Centodieci è Arte: l’Alchimia del Colore di Saverio Rampin in mostra a Mestre
Fino al 1° giugno, l’Alchimia del Colore, espressione dell’artista veneto Saverio Rampin, sarà in mostra presso l’Ufficio dei Consulenti Finanziari di Banca Mediolanum in Calle del Sale 19 a Mestre, Venezia. L’esposizione, in collaborazione con la Galleria Michela Rizzo, propone un percorso di dieci opere che attraversano diversi decenni della ricerca artistica di Rampin con la volontà di raccontare l’arte di uno dei più importanti e massimi esponenti del Movimento spazialista veneziano – definizione calzante e aderente, seppur non abbia mai voluto firmarne il manifesto.
Rampin nasce a Stra nel 1930 e, a quindici anni, inizia a sperimentare la sua passione per la pittura, incoraggiato dal noto pittore cubo-futurista Armando Pizzinato. Determinato a voler approfondire e perseguire questa strada, nel 1948 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Luogo che lo formerà e in cui si farà presto notare nell’ambiente artistico del territorio, partecipando alle collettive dell’allora attivissima Fondazione Bevilacqua La Masa.
Nel 1950, a soli vent’anni, è invitato alla XXV Biennale di Venezia e del 1951 è la sua prima personale, presentata da Pizzinato alla Galleria Sandri di Venezia. In questi anni la sua pittura inizia a essere caratterizzata da una forte valenza espressiva, distanziandosi dalle iniziali esperienze di matrice cubo-futurista. La virata verso cromie accese, stese con pennellate impetuose, attestando un deciso astrattismo gestuale, diventa la sua cifra stilistica. L’ampia serie Momenti (1955-1957) ne è infatti dimostrazione.
Nel decennio che seguirà, l’incontro con il pittore, poeta e saggista Virgilio Guidi influenzerà significativamente l’artista di Stra, tanto da portarlo a mutare il suo linguaggio espressivo, orientato ora ad accogliere nuove soluzioni. È proprio in questo periodo che infatti Rampin matura un’importante evoluzione e comincia a concentrare la sua ricerca sulle possibilità vibratili del colore, pacatamente steso in composizioni geometriche. Anche le sue scelte cromatiche cambieranno, lasciando le tinte accese per passare a colori delicati, capaci di lasciare spazio a una pittura più lirica e rivolta all’interiorità. L’impeto scompare e nelle opere rivelerà una spiccata sensibilità poetica espressa da cromatismi raffinati e delicati, quasi impalpabili, tangibili prove della sua continua, quasi ossessiva ricerca sul colore che, come la luce, e grazie alla luce, delinea nuove realtà oltre lo spazio visibile.
Il biennio ’55-’56, per Saverio Rampin, è segnato da importanti riconoscimenti: riceverà il Premio Venezia alla XLIII Collettiva della Bevilacqua La Masa e si aggiudicherà il Campari al Premio Burano, che riconquisterà anche nel 1960. Del 1956 è anche il primo premio ex aequo con Riccardo Licata alla Bevilacqua La Masa. Pochi anni dopo, nel 1958, gli viene assegnato uno studio a palazzo Carminati che terrà fino al 1961 e in cui continuerà a dipingere portando avanti la sua ricerca artistica, influenzata anche dalla sua continua frequentazione della Galleria Il Traghetto di Venezia – spazio che ospitava molti artisti spaziali. E qui che torna, ancora una volta, il tocco di Guidi che ispirerà ulteriormente e nuovamente il percorso di Rampin mettendolo in contatto con il nucleo principale degli spazialisti milanesi: Fontana, Capogrossi, Crippa e Dova.
L’inizio degli anni ’60 segna un’altra tappa importante per l’artista: il sodalizio con Enzo Pagani, titolare di due gallerie. Fino al 1989, sarà proprio Pagani a organizzare oltre quattordici mostre personali, contribuendo a far conoscere la poetica artistica di Rampin a livello nazionale e a consolidare la sua fama con cui tutti noi oggi lo conosciamo.
Morirà prematuramente, nel gennaio del 1992: la sua casa al Lido di Venezia, oggi è sede dell’Archivio Rampin, fondato nel 1998. Postumo alla sua scomparsa, nel 2006, esce il Catalogo generale 1945-1981, dedicato alle sue opere più significative e importanti e curato da Luca Massimo Barbero. Il Museo degli Eremitani di Padova ha ospitato proprio quest’anno la mostra Saverio Rampin. Tempo, spazio, luce opere 1955-1991, curata da Stefano Cecchetto e in collaborazione con l’Archivio Rampin: la prima e più completa retrospettiva dedicata all’artista di Stra dove sono stati esposti, oltre ai suoi lavori più significativi, anche opere finora inedite.
La Galleria Michela Rizzo collabora con l’Archivio Rampin dal 2016, e ha presentato il lavoro dell’artista in diverse mostre collettive e fiere; del 2019 è la sua prima personale organizzata negli spazi dell’ex birrificio alla Giudecca, dal titolo Pensai il colore, guardai il sole, a cura di Davide Ferri.