Sono le difficoltà che ci rafforzano: perché leggere (e rileggere) Dostoevskij
Date fiducia all’amore, il resto è niente. Un artista della vita, Giorgio Gaber lo diceva nelle sue canzoni. E quale valore c’è più grande, disinteressato e struggente dell’amore? Per l’uomo di oggi, quello post moderno, tutti i valori sono diventati relativi. Annichilito dalla velocità non però alla maniera boccioniana ma più da intossicazione tecnologica, si accontenta ormai di un pensiero debole, un pensiero che ha abbandonato ogni pretesa di universalità. Abbiamo assistito alla perdita di una visione precisa, alla morte del Dio in cui abbiamo sempre voluto credere. Il bisogno di spiritualità che avvertiamo in un momento storico di incertezza e disorientamento non riesce a esaurirsi e la speranza riposta nella religione è venuta a mancare. Come ha reagito l’uomo? Innanzi a lui si è aperto un bivio. La strada del nichilismo: ovvero arrendersi a non credere più in niente, vivere solo il presente, non avere un passato e non proiettarsi nel futuro. Esistere solo in quel momento preciso. L’altra via che l’uomo può intraprendere è quella dell’illuminismo. La ragione, fonte di turbinii e dolori può essere anche l’àncora della nostra salvezza fatta di un mondo fondato su leggi oggettive. Un uomo, uno scrittore, un genio ha condotto la sua guerra personale contro la ragione. Quell’uomo è Fedor Dostoevskij e la sua crociata è condotta contro quella ragione che mira a formulare le sue leggi su un modello matematico fondato sulla precisione e la certezza.
L’uomo non può essere solo questo. Noi siamo fantasia, creatività, idealismo. Solo seguendo il nostro estro riusciremo a superare noi stessi. Ed è proprio nel momento in cui mettiamo in discussione tutto quello in cui abbiamo sempre creduto che cambiamo davvero. Fedor Dostoevskij ha profondamente radicata dentro di sé l’immagine dell’uomo come di un essere in continua evoluzione. L’uomo è veramente tale soltanto quando tende la mano a un suo simile. La chiusura al mondo è la chiusura a sé stessi. A dirlo, un uomo. Ha una camicia bianca, l’abbigliamento dei condannati a morte. Si trova A Pietroburgo, sulla Piazza Semenov. Qualcuno in mezzo alla folla legge la sentenza di condanna a morte per alcuni uomini. Ci sono tre pali e tre uomini. Le fucilazioni vengono fatte a gruppi di tre per volta. Il sesto della fila è lui, un ragazzo di 28 anni accusato di partecipazione a una società segreta con intenti di cospirazione. Il giovane è rassegnato. Sarà il prossimo a essere ucciso. I cecchini puntano i fucili. Solo allora arriva l’alt. Sua Maestà imperiale all’ultimo istante ha deciso di risparmiare i condannati.
Grazie a lui oggi possiamo leggere Delitto e castigo, L’idiota, i fratelli Karamazov, Il giocatore. La pena del giovane Fedor sarà commutata in quattro anni di lavori in Siberia. Un’eternità in una terra a dir poco nemica. Ma sarà proprio l’esperienza fuori dall’ordinario vissuta dall’autore a spingerlo a indagare i misteri dell’animo umano. Perché la verità è che nella vita sono le difficoltà che ci cambiano, che ci rafforzano e ci svelano chi siamo mettendo in dubbio le nostre certezze fragili. La realizzazione dell’uomo è un percorso lungo e periglioso. L’essere umano trova scampoli di felicità soltanto nell’amore per il prossimo, nel donarsi all’altro, nel aiutare chi soffre. Viceversa, il male e l’infelicità stanno invece nel rinchiudersi e arroccarsi su sé stessi, nel rifiutarsi agli altri stabilendo con il prossimo solo rapporti di comodo o di dominio, di concorrenza spietata o di lotta. La competizione può anche essere sana, persino l’invidia può essere costruttiva. I greci sostenevano che esistesse un tipo d’invidia che non ti fa diventare cattivo e astioso ma che ti dà la spinta per migliorare, eguagliare e superare l’oggetto della tua ammirazione. Ma la solidarietà come la libertà di azione e di pensiero sono concetti precari, una conquista funambolica minacciata in ogni istante dalla ricaduta nel regno della rivalità e dell’odio verso il prossimo.
L’uomo resta un mistero. Nelle propaggini della sua anima si nascondono recondite paure che non può vincere da solo. Lo spirito di gruppo, la lotta comune è l’unica speranza di salvezza. Risolvere le tortuosità umane è un lavoro. Se trascorreremo tutta la nostra vita cercando di risolvere l’enigma umano non perderemo il nostro prezioso tempo. Qualcuno lo ha fatto prima di noi perché ha voluto più di ogni altra cosa, più di scrivere romanzi immortali, essere un uomo, vero.