Che cosa hanno in comune Il Piccolo Principe e Vassilij Kandinsky?
Ho riflettuto profondamente sulla attività di questi due straordinari personaggi del ‘900: Antoine de Saint-Exupéry e Vassilij Kandinsky. Seppur di età diversa, hanno vissuto l’inizio del secolo scorso da protagonisti. Una curiosa coincidenza del destino li unisce, l’anno della loro morte: il 1944. Certamente sono due figure rivoluzionarie che hanno colto l’opportunità del loro tempo per intraprendere un cambiamento, ricercando una possibile novità nelle loro rispettive attività nell’oscurità del momento storico di inizio novecento. In una qualche maniera, (non ho notizie di incontri tra loro), si sono confrontati però, a distanza, senza conoscersi, percependo attraverso la loro sensibilità, la necessità di ricercare chi con la scrittura e l’avventura, chi come artista, teorico della pittura, un punto di osservazione nuovo, svincolandosi dalla forma tradizionale per accedere ad una dimensione spirituale, libera dalla forma mimetica, fatta di colori e forme astratte, nuovi mondi e fantastiche avventure per andare oltre la superficie delle cose, della mera riproduzione della realtà. Penso che questo approccio, poi divenuto sempre più diffuso con la crescita culturale dell’umanità, volesse rispondere ai disastri causati dall’uomo di inizio secolo scorso: sto parlando della prima e seconda guerra mondiale, della pandemia di influenza spagnola che fece oltre cinquecento milioni di casi e oltre cinquanta milioni di morti, della storica crisi economica e crollo delle borse del 1929 e le conseguenze sconvolgenti che colpirono l’umanità poco più di cento anni fa.
Ci sono svariate analogie, sotto forma diversa ma la sostanza è che stiamo vivendo una serie di eventi epocali che sono cominciati, se vogliamo dare una data comune a tutti, con l’11 settembre 2001.
Non sto ad elencare ciò che è accaduto in questi primi vent’anni di inizio di Terzo millennio, ma desidero analizzare in maniera semplice e spontanea ciò che questi due autori hanno realizzato nell’arco della loro vita.
Ho preso come riferimento i due testi più famosi che hanno scritto: Il Piccolo Principe uscito nel 1943 e Lo Spirituale nell’Arte uscito nel 1910.
Entrambi ci spingono a osservare il mondo in un modo completamente nuovo. Ci chiedono di andare oltre le convenzioni, oltre la forma, ci chiedono di usare la fantasia, il cuore, la curiosità, ci chiedono di andare al di là del conosciuto per intraprendere un viaggio nel mondo immaginifico dell’interiorità e della percezione dove tutto è possibile, dove sperimentare è vivere, è fiducia nell’altro, è coltivare la speranza, è costruire nuovamente se stessi per tirare fuori la parte migliore, quella parte che è profondamente legata al nostro fanciullo.
I due autori ci chiedono soprattutto di sorprenderci, di guardare in maniera nuova alla quotidianità, come se davanti a noi ci fosse già tutto ma siamo noi che non lo vediamo ancora. Ci esortano a guardare il mondo al contrario, di guardarlo ad occhi chiusi per aprire nuovi organi di percezione e per sentire e sentirci ed entrare in quella fantastica dimensione che oggi definiamo: empatia.
Si il nostro mondo oggi ci richiede un impegno, uno sforzo maggiore. Ci chiede di aprire maggiormente i nostri orizzonti, di impegnarci a studiare, di apprendere nuovi modi per interagire nel quotidiano, di non essere passivi ma essere promotori nel mondo di ciò che desideriamo vivere, occupandoci prima di noi stessi e poi del mondo che ci circonda per non lasciare indietro nessuno, ed essere collaborativi, solidali, aperti, generosi.
Credo fermamente che possiamo rintracciare in noi stessi quella luce che ci può permettere di vivere intensamente anche in tempi incerti come il nostro o come quello che hanno vissuto i nostri protagonisti, perché la luce è in ognuno di noi e finché siamo vivi possiamo spingerci oltre i nostri limiti e non arrenderci alla paura, accettando i nostri limiti, le nostre imperfezioni, mancanze e rigidità, perché nel momento in cui facciamo entrare la luce della consapevolezza le nostre granitiche certezze si sgretolano e ci rendiamo conto che la vita è per sua natura cambiamento e cambiare significa diventare migliori e quindi più felici. Questo significa trovare quella dimensione più profonda, spirituale, per imparare a vivere ogni giorno e fare della propria vita un’opera d’arte.