Se sei ambizioso, ma ti manca la perseveranza, leggi Martin Eden di Jack London
L’estro da solo non basta, ciò che separa il talentuoso dalla persona di successo è il duro lavoro. E Martin Eden conosceva quella distanza. Come sapeva delle miglia marine, dei paesi esotici, delle correnti del mare. Il personaggio eterno del romanzo omonimo di Jack London, resta un inno alla perseveranza.
Dovremmo tutti tenere quel libro sul comodino accanto al letto. Perché ancora oggi non smette di raccontarci come si realizzano i sogni. A più di un secolo dalla pubblicazione del romanzo, la vitalità del suo protagonista rimane un monito a non darsi mai per vinti. Perché se si legge la sua storia non è possibile rimanere seduti. Vien da alzarsi e andare in strada in mezzo al mondo perché è da lì che si parte per ogni direzione. Qualunque essa sia. La strada diventa una pletora di visioni per chi sa guardare con gli occhi autentici di Martin. A osservare quel che c’è, a interrogarsi senza indugi sulla realtà che ci gira intorno, a sentirne e condividerne il battito vitale. Lontani da scetticismo e disillusione, animati dalla passione. Distanti dal narcisismo e dall’individualismo rifiutando lo schierarsi a ogni costo, l’accettazione del «è così, e basta».
Quante sono le persone di grande talento che senza volontà sono rimaste al palo? Rubo un personaggio al mondo del pallone. Adriano Leite Ribeiro, un fenomeno brasiliano del calcio moderno, tutto potenza e talento naturale, nato nelle baraccopoli carioca di City of God. Da “imperatore” fino alla favela più povera e pericolosa di Rio. Un brillante futuro davanti a sé spento dalla mancanza di perseveranza. E invece è proprio la pervicacia il vento che spinge la vela verso l’isola dei propri sogni. Martin è un marinaio squattrinato dall’aspetto rude e dai modi rozzi, entra nella villa lussuosa dei Morse e si innamora di Ruth. Quell’amore diventa l’occasione per affrancarsi dal suo ceto sociale. Matura in lui il proposito di diventare uno scrittore per elevarsi, per avere la donna che ama. Tutto gli dice di no: la sua vita, le aspirazioni, le sue origini ma lui non cede. È questo il suo obiettivo, il suo sogno.
Ma per farlo deve imparare in fretta. Studiare la grammatica, andare in biblioteca. Leggere poeti, scrittori, filosofi. Inizia a comporre opere di ogni tipo. Gli editori respingono i suoi testi ma l’energia di Martin e la sua ambizione di riuscire è sorprendente. E tutto questo solo per Ruth, per essere degno della sua bellezza.
La vita è inclemente con Martin che però non si piega, va avanti, insiste. Lavora tutto il giorno in lavanderia, stordito dalla fatica non smette di crederci. Odia il sonno che gli ruba ore di studio. Non perde di vista il suo obiettivo, non si lascia sopraffare. C’è il Martin “del prima”, quello che conosce poche parole, quelle dei marinai che intendono solo il mare. C’è il Martin “del poi” che conia frasi taglienti oppure soffici e vellutate piene di gloria. Frasi di incantevole bellezza o di fragorosa lotta cosmica che riverberano il mistero e l’imperscrutabilità della vita. Per realizzarsi capisce quali sono i passi da compiere, le insidie da affrontare, le sconfitte da superare. Oggi non sappiamo più perdere. Non aggiustiamo più niente. Qualsiasi cosa si rompa la cambiamo. E questo vale per le cose come nei rapporti.
Forse è la banalità del bene a sembrarci obsoleta.
Per Martin non è così, lui è un personaggio immortale. Quella forza interiore che tutti cercano, Eden ci insegna come governarla. Spicca come un gladiatore in mezzo a una mandria di eunuchi. Energia intellettuale, forza di volontà e voglia di capire. Sono queste le armi del Martin Eden che è dentro di noi, chiavi di accesso per superare gli ostacoli, per combattere i propri limiti. Sono i sentimenti autentici cui tutti aspiriamo. Luccicano in mezzo alla massa informe del sentire comune come un rubino balascio splende tra le carote.
Martin avrebbe detto, cerca il vero oppure niente.