È vero che ognuno ha una «vocazione»? Hai già scoperto la tua?
C’è un momento, nella vita di ognuno di noi, in cui si capisce cosa dovremmo farci, con questa vita qui. In quel momento ti guardi indietro e ti rendi conto in che modo ogni esperienza, anche la più negativa, abbia contribuito a indirizzarti verso quella che è la tua vocazione. Solo che, a differenza di quello che siamo abituati a pensare, quel momento lì non si trova nel passato e neppure nel futuro, ma è adesso.
La vocazione è l’atto a cui è sottoposto il vocatus, colui che è chiamato, dal latino voco, vocare. È quello che senti quando ti chiamano. È il motivo che ti risuona dentro per tutta una vita fino a quel momento lì che ti si accende la lampadina. Lo scrittore Jeff Goins in The Art of Work lo descrive con questa frase: «Prenditi del tempo per guardare indietro alle esperienze che hai fatto e ascolta cosa la vita ti sta dicendo». La vita ci parla, infatti, ci chiama tutti i giorni, e la differenza fra chi ha scoperto la propria vocazione e chi no è che il primo era in ascolto. Così semplice? Nì, vediamo i diversi aspetti di questa chiamata.
L’intuizione
Contrariamente a quello che pensiamo, come spiegano Michele e Robert Root-Bernstein in Sparks of Genius, il processo dell’intuizione altro non è che dare forma a un’ipotesi già presente dentro di noi. Quando fai le parole crociate, per intenderci, l’atto di scegliere la parola da scrivere altro non è che dare forma alla parola che secondo il tuo cervello risponde alla definizione appena letta, per vedere se effettivamente funzioni. E cioè, non è nell’atto di scriverla che compiamo questa verifica, ma questo processo inizia con il pensarla e dirla. In sostanza, dare forma ai nostri pensieri è l’azione con cui verifichiamo che quello che abbiamo dentro di noi funzioni. Per tornare al concetto di chiamata, quello che fa chi ascolta la propria vita è provare ogni giorno se quello che ha sentito funzioni o meno, dandogli forma e mettendolo in pratica.
Il percorso verso la scoperta
Bastasse mettersi in ascolto, sarebbe una pacchia; invece scoprire la propria vocazione è un percorso tortuoso con passaggi comuni più o meno a tutti, come illustra Goins. L’ascolto è quel processo propedeutico che ci porta alla presa di coscienza della direzione che ha preso la nostra vita. Prima di scoprire quale sia la nostra vocazione, è necessario infatti un periodo di apprendistato, in cui ci formiamo seguendo le orme di chi ha percorso una strada simile a quella che vorremmo intraprendere noi, e in cui impariamo quello che ci servirà poi. Questo alle volte avviene senza che ce ne accorgiamo, durante esperienze che apparentemente nulla hanno a che fare con quello che verrà dopo, come sottolineato anche da Steve Jobs nel suo discorso a Stanford in cui, dopo aver ricordato come il corso di tipografia che seguì quando mollò l’università contribuì a definire il carattere del primo Mac, suggerì di seguire sempre il proprio cuore, perché quello sa che direzione dovremmo prendere ancora prima che il nostro cervello lo realizzi.
La brutta notizia è che per trovare la propria vocazione occorre attraversare un periodo di sacrifici e difficoltà. Goins ha intervistato diverse persone “normali” per comprendere come abbiano scoperto quello che volevano dalla propria vita, e come poi siano riusciti a trovarlo, e quello che accumuna tutti questi percorsi è che per riconoscere la propria strada occorre provarne di diverse. Fino a che una di queste non sembri procedere nella direzione giusta, e quello è il momento della scoperta, in cui finalmente abbiamo chiaro in che direzione vogliamo andare.
Solo che poi arriva il fallimento, e magari è necessario passarci più volte, prima di trovare la propria vocazione. Perché solo chi ha la costanza di procedere arriva al successo, mentre tutti gli altri si fermano al fallimento. E chi ha successo, chi riesce a trovare la propria vocazione, alla fine si rende conto che questa non è una cosa così semplice, ma l’insieme di diverse passioni che rendono unica la propria vocazione. Goins lo chiama portfolio, ma cos’è un portfolio? L’insieme di quello che ci definisce sulla base del nostro fare. Che in questo caso coincide con le esperienze che abbiamo vissuto. Ed è con questo che costruiamo la nostra eredità, nella quale si riconosce finalmente la nostra vocazione.
Cosa fare per riconoscere la propria vocazione
Non è facile rendersi conto di quello che siamo chiamati a fare, ma se restiamo in ascolto e proviamo a mettere in pratica quello che la vita ci dice, abbiamo più probabilità di imbroccare la nostra strada. E questo ci tornerà utile sia per comprendere il rapporto fra passioni e lavoro sia per cambiare lavoro qualora fossimo insoddisfatti di quello a cui ci stiamo dedicando.