Arte. Perché dire “Questo lo so fare anche io” è sbagliato
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Nelle sue Lezioni Americane, pubblicate nel 1988, Italo Calvino racconta una leggenda cinese che ha come protagonista il più bravo pittore della Cina, al quale l’imperatore commissiona il disegno di un granchio. Il pittore chiede al sovrano cinque anni di tempo e una villa con dodici servitori. Scaduto il tempo, l’imperatore si reca nella villa per vedere l’opera completata e scopre che il pittore non ha ancora cominciato il disegno. Interrogato sulla situazione, il pittore gli chiede altri cinque anni di tempo. L’imperatore acconsente e dopo cinque anni torna nella villa: quel giorno l’artista prende in mano un pennello e davanti a lui, in un momento, con un solo gesto, disegna un granchio, «il più perfetto granchio mai visto». Anche se la storia raccontata da Calvino parla della relatività della dimensione del tempo, illustrando il motto di Aldo Manuzio festina lente, affrettati lentamente, può fare al caso nostro per illustrare come, in realtà, anche il più semplice gesto artistico non sia mai banale né casuale, ma il frutto di anni di riflessioni sullo spazio, la realtà e la storia dell’arte.
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Per compiere un singolo gesto perfetto può essere necessario prepararsi per 10 anni. Per questo ogni opera, anche la più semplice, va valutata come la conclusione di un lungo processo, il momento di un percorso di riflessione. Dire “questo lo so fare anche io” significa quindi affermare qualcosa di impossibile: certo, potresti saperlo fare anche tu, ma il tuo viaggio è sicuramente molto diverso da quello di chi l’ha fatto per primo. È un ragionamento che, se ci pensiamo, vale per ogni piccolo lavoro che nella vita riusciamo a portare a compimento: non importa che sia qualcosa che sanno o saprebbero fare in molti, non conta che si tratti di qualcosa di banale o straordinario. Dobbiamo sempre tenere presente il cammino che ognuno di noi ha intrapreso per arrivare dov’è e fare ciò che ha fatto. Anche in questo modo possiamo capire cosa significa crescere nelle competenze, rispettare il lavoro degli altri per poi riuscire a valorizzare il nostro.
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