CENTODIECI è ILLUSTRAZIONE: l’arte catartica di Roberta Guzzardi
Bianco e nero, con qualche accenno al colore più vivo per raccontare le mille sfumature cromatiche dell’animo umano. Questi sono i tratti che definiscono le rappresentazioni psicologiche di Roberta Guzzardi, in arte Rob_art_illustrazioni, che utilizza il suo profilo Instagram come un diario introspettivo dove è possibile trovare anche se stessi.
A proposito di sapersi ritrovare, avete mai sentito parlare del mostro? Se la risposta è sì i casi sono due: o conoscete quella sensazione di inadeguatezza che caratterizza tutti noi almeno una volta nella vita, oppure avete incontrato il mostro di rob_art. Ci piace pensare che entrambe le risposte vi caratterizzino, ma se così non fosse vi raccontiamo come nasce la figura introspettiva più iconica del mondo dell’illustrazione italiana contemporanea: il Mostro.
Roberta o meglio rob_art, nasce e cresce circondata dall’arte, considerando il disegno come un dono di famiglia che coinvolge diversi membri: “Ho sempre saputo disegnare, sin da piccola è stata una mia passione. È una cosa nata con me. Nella mia famiglia, molti hanno il dono del disegno, come mio padre. Ricordo che da bambina mia madre mi mostrava i piccoli fumetti che le disegnava quando si conobbero”. Trasferitasi a Roma proprio per inseguire il suo sogno di diventare fumettista si scontra con la paura di non essere all’altezza e finisce per abbandonare il percorso così tanto desiderato indirizzandosi verso studi più “concreti”. Durante i suoi anni universitari, la laurea in psicologia e l’inizio della sua professione da psicoterapeuta, accantona quelle che sono le sue doti artistiche per concentrarsi a pieno sullo sviluppo della professione intrapresa. Eppure, l’arte non è qualcosa che puoi contenere e per questo dopo 10 anni di studio ha bussato alla sua porta il desiderio di far vivere il suo interesse più grande: “Le passioni non muoiono mai e, anzi, prima o poi ti vengono a cercare”. Durante il suo percorso professionale da psicoterapeuta Roberta si è resa conto di non poter sfuggire a quella che è sempre stata la sua principale passione, per questo motivo ha ricominciato a disegnare concentrandosi sulla rappresentazione del suo mondo interiore caratterizzato dalle nozioni apprese durante i suoi studi.
Proprio dal connubio tra arte e psicologia prende avvio quel percorso fatto di disegno e parola che unisce l’immagine al pensiero e che l’ha resa incredibilmente riconoscibile nel panorama italiano dei social network e non solo.
“La verità è stata che intanto dentro di me, grazie ai miei studi e alle tante riflessioni interiori fatte negli anni di formazione, si è venuto a creare un nucleo di concetti, riflessioni e punti che volevano venire fuori. Così quando ho ripreso in mano la matita le cose si sono unite da sole, semplicemente perché, in fondo, si tratta sempre di ciò che ho dentro, sono parti di me, ma sono sempre me, dunque le mie parti apparentemente sconnesse si sono tese la mano e si sono incontrate, senza una mia determinata intenzione, è stata la naturale evoluzione della mia crescita umana e professionale”.
Possiamo definire quelli firmati da Roberta Guzzardi degli “PsycoFumetti”: brevi strisce o illustrazioni per spiegare “in tratti semplici” concetti a volte troppo difficili da comprendere a parole. Sensazioni ed emozioni universali, perché profondamente umane che hanno preso forma in quel Mostro che tutti noi portiamo dentro: l’immagine a colori di una buffa creatura che dà voce al nostro inconscio e porta alla luce le risposte che tutti noi vorremmo sentire. La parte più scomoda del nostro io contro cui spesso non si riesce a venire a patti e con la quale si intraprende una lotta serrata, ma che è forse custode delle più profonde verità.
A far da contraltare in questo dialogo serrato, sempre il volto di una ragazzina che s’interroga sul mondo, la voce più pura dell’animo di Roberta. Due parti apparentemente sconnesse, che si tendono la mano in un dialogo serrato volto a mostrare l’evoluzione di pensieri, paure e sogni:
“Nelle strisce del Mostro e della ragazzina si svela una parte di me più saggia, più serena e più capace di guardare le difficoltà della vita con una prospettiva positiva e rigenerativa”.
Le risposte ricevute al termine di ogni striscia, così, palesano come la figura del Mostro non sia quella di un nemico, ma di un alleato da ascoltare per portare alla luce tutti gli aspetti della propria personalità. Del Mostro, Roberta parla nel suo libro: Io e (il) Mostro, una realizzazione profondamente desiderata dall’autrice e resa possibile grazie a Fabbri Editore, che ha dato luce ai pensieri e alle immagini di un’artista in grado di indagare gli aspetti più intimi del proprio essere.
È proprio la chiave introspettiva che non manca mai in ogni creazione di Rob Art, capace di affiancare testi e immagini per dare profondità al contenuto e renderlo universale:
“Credo che una delle cose vincenti delle mie strisce sia anche la parte testuale. Ciò che scrivo è sempre intimamente connesso con ciò che disegno, le cose si uniscono un mix che funziona bene, ma funziona bene perché sono due moti espressivi dello stesso nucleo emotivo. Mi è anche sempre piaciuto scrivere, quindi posso dire che, in effetti, oltre che la mia parte da psicologa, alla fine, nelle mie illustrazioni sia convogliata anche la mia parte “scrittrice”, se così la vogliamo chiamare. A volte con più poesia, a volte meno, ma di certo l’obiettivo è sempre quello: dare voce a moti interiori che spesso nascondiamo dentro e che invece, poi, fuori stanno benissimo“
Condividere i moti interiori e portare il dialogo su un livello più profondo, anche attraverso i social network, è ciò che Roberta sperimenta ogni giorno ed è stato per lei catartico. Un vero e proprio cammino verso se stessa e gli altri, che trova conferme nei tanti followers che ogni giorno leggono e osservano le sue illustrazioni per poi scriverle “ah, allora non la provo solo io questa cosa!”. È questo che ha spinto Roberta a cambiare prospettiva sulla sua arte, spingendola a condividere anche i sentimenti più dolorosi, tristi e difficili per creare un ponte con gli altri che – per quanto digitale – aiuti a comprendere il nostro “essere umani”. Una vera e propria terapia di gruppo che aiuta a far pensare: “grazie, finalmente non sono più solo/a”.