Il tempo umano di Nisini e il valore personale dei momenti della vita
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Quel venerdì pomeriggio, in un giorno di tarda primavera, in cui nell’aria si poteva percepire il profumo di un’estate sempre più prossima, la vita di Tommaso è cambiata. Ma non perché semplicemente abbia incontrato l’amore o qualcosa che gli assomigliava. È cambiata perché attraverso quell’amore, Beatrice, seguirà una storia piena di misteri, gioia, follia, disperazione. È questo il racconto a cui dà vita Giorgio Nisini, autore del romanzo Il tempo umano, in cui attraverso i personaggi che insegue e le cui vite si incontrano in epoche e luoghi diversi, riflette sul senso del tempo nelle nostre esistenze. Non sembra un caso che sia uscito proprio adesso, un momento in cui l’attesa – questo tempo sospeso – ha iniziato ad occupare un posto centrale nelle vite di tutti.
Lui, il suo docente di Letteratura, non l’aveva mai notata e improvvisamente gli accende una sorta di “desiderio di potenza”. Lei si è appena laureata in Filologia con una tesi sulle liriche amorose di Cino da Pistoia. È la figlia di un importante industriale, Alfredo Del Nord, noto nel mondo dell’orologeria di lusso per aver creato la Dea Nigra, marchio importante nel settore. Dall’incontro con la famiglia, e soprattutto con la sorella di Beatrice, Maria, ribelle e anticonformista che Tommaso spia di nascosto, prende forma la vicenda che porterà velocemente a un disastro, tanto che la storia con la giovane ex studentessa finirà in tragedia e Tommaso verrà per sempre allontanato dalla villa.
Nello stesso tempo, creando una linea temporale in cui tutto sembra mescolarsi (accade nella mente di Tommaso, in cui Beatrice gli ricorda Valentina, e Valentina un momento trascorso con Annabella, e così via in un susseguirsi di donne e vite del passato) Nisini segue la vita di Alfredo, che coltiva da quando aveva nove anni il desiderio di decifrare un antico motto latino trovato sull’orologio di un partigiano in una fiera in Maremma. Un «orologio del tempo», come l’aveva chiamato il venditore ambulante, in grado di scacciare e sconfiggere la morte. Un piccolo amuleto con quadrante a forma di uovo, da cui ha avuto origine la fortuna dell’impresario.
Ma in realtà, oltre alle storie dei protagonisti, nelle parole di Nisini esiste tutto un sottotesto. Più dell’ossessione sessuale di Tommaso, più di quella intellettuale del padre di Beatrice che conta, misura i minuti, i secondi, gli attimi da registrare su un cronometro, rendendo il romanzo una lunga ponderazione sul tempo inteso come lo aveva inteso Bergson: «Del resto era il tempo in sé, prima ancora che il calcolo, ad affascinare Alfredo: quell’inesorabile movimento in avanti in cui gli sembrava di intravedere il senso dell’esistere». Perché oltre al tempo conosciuto, Alfredo aveva capito che ne esisteva un altro, quello della psiche, dell’interiorità. «Quante volte uno stesso intervallo di ore ci sembra diverso a seconda del nostro stato d’animo? Quante giornate corrono più veloci rispetto ad altre pervase dalla noia? Rallentare il tempo, velocizzarlo, fermarlo, erano tutte possibilità della coscienza più che della conoscenza scientifica o della meccanica».
C’è questo nel libro di Nisini, nascosto nelle sue atmosfere alla Jacques Deray, negli spazi che sembrano quelli di una pellicola di Bertolucci, negli sguardi che richiamano al languore e alla passione tra Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg in Fino all’ultimo respiro: una digressione sull’importanza del tempo interiore e del valore che attribuiamo ai momenti della nostra vita. Soprattutto adesso, quando ci sembra più difficile ricordarci che giorno sia, che ora sia, perché non ci è rimasto quasi più niente a scandire e definire le nostre giornate. Perché la verità è che il tempo non esiste – ce lo ha detto anche la fisica con la teoria della gravità quantistica a loop – o meglio, non esiste al di fuori di noi, come ha scritto Proust nella Ricerca: «Un’ora non è solo un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi», proprio perché personale. Un’ode a un concetto di tempo tanto connaturato all’esperienza umana da regolare i nostri ritmi come una forza incombente, eppure così profondamente e intimamente nostro.
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