Dalla Scala al film di Joel Coen è tempo di Macbeth
Macbeth o della tragedia del potere. L’ambizione smisurata che porta il generale scozzese, sobillato dalla moglie, a macchiarsi di una serie di delitti per ottenere il trono è materiale incandescente da sempre, e la sua attualità intramontabile. Naturale, quindi, che sia stato campo di prova per registi, interpreti, cineasti, in un’infinita serie di variazioni sul classico di Shakespeare che trovano, in questa stagione di ritorno nei teatri e nelle sale dopo la pandemia, una coincidenza significativa. È il Macbeth, quello giovanile di Verdi, ad aprire la stagione della Scala il 7 dicembre (anche in diretta tv su Rai1) e la regia di Davide Livermore, chiamato per la quarta volta di fila a firmare l’allestimento della “prima” del nostro maggiore teatro d’opera, sceglie di trasportare la vicenda dalla Scozia medievale a una metropoli contemporanea, segnata da uno skyline simile a quello di New York, tra prospettive labirintiche che si moltiplicano come in un incubo alla Inception di Christopher Nolan, esplicitamente citato dal regista torinese. Poche settimane più tardi, eccone un’altra versione, sommamente cinematografica anche se prodotta e destinata a un canale streaming, ossia Apple tv dove uscirà il 14 gennaio, non prima di essere proiettato nelle sale, almeno quelle americane, dal giorno di Natale. Parliamo di La tragedia di Macbeth, firmata da Joel Coen per la prima volta senza il fratello Ethan, che dice di essersi stancato del cinema.
Qui, al contrario che in Livermore, non si ricerca nessuna ambientazione contemporanea. Coen, al contrario, ritorna ad ambientazioni dalle geometrie da cinema espressionista tedesco e ad atmosfere da noir anni ’40, e realizza un cupo “incubo monocromatico, raggelato da una freddezza glaciale”, come lo ha definito in una recensione entusiastica il celebre critico del Guardian Peter Bradshaw dopo l’anteprima di settembre al New York Film Festival. La Lady Macbeth del premio Oscar Francis McDormand e il Macbeth nero di Denzel Washington si muovono in un film teatrale e stilizzato, girato in un bianco e nero molto contrastato in cui si diffondono nebbie grigie che riporta a un’altra celebre versione cinematografica della tragedia, quella di Orson Welles nel 1948. Del resto, la storia di Macbeth, sul palcoscenico e sul grande schermo, è lunga e gloriosa.
Almeno a casa nostra, fu proprio il successo dell’opera di Verdi, che debuttò al teatro della Pergola di Firenze nel 1847, a rinnovare la fortuna di Shakespeare anche nella prosa. I libri di storia citano a metà ‘800 Adelaide Ristori come prima, leggendaria Lady Macbeth: l’attrice friulana farà del sonnambulismo della lady sanguinaria il suo cavallo di battaglia in tutta Europa. Ma nella memoria degli spettatori più maturi restano soprattutto i Macbeth dei “mattatori”, da Vittorio Gassman a Carmelo Bene, fino a Glauco Mauri e Gabriele Lavia. Impossibile non citare, poi, tra le versioni di ricerca, quella del grande regista lituano Eimuntas Nekrosius con il suo Makbetas onirico e folle, nel 1999. Immagini destinate a consumarsi nel momento, com’è in sorte al teatro.
Quelle del cinema, per fortuna, restano. Tra i Macbeth che più hanno lasciato il segno nella settima arte, c’è quello magmatico e stregonesco di Orson Welles, girato nel 1948 in un bianco e nero percorso da nebbie mefitiche che nascondono la povertà dell’impianto: tutto venne ricreato in studio con cartone catramato, a budget bassissimo. Meno di dieci anni dopo, nel 1957, Akira Kurosawa traspone la tragedia nel Giappone feudale con Il trono di sangue, stilizzato come un dramma del teatro Nô. Ha invece toni quasi horror il Macbeth del 1971 di Roman Polanski, primo film che il regista polacco realizza dopo l’assassinio della moglie Sharon Tate, uccisa dalla banda di Charles Manson: nell’insistere sugli eccidi cruenti, sembra che il regista cerchi un riflesso catartico della terribile violenza subita. Ha passo d’autore, anche se è destinato alla tv, il Macbeth del 1982 del maestro ungherese Béla Tarr: il grande regista risolve l’intera tragedia in due soli piani sequenza, girati nel tunnel sotterraneo di un vero castello a Budapest. È, infine, stilisticamente meno ambizioso, ma molto realistico e fedele a Shakespeare, il recente Macbeth dell’australiano Justin Kurzel, che nel 2015 affida i ruoli cruciali a due tra le star europee più affascinanti, Michael Fassbender e Marion Cotillard.