Chimamanda Ngozi Adichie – Il lato femminile del femminismo
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Tre romanzi di successo, due conferenze su Ted viste da milioni di persone, un nome difficile da pronunciare, una voce impossibile dimenticare.Chimamanda Ngozi Adichie è un’autrice nigeriana i cui romanzi e saggi, tradotti in oltre trenta lingue, sono pubblicati in Italia da Einaudi. Scrive su varie testate tra cui il New Yorker e il Financial Times; ha ottenuto lauree e dottorati onorari dalle Università più prestigiose del mondo, tra cui, il più recente, Yale; ha vinto premi come il National Book Critics Circle Award; il suo terzo romanzo, Americanah, è stato incluso dal TIME tra i dieci romanzi migliori degli anni 2010; è apparsa nella celebre edizione di settembre di Vogue del 2019, Le forze del cambiamento, insieme a Michelle Obama e il Primo Ministro neozelandese; l’associazione umanitaria Action Against Hunger l’ha premiata per la complessità e profondità umana del suo lavoro intellettuale a favore delle donne e dei rifugiati. Nel 2015 è stata inserita dal TIME nella lista delle cento donne più influenti al mondo.
Ma la cosa interessante è che i suoi meriti non sono solo di carattere intellettuale.
Ngozi Adichie è stata definita icona di stile dal New York Times e inclusa da Vanity Fair nella lista delle donne meglio vestite al mondo, anche grazie alla scelta di vestire solo abiti firmati da designer emergenti nigeriani. Potrebbe sembrare una contraddizione per alcuni, se si considera che a renderla veramente famosa è stato il suo discorso sul femminismo. Il termine femminista, infatti, si porta dietro un bagaglio negativo notevole: si pensa che le femministe odino gli uomini, non si trucchino, vogliano equipararsi agli uomini con la forza, fino a volerli soverchiare, rifiutino tutto ciò che è considerato femminile, perché visto come un segno di debolezza.
Nel 2012, Ngozi Adichie ha tenuto una conferenza su Ted sulla condizione della donna nella nostra epoca, con lo scopo di depurare la parola femminista dalla sua connotazione negativa. La conferenza, intitolata Dovremmo essere tutti femministi, è stata vista da quasi quattro milioni di persone e ha dato origine a un discorso mondiale sul femminismo.
«Sono una felice femminista africana – dichiara – che non odia gli uomini e mette il rossetto e i tacchi alti non per compiacere gli uomini, ma sé stessa». Un messaggio che ha avuto un impatto rivoluzionario nell’immaginario collettivo. La rivoluzione risiede in questo: si può essere femminili e anche femministe. La forma perde valore in favore del contenuto.
Sminuire una donna perché si interessa di cose considerate femminili, come il trucco o il vestire, è parte della cultura sessista.
Nel mondo occidentale, dichiara Ngozi Adichie in una celebre intervista, se una scrittrice vuole essere presa sul serio non deve dare l’impressione di guardarsi troppo allo specchio, di tenere al suo aspetto. In Nigeria è il contrario: se una donna vuole essere presa in considerazione deve curarsi moltissimo, truccarsi e vestirsi in modo impeccabile.
Una questione culturale. In entrambi i casi, però, la donna subisce l’obbligo di adeguarsi a un modello di comportamento prestabilito, se vuole essere presa sul serio.
La forma prevarica il contenuto.
Perché, si chiede la Adichie, agli uomini è consentito curare il proprio aspetto se lo desiderano, senza per questo perdere la propria autorità? Anche le donne dovrebbero essere libere di farlo, se lo vogliono, mantenendo la propria credibilità professionale.
Il femminismo non nasce dal bisogno di prevaricare gli uomini, ma da quello di arrivare a una parità economica e sociale tra i sessi pur celebrandone le diversità.
Si può credere nelle pari opportunità e mettersi i tacchi a spillo. Si può crederci e non mettere un filo di trucco. O essere uomini sensibili alla questione (i migliori).
Sì, perché il femminismo non è prevaricazione, ma uguaglianza. Esaltazione e rispetto della diversità. È femminile, ma anche maschile.
Non ha obbligo di forma, conta solo il contenuto.
Un femminista, secondo Chimamanda Ngozi Adichie, è un uomo o una donna che dice sì, esiste un problema di genere come è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio. Infatti il suo femminista preferito è suo fratello Kene – un ragazzo buono, bello e molto virile.
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