3 cose da imparare dalla visione della serie Netflix “La Regina degli Scacchi”
Non bisogna necessariamente essere esperti di scacchi e sapersi destreggiare tra alfieri e torri per lasciarsi coinvolgere dalla serie Netflix intitolata originariamente “The Queen’s Gambit”, ovvero “La Regina degli Scacchi”. La mini-serie si basa sull’omonimo romanzo di Walter Tevis pubblicato nel 1983 che racconta gli eventi che caratterizzano la vita di una ragazza orfana che possiede un dono che si sviluppa durante la sua crescita, e che, paradossalmente, la complica.
Il titolo in lingua originale da una parte richiama il cosiddetto “gambetto di donna”, un’antica mossa di apertura del gioco degli scacchi che prevede il sacrificio di uno o più pedoni, nella prima fase della partita, in cambio del guadagno di spazio e tempi di sviluppo durante il corso del gioco; dall’altra parte, questa espressione descrive il percorso che la protagonista, Beth Harmon, inizia a tracciare dal momento che scopre di possedere un dono, ovvero la sua abilità di eccellere nel gioco degli scacchi, fatto di sconfitte e di vittorie. Tale percorso non è semplice in quanto Beth, sin dai primi anni di vita, si ritrova in un contesto poco felice e poco fortunato, rimanendo orfana e dovendo crescere in un orfanotrofio femminile dove inizia a scoprire e a coltivare la sua passione. La ragazza, crescendo, grazie al suo talento, si trova catapultata in un mondo prevalentemente maschile durante gli anni ’50 e ’60 e deve farsi strada tra le varie insidie che il semplice essere donna le crea davanti. La combinazione di questi due elementi porta Beth a sfogare le sue debolezze in vari modi, inizialmente nell’utilizzo di tranquillanti, che le accentuano la sua abilità nel giocare a scacchi, e, in un secondo momento, nell’alcolismo, che la porta a toccare il fondo per poi prendere consapevolezza dei suoi errori ed intraprendere un cambiamento.
Cosa possiamo imparare dalla serie?
Sono molti gli spunti di riflessione che guardando questa serie Netflix nascono nelle nostre menti, perché mettendoci nei panni della protagonista, ci chiediamo come sia possibile aver raggiunto obiettivi enormi ma non essere comunque soddisfatti e voler sempre di più, voler fare sempre meglio, voler vincere sempre.
- L’importanza del fallimento
Purtroppo, nella vita non si vince sempre, ma il fallimento è un risvolto degli obiettivi che ci poniamo con cui tutti dobbiamo confrontarci prima o poi. Il fallimento può avvenire di sorpresa o può essere messo in conto in anticipo, ma quando colpisce, distrugge. Nella serie Netflix il tema del fallimento è ridondante, infatti la protagonista è circondata da personaggi fallimentari che si ritrovano a dover fare i conti con questo status quo. Il fallimento personale di Beth non prende la forma di un mero crollo depressivo di certezze, ma di una presa di consapevolezza di quanto il gioco degli scacchi stia diventando per lei un’ossessione tale da mandarla in depressione in caso di perdita. Quindi, una presa di consapevolezza del fatto che gli scacchi non siano la sola cosa fondamentale per stare bene. Il fallimento, inteso come tale, aiuta la protagonista a dare il giusto peso alle cose ed a crearsi una scala di priorità tra queste.
- L’importanza dell’avere qualcuno nel momento del bisogno
Nel momento di fallimento, e quindi di sconforto e tristezza, stare da soli può essere sì utile per fare i conti con sé stessi, ma avere qualcuno che ci possa dare conforto e ci possa illuminare su una prospettiva diversa delle cose è fondamentale per intraprendere un percorso di crescita. Come dimostra la serie, tutti i personaggi che hanno un valore per Beth, si ritrovano a sostenerla e ad aiutarla in ogni modo per raggiungere il suo obiettivo finale, cercando di migliorarla non solo dal punto di vista del suo livello di preparazione al gioco, ma soprattutto dal punto di vista personale e psicologico, facendola ragionare su cosa deve avere priorità in una vita da privilegiata come la sua.
- L’importanza di una figura di riferimento
La piccola Beth viene abbandonata dal padre e dalla madre che, presa da un momento di crisi, decide di suicidarsi, abbandonando la figlia che viene portata in orfanotrofio. Rimane quindi senza figure di riferimento in un periodo di fondamentale importanza, ovvero quello della crescita. In quella che Beth inizialmente vive come una specie di prigione per bambini, trova la sua prima figura di riferimento nel signor Scheibel, custode dell’orfanotrofio che le insegna il gioco degli scacchi e la guida nella scoperta del suo talento in questa disciplina. Al suo fianco l’identità di Beth cresce, e cresce anche la sicurezza in sé stessa, che matura solamente quando si trova al di fuori di questa struttura e affronta la vita da adulta. Avere un esempio, un riferimento, infatti, è fondamentale non solo nel delicato periodo della crescita, ma anche durante il corso di tutta la vita: confrontarsi e prendere spunti da persone che possono contribuire al miglioramento personale è qualcosa che non si dovrebbe mai smettere di fare, neanche da adulti. È proprio questo il motivo che porta Beth a circondarsi di persone che, a turno, prende come punti di riferimento necessari per affrontare gli ostacoli che la sua corsa al torneo sempre più importante le pone davanti. Ed è proprio una di queste persone di riferimento, ovvero una sua amica dell’orfanotrofio che ritrova dopo vari anni, che la farà ragionare e la metterà davanti a una scelta che le salverà la vita.
Alessandro Pastore