La passione per quel che facciamo non si nutre di efficenza, ma di mistero
Lo spirito del mondo economico attuale è dominato da due figure archetipiche: il mercante e il tecnico. Non è un caso che se cercate tra gli annunci di lavoro i più richiesti sono venditori, economisti, sviluppatori di business (‘mercanti’) e ingegneri, ‘tecnici’ per l’appunto. Tutto o quasi ruota attorno al mantra dell’efficienza e del mercato: ottimizzare per vendere, efficientare per averne un ritorno. In una parola: tutto è funzionale. Passiamo le nostre giornate ad ottimizzare i processi, ridurre le inefficienze, spingere prodotti sul mercato, vendere, convincere, crescere. Trionfa la logica e la compravendita.
La nostra vita è strutturata come una rete autostradale, tutto è comodo, standard, con svincoli ampi e scorrevoli, caselli, aree di sosta. Tutto identico a se stesso, per andare da una città all’altra impieghiamo il minor tempo nel massimo comfort, insomma è efficienza.
Questo ci riempie di comodità, ma forse non di gioia.
Un pizzico di gioia la possiamo trovare nel sentiero tortuoso e inesplorato, quando dopo affannoso vagare un raggio di sole ci rassicura che non siamo smarriti, ma sappiamo che la strada è ancora lunga e che ci attendono molte prove da superare.
La funzionalità senza mistero è vuota. Purtroppo (o per fortuna) ogni cosa che facciamo è priva di senso se non possiede almeno un barlume di mistero. Il mistero ci crea quel brivido lungo la schiena, quella tensione vitale di apertura all’imponderabile, che si risolve nella meraviglia dello stupore quando abbiamo avuto il coraggio di andare fino in fondo. Senza mistero non c’è passione nel lavoro, in quello che facciamo tutti i giorni. Non c’è la voglia di crescere, scoprirci, metterci alla prova. Senza mistero non nascono le passioni. Senza mistero non c’è arte, né emozione. Senza mistero non ci innamoriamo, mai.
Ma oggi siamo forse troppo concentrati sull’efficienza del sistema, sulla tecnica, e ci dimentichiamo di cosa vogliamo, per capire dove stiamo andando. Siamo distratti dal rumore di sottofondo e non ascoltiamo più il mistero, quella intima ricerca di senso, che alcuni chiamano fede, oppure spiritualità, trascendenza. Non capiamo più cosa è bene e cosa è male, perché non osiamo immergerci nel mistero del mondo e di noi stessi, ma ci limitiamo a una neutrale, tranquillizzante ed efficientissima funzionalità.
Per fortuna c’è la nostra natura, di esseri umani fatti di viscere e intelletto, che ci ricorda che sotto la pelle ribolle sangue caldo che è pronto a sprigionare le più dense passioni, far esplodere la vita in tutte le sue forme. L’anestesia della funzionalità può svanire; la ricerca di senso, l’immersione nel mistero, può divenire una priorità che supera le rassicuranti comodità di una vita funzionale.