Bauhaus, la rivoluzione concreta della scuola al centro
Il tema dell’educazione è al centro del dibattito ormai quotidiano per via della crisi causata dal Covid-19. Ormai da quasi un anno la didattica a distanza ha soppiantato la didattica in presenza.
Difficile valutarne le conseguenze in questa fase ancora così profondamente acuta e in apparenza senza una chiara via d’uscita. Lascio pertanto tale valutazione ai sociologi, filosofi, antropologhi, storici, ponendomi però delle domande, come credo stiano facendo milioni di persone vedendo i propri figli chiusi in casa, distesi sul divano, svogliati di fronte a uno schermo di computer o con un cellulare in mano, soli, sempre più soli e in difficoltà. La socialità nell’essere umano è caratteristica fondamentale per il suo sviluppo, il confronto con gli altri studenti crea le basi del comportamento sociale, per imparare stare insieme, a costruire nuove relazioni a generare benessere. Il lungo isolamento, la separazione dagli amici, l’impossibilità di muoversi e fare attività sportiva o ludica singola o di gruppo, può generare situazioni che se prolungate creeranno patologie.
Il mio sogno è quello di lavorare in ogni maniera per una scuola aperta in sicurezza, modificando orari, gestione delle classi, usando ogni precauzione e controllo con l’obiettivo di restare aperti, ricercando soluzioni nuove, sempre più adeguate.
A tal proposito ho deciso di scrivere un post sull’idea di speranza di fronte alla crisi pandemica, sanitaria, sociale, culturale, politica, e tenere al centro del dibattito il tema della scuola, provando a raccontare la nascita del Bauhaus, la rivoluzionaria scuola di architettura, arte, design sorta a Dresda in Germania e operativa a Weimer, Dessau, Berlino dal 1919 al 1933.
Il Bauhaus, voluto fortemente dall’architetto Walter Gropius nasce sulle ceneri della prima Guerra Mondiale, che fa quasi 17 milioni di morti e oltre 20 milioni di feriti e mutilati sia tra i militari che tra i civili. Inoltre tra il 1918 e il 1920 la Febbre Spagnola causa oltre 50 milioni di morti e 500 milioni di casi, ma in quell’Europa ferita, provata, si guarda al futuro. Le nazioni provano a mettere in piedi delle democrazie e Walter Gropius, architetto con le idee chiare, desidera rivoluzionare la formazione almeno nella pratica dell’architettura, dell’arte, del design.
L’idea era quella di riscattare l’architettura e l’arte riportando il designer e l’artista protagonisti, come artigiani capaci di una produzione qualificata degli oggetti. Tecnologia e cultura nel Bauhaus si realizzano attraverso l’esperienza del fare, “Learning by doing” (imparare facendo), del fare artigianale. Il progetto è al centro del processo e la sua funzione determina le azioni da compiere.
La fine della prima Guerra coincide con il rovesciamento dei regimi. In un’ottica di sviluppo si guarda a modelli di qualità e il governo prussiano invia suoi rappresentanti a studiare il sistema economico, produttivo, formativo britannico. Iniziano così le prime conversioni di importanti istituti formativi a Dusseldorf, Stoccarda, Breslavia, Weimer, con l’inserimento di laboratori artigianali, spingendo al dialogo aziende, artigiani, scuole e favorire un rapporto stretto tra arte e industria. La società non è più elitaria ma sempre più popolare e così pensa Gropius dovrebbe essere anche la progettazione architettonica e il prodotto funzionale all’uso e indirizzato a tutti.
L’industria si allea all’artista, dialoga, ascolta, produce.
«Non ci deve essere alcuna differenza tra il sesso più bello e quello più forte.» Walter Gropius
Il Bauhaus è grazie a lui una scuola innovativa, aperta a entrambi i sessi con forti aspirazioni progressiste, anche se la reale parità è lontana da essere applicata nella pratica anche per via della mentalità maschilista. Questo però fu l’inizio di un cambiamento che iniziò anche per i suoi insegnanti più rappresentativi di straordinaria apertura intellettuale: Kandisnkij, Klee, Albers, Moholy-Nagy, Mies Van de Rohe, Gropius, Muche, Schlemmer, Meyer, molti di loro poi costretti a lasciare l’Europa per rifugiarsi in Inghilterra e poi negli Stati Uniti per continuare l’insegnamento a seguito della chiusura voluta dal Regime Nazista nel 1933. Nasce così nello stesso anno il Black Mountain College voluto da due docenti Rice e Dreiser nella North Carolina, che offre ad Josef Albers e a Gropius l’opportunità di perseguire con l’insegnamento nella scuola più avanguardista del ventesimo secolo.
Abbiamo intuito quanto l’educazione sia in grado di emancipare l’essere umano, di creare opportunità, di dare indipendenza di pensiero e di azione.
Non è affatto un caso che anche in Italia negli anni del fascismo la Professoressa Montessori è costretta a chiudere le sue scuole e il suo metodo educativo bandito, costringendola a migrare in India.
Dobbiamo più che mai impegnarci ad avere nuove idee a supporto e difesa dell’istruzione, dell’educazione, della cultura, perché le scuole restino aperte come baluardo di speranza e al centro della nostra società, solo così potremo garantire un futuro sereno e di opportunità alle prossime generazioni, altrimenti sarà davvero difficile uscire da questa profonda crisi, prima di tutto culturale.