Burnout estivo: 5 rimedi per riequilibrarsi
Chiudete per un attimo gli occhi. Immaginate una lunga campagna meridionale, con il grano che si allarga come un pavimento dorato, all’orizzonte si scorgono appena le chiome degli ulivi. Volete vederli meglio, così decidete di incamminarvi. Un piccolo sentiero sterrato divide le graminacee ispide e lucenti, come un’esile via di fuga dal caldo, benché il calore riesca a raggiungervi comunque, esalando a grossi fiati dal terreno. Vi accorgete di un ulivo particolare che – nonostante il grosso tronco nodoso, risultato dello scorrere del tempo – sembra sfinito: le piccole foglie, solitamente verdi anche d’inverno, hanno lasciato spazio a grossi vuoti di secchezza, rami sfibrati e fronde accartocciate; quasi bruciate. Ecco, allo stesso modo dei poveri alberi colpiti dalla xylella, il burnout, detto anche “stress da lavoro” – riconosciuto come “fenomeno occupazionale” dall’OMS il 27 maggio del 2020 – brucia dall’interno le ultime energie rimaste in estate. Il lavoro è insopportabile, i colleghi iniziano a parlare – incredibilmente già da inizio giugno, coincidenza – a voce estremamente più alta, la città esala gas e calore bollente, l’aria è asfissiante, umida, improvvisamente le mansioni da svolgere durano di più e giacere inermi sul letto, magari sotto un bel getto di aria fresca, è l’unica panacea a cui aspirare.
Eppure a questa pesantezza, dettata dal finire dell’anno lavorativo e dall’approssimarsi delle ferie, c’è un rimedio. Forse, se si è fortunati, più di uno.
Creare e ordinare il proprio spazio lavorativo
L’ordine fisico rispecchia, o in qualche modo influenza, quello mentale. Dopo un lungo inverno e uno sprint primaverile, mettendoci nel conto anche una pandemia globale, l’ordine mentale e soprattutto fisico della propria casa o della propria scrivania risulta fondamentale. Ridisegnare un nuovo stato delle cose, confini che delimitino funzioni di oggetti e luoghi, eliminando il superfluo, elaborare infine una visione dall’alto può essere utile a non utilizzare un eccessivo quantitativo di energie per cercare ciò di cui si ha bisogno.
L’importanza della pausa
La bellezza della pausa sta proprio nel rapporto contraddittorio con l’attività che si stava svolgendo poco prima. Se il lavoro è tanto intenso da portare ad uno stress tale da avere un disturbo da burnout, significa che è altrettanto importante da poter creare l’effetto “contrasto”. La pausa, qualunque essa sia, in qualunque forma la si decida di sfruttare, è proporzionalmente più “gustosa” se il lavoro precedente è stato particolarmente pesante. Un modo per ribaltare il punto di vista di un lavoro sfiancante. Un po’ come la boccata di un cetaceo: gli abissi sono stati percorsi bene, quindi ora è il momento di tornare in superficie e respirare, prima di immergersi nuovamente.
Pianificare la giornata
La gestione del tempo si collega a doppio filo con l’ordine mentale, di cui sopra. Ordinare la propria scrivania ha la stessa importanza di gerarchizzare il proprio tempo e le priorità. Non è un caso che personalità di un certo spessore politico e imprenditoriale dividano la propria giornata in base all’importanza dei task da compiere. Per Elon Musk lavorare tanto non è necessario, forse perché la quantità è sempre inferiore alla qualità. Meglio poche ore sfruttate bene, che tante con un livello di concentrazione esiguo. Forse per questo Barack Obama, ex presidente Usa, per il giorno successivo programma solo un compito da eseguire assolutamente e due meno urgenti, opzionali. Il tempo dilazionato permette una maggiore distribuzione delle energie, e va da sé che rispondere alle mail – ad esempio – alle venti è tanto inutile, quanto dilapidante. Meglio, secondo Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, riservare i task nelle ore subito dopo la sveglia: il momento, insomma, con maggiori energie. Ciò porta ad una conclusione: lo spazio di lavoro non è solo fisico, ma anche mentale e creare un piccolo gate temporale apposito per ogni mansione da svolgere crea una sensazione di equilibrio che, a luglio con il sole cocente e i bilanci in chiusura, non può che aiutare.
L’aiuto del Lo-fi Hip Hop
Il flusso costante e comfy di beat prodotti da artisti senza nome, incastrati su immagini di vita quotidiana dalle atmosfere vapor wave e leggermente nostalgiche, è diventato la colonna sonora del lockdown. E non a caso. Parlo della musica Lo-fi hip hop. Il genere è in evoluzione e nasce nel 2015 su YouTube. Proprio sulla piattaforma è possibile trovare innumerevoli web-radio station che propongono in diretta, e ininterrottamente, brani con bpm bassi (in media novanta), voci distorte in modo lieve; insomma nenie e cantilene new age che però producono – a quanto riportano i picchi di ascolto di Spotify durante i mesi di isolamento – una sensazione di equilibrio e pace. Sarà probabilmente effetto dei bassi addizionali, degli effetti sulla voce, delle modulazioni o delle ambientazioni chill-out anni novanta, inizio duemila. Se da una parte i frame di questi video, e la sensazione dei brani al primo ascolto, rimandano palesemente alla reclusione volontaria degli hikikomori; dall’altra è innegabile che la struttura omogenea e cadenzata di questo tipo di musica, più di altre, permette di abbassare i bpm della vita quotidiana, per procedere ad un ritmo lavorativo decisamente più facile da sopportare.
L’abitudine green
Che la sostenibilità sia lo slogan del futuro è ormai chiaro. Tuttavia, si conosce da millenni la bellezza e la convenienza di circondarsi all’interno di boschi rigogliosi, di avvicinarsi al “verde”. Senza spostare troppi concetti filosofici, tantomeno pseudo religiosi, karmici o di linfe vitali varie ed eventuali, basta pensare al processo base della vita sul pianeta. La sensazione di tranquillità derivata dal “verde” è semplicemente merito dell’ossigeno emesso dalle piante e dagli alberi in quel curioso processo che è la fotosintesi clorofilliana. Le città sono certamente ambienti rarefatti, specialmente in estate, una commistione pericolosa tra inquinamento e calore. Prendere la buona abitudine di passeggiare in un parco, o in un bosco, in modo costante durante la giornata o in settimana, è un po’ come passare dal benzinaio.
Così, se possibile, con la lo-fi nelle orecchie, una penna e un’agenda pulita, distendersi sotto un albero in pausa pranzo o tra un task e il successivo, diventa l’antidoto perfetto per il burnout estivo; ché poi le ferie, suvvia, non sono poi così lontane.