Corri dei rischi. Mettici la faccia. Cambia le regole del gioco, e te stesso
A volte la finestra si spalanca per un colpo di vento: entra dell’aria gelida e si rimane intirizziti. Però che goduria la freschezza della stanza che sembra come rigenerata da questa corrente improvvisa. Ecco, i libri di Nassim Taleb funzionano un po’ così e Skin in the game non fa eccezione. Per chi non riconoscesse il nome, Taleb è il fortunato autore di Black Swan, il Cigno nero, un testo indispensabile per chiunque volesse fermarsi ad approfondire il tema dell’incertezza e del rischio dentro cui siamo immersi.
Taleb, ex trader ma soprattutto grande esperto di statistica e matematica, ha dato il via negli anni a un programma di divulgazione scientifica fatto di diversi libri, ognuno dedicato a un tema specifico legato, sempre, al macro argomento dell’incertezza. Un cigno nero, per dare una rispolverata al concetto, è classificabile come un evento imprevedibile che, statisticamente, ha una probabilità bassissima di accadere e che, tuttavia, una volta manifestatosi, genera il suo impatto anche rilevante sulla nostra vita di tutti i giorni.
E Skin in the game di cosa parla? Partiamo dal titolo, Pelle in gioco. Taleb, di fatto, fa una riflessione provocatoria e interessantissima sugli incentivi, il vero motore di ogni nostra azione. Il tutto sta a capire che cosa ci motivi a fare una determinata scelta scomponendo la natura della stessa.
Pelle in gioco significa, in soldoni, correre un rischio vero quando si prende una decisione, avere interessi in gioco. Per Taleb è l’unica possibilità di ridurre quelle asimmetrie che sono destinate sovente a produrre disastri. Cosa sono le asimmetrie?
Taleb parte da lontano citando il codice di Hammurabi, riferimento rudimentale di massima simmetria. Esempio:“Se un costruttore di casa costruisce una casa che crolla, verrà condannato anche lui a morte”. Magari un tantino eccessivo, ma il problema è che l’evoluzione della società ha determinato uno sbilanciamento esagerato all’opposto, verso il mondo pericoloso delle asimmetrie.
Prendiamo un banchiere che ha di fronte a sé la prospettiva, ogni anno, di prendere un ricco bonus e, invece, una bassissima probabilità che, a causa di un disastro finanziario (che magari capita una volta ogni 10 anni), si manifesti un collasso. Qui l’incentivo è chiaro: puntare dritto a lauti guadagni, assumendosi rischi eccessivi che finiscono con il sottovalutare quello degli eventi più improbabili, con possibile collasso sistemico. Chiedere alla crisi finanziaria del 2008 per informazioni.
Come si reagisce di fronte al mondo delle asimmetrie?
Taleb parla delle regolazioni, come modalità standard di intervento: stabilire regole, normare, legiferare. Però si legge subito il fuoco che muove l’autore contro l’intellettualismo fine a se stesso: parte dei disastri del mondo, dice Taleb, è dovuto al fatto che, a proposito di asimmetrie, troppe persone prendono decisioni importanti senza un vero interesse in gioco, producendo conseguenze sulla vita degli altri ma non sulla loro.
L’attacco verso il mondo dei consulenti è feroce, a meno che, dice Taleb, non venga introdotto un sistema di penali credibili.
Ci vuole skin in the game, dice lui, per essere credibili, e l’esempio di proposta più virtuosa riguarda la scuola: basta con aule polverose in cui un insegnante spiega e lo studente ascolta teoria. Quel tipo di education serve solo, provoca Taleb, a imparare a fare il professore.
Ci vuole skin in the game, una motivazione concreta. Quello che abbiamo chiamato engagement per tanto tempo e che, in fin dei conti, vuol dire semplicemente ciò che ci motiva e ci appassiona.
L’anima.
Non è un caso che la figura che esce meglio dalla disamina di Taleb sia quella dell’imprenditore, ma l’imprenditore vero. Quello che mette skin in the game per definizione, giocandosi se stesso e rischiando.
Si badi bene che rischiare non significa non privilegiare le competenze e i valori: tutt’altro. Significa semplicemente che la competenza senza skin in the game rischia di distanziare il decisore dall’oggetto della sua scelta.
Per questo, Taleb dà un consiglio curioso a molti imprenditori: “Cancellate la figura dell’assistente” (dove ci si riferisce al factotum che segue il CEO, per esempio, in ogni attività).
L’obiettivo di un massimo dirigente, infatti, dovrebbe essere quello di massimizzare il tempo libero, non di massimizzare l’attività. Scegliere soltanto le attività rilevanti per avere il tempo di realizzarsi anche fuori dal lavoro. Solo skin in the game (leggi “sporcandosi le mani facendo le cose da sé”) è l’incentivo giusto per fare selezione tra le priorità.
La pelle in gioco, l’assunzione dei rischi, in fin dei conti ha un corollario banale ma mai come questi giorni di rilevanza: assumersi una responsabilità. Chi ha skin in the game diventa credibile agli occhi degli altri, perché si gioca, quasi letteralmente, la pelle.