probabilmente molti di noi avevano perso le tracce nei meandri della propria memoria scolastica. Si tratta dell’aggettivo “draconiano”. E allora approfittiamo di questo momento per ricordarne non solo il suo significato che è “estremamente severo”, ma anche il personaggio storico da cui deriva: Dracone.
Dracone è stato un legislatore ateniese, forse il più antico anche se la datazione della sua legislazione è incerta, alcuni datano le sue leggi al 641 avanti Cristo, altri alla trentanovesima Olimpiade, altri, come Aristotele, le riferiscono all’arcontato di Aristecmo di cui tuttavia non si conosce la data. Quel che si può dire con sicurezza è certamente che le leggi di Dracone furono il primo codice scritto di Atene, anteriormente a Solone (594 a.C.). Nell’età classica, delle leggi draconiane restavano in vigore quelle relative ai reati di sangue e siccome la sua fama era quella di legislatore crudele, si diceva che le sue leggi fossero scritte con il sangue. Si dice che anche un piccolo furto venisse punito appunto con la morte. Tuttavia, emanando la legge sull’omicidio, Dracone ebbe il merito di segnare la nascita del diritto penale. Si arrivò per la prima volta a distinguere il grado di responsabilità personale negli omicidi tra chi li aveva commessi volontariamente e chi invece involontariamente. I primi venivano condannati a morte dall’areopago, i secondi invece venivano giudicati da un tribunale composto da cinquanta efeti e la condanna era l’esilio.
Così facendo Dracone pose fine alla pratica della vendetta da parte delle famiglie delle vittime in quanto appunto la colpevolezza doveva essere provata da un apposito tribunale e la responsabilità di sentenza e punizione passava allo Stato. Restava escluso il cosiddetto “omicidio giusto” cioè quello perpetrato dalla persona che avesse colto in flagranza di illegittima relazione carnale la propria madre, moglie, sorella, figlia o concubina. Un principio legale che è stato accolto nel diritto di molti Paesi e che ha resistito al passare dei secoli. In Italia, per esempio, sino al 1981 è sopravvissuta una norma che mitigava la pena in caso appunto di “delitto d’onore”.
Il codice di leggi di Dracone, una copia del quale è conservata al Museo Epigrafico ad Atene, è ricordato come dicevamo per la sua severità, si pensi che la pena di morte era una punizione applicata anche per piccoli reati e infrazioni, e proprio per la sua severità particolare fu sostituito nella prima parte del VI secolo avanti Cristo con quello di Solone.
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