Arte e Cultura
Cinque cose che ci ha insegnato il Giro d’Italia
Di
Gianluca Cedolin
Nasce a Venezia e lavora come giornalista freelance. Ha pubblicato su molte testate e blog come La Repubblica, Rivista Undici, Gq, Yanez Magazine e Zona Cesarini. Appassionato di sport e di cinema, ambientalista convinto, vive a Milano e adora l’aria di progresso e sviluppo tecnologico che si respira, ma sogna un giorno di abitare nella natura sperduta.
Nonostante l’emergenza legata alla pandemia, il 103esimo Giro d’Italia ha raggiunto l’obiettivo di arrivare a Milano, svolgendo tutte le tappe in un’inedita edizione autunnale, segnata chiaramente dal coronavirus, ma capace come sempre di regalare momenti epici, panorami spettacolari e di insegnarci tanto. Nel ciclismo, sin dalle sue origini, ci sono il desiderio di superare i propri limiti, lo studio di tecnologie innovative, la rilevanza del gruppo, e l’ultima corsa rosa non ha fatto eccezioni.
Ecco cinque lezioni dall’ultimo Giro d’Italia, del quale Banca Mediolanum era top sponsor, vinto dal britannico Tao Geoghegan Hart.
- L’importanza di fare affidamento sulla squadra. Negli annali del ciclismo vengono ricordati solo i nomi dei vincitori delle corse, certo, ma difficilmente si riesce ad arrivare primi senza poter far affidamento su una squadra forte, e questo Giro lo testimonia: il team Ineos Grenadiers, a cui appartiene la maglia Rosa Geoghegan Hart, ha vinto sette tappe su ventuno e ha saputo far fronte al ritiro per infortunio del capitano Geraint Thomas, riuscendo a portare per primo a Milano un altro suo uomo. Le salite sullo Stelvio e a Sestriere hanno dimostrato ulteriormente quanto i compagni di squadra e i gregari siano cruciali, con Geoghegan Hart costantemente appoggiato dal compagno Rohan Dennis, capace di tirarlo avanti per tutte le difficili montagne.
- Come ascoltarsi per superare i limiti. Hanno percorso quasi 3.500 chilometri dalla Sicilia alla Lombardia, dei quali oltre 450 in salita, a volte in gruppo, a volte con fughe solitarie o in piccoli gruppetti. Nel ciclismo puoi fare mille calcoli, ma alla fine chi ha la gamba migliore, come si dice, vince. Per arrivare davanti a tutti bisogna conoscersi alla perfezione, saper leggere le sensazioni che arrivano dal proprio corpo, e cogliere l’attimo per staccare tutti e tagliare il traguardo per primi, come ha fatto Ruben Guerreiro nell’arrivo in salita di Roccaraso. Il portoghese, 26 anni, ha vinto la maglia Blu di miglior scalatore, sponsorizzata da Mediolanum.
- La ricerca delle innovazioni. Da sempre le corse ciclistiche importanti come il Giro d’Italia sono un’occasione per sviluppare nuove tecnologie: sia sulle biciclette (abbiamo visto la splendida Bolide dorata che Pinarello ha realizzato per la prima cronometro di Ganna), che in tanti altri campi. Nell’ultima tappa, quella di Milano, gli spettatori hanno potuto seguire la gara da Piazza Castello attraverso uno smartphone 5G in multistreaming, con la contemporanea fruizione di video 4K, a 360 gradi e tradizionali. Come correre a fianco dei ciclisti, grazie alle riprese fatte con speciali telecamere a 360 gradi e a un drone. Uno dei tanti stimoli portati dalla corsa rosa.
- Il tempo passa per tutti. Vincenzo Nibali era salito sul podio nella classifica finale del Giro d’Italia le ultime sei volte che ci aveva partecipato, dal 2010 allo scorso anno. Il miglior ciclista italiano degli ultimi dieci anni, capace come pochissimi di vincere tutte e tre le principali corse a tappe (la Vuelta, il Tour e due volte il Giro), quest’anno ha chiuso al settimo posto. Un risultato comunque buono, in una stagione anomala come questa, a quasi 36 anni, che ci ha ricordato lo scorrere del tempo, ma pure l’importanza e la bellezza del ricambio generazionale, con il 24enne italiano Filippo Ganna vincitore di quattro tappe e i primi due classificati, Geoghegan Hart e Hindley, che hanno 25 e 24 anni. E anche se ci ha fatto sentire tutti un po’ cresciuti, non smetteremo mai di ringraziare Vincenzo per le emozioni regalateci.
- La bellezza dell’Italia. Una delle ragioni per cui ancora oggi tantissimi appassionati stanno 4-5 ore davanti alla televisione a guardare il ciclismo sta nei magnifici paesaggi che questo sport regala, soprattutto in un paese come il nostro. Certo, senza gran parte della gente a bordo strada un po’ di magia quest’anno l’abbiamo persa, ma vedere i ciclisti scalare le salite nere dell’Etna o quelle bianche e ripidissime dello Stelvio rimane un’emozione fortissima anche attraverso uno schermo.