Ecco i 4 (tipici) sbagli di chi ha la "mentalità da posto fisso"
In un mondo del lavoro in cui non esiste più il posto fisso occorre imparare a gestire il proprio sviluppo di carriera in modo proattivo. Il nostro percorso professionale è un viaggio del quale dobbiamo essere noi a definire e pianificare le tappe. Oggi siamo dipendenti, domani saremo imprenditori, dopodomani torneremo dipendenti, o cambieremo settore, o impareremo un mestiere nuovo. L’importante è avere sempre il timone sotto il proprio controllo e farsi guidare non dalle coincidenze e dal caso ma dai propri progetti e dalle proprie passioni.
Purtroppo la maggior parte di noi affronta le scelte di carriera ancora con una “mentalità da posto fisso”. Ecco le 4 convinzioni tipiche della “mentalità da posto fisso” che ci inducono in errore quando dobbiamo prendere delle decisioni di cambiamento.
1) La convinzione che cambiare sia più rischioso di stare dove si sta (gli esperti lo chiamano status quo bias). Quando maturiamo la decisione di cambiare lavoro esitiamo più di quanto dovremmo. E spesso decidiamo di desistere e di non cambiare. Siamo portati a sopravvalutare i rischi del cambiamento e a sottovalutare i rischi del restare dove siamo. L’errore che ne consegue è che non coltiviamo mai un vero piano B rispetto al nostro lavoro attuale e non cerchiamo lavoro se non quando siamo costretti.
2) La convinzione che il prossimo lavoro sia quello definitivo.
C’è in noi una specie di continua illusione che il lavoro che andremo a cominciare domani possa essere “per sempre”. È un desiderio inconsapevole di sicurezza e stabilità. L’errore che ne consegue è che quando valutiamo il possibile nuovo lavoro di “domani” non consideriamo quanto esso ci renda rivendibili per il lavoro del “dopodomani”. Così finiamo per scegliere un lavoro che va molto bene domani, ma che magari ci porta in un vicolo cieco, perché magari ci lega troppo a un settore specialistico, o a un mercato che a lungo termine è destinato a scomparire, o a delle competenze che nel lungo termine non potremo riutilizzare. Dobbiamo invece scegliere il lavoro di domani sapendo che ce ne sarà un altro dopodomani.
3) La convinzione che la carriera sia un percorso lineare di crescita continua in termini di remunerazione e garanzie contrattuali.
In questa prospettiva siamo purtroppo condizionati dalla logica che regolava il posto fisso di un tempo: lo scatto di anzianità. Cambiare lavoro per guadagnare di meno e perdere protezioni contrattuali è ancora visto come il segno di una sconfitta, di un fallimento personale. L’errore che ne consegue è che scartiamo opportunità straordinarie che con un piccolo “passo indietro” oggi ci consentirebbero nel medio termine di farne “due avanti”. Infatti nel contesto di “viaggi professionali” sempre più discontinui e imprevedibili, in alcuni passaggi della nostra carriera paradossalmente conviene perdere un po’ di status per guadagnare in prospettiva opportunità di mercato e competenze.
4) La convinzione che i nostri problemi di lavoro siano dovuti “a un brutto ambiente umano”.
Quando non ci troviamo in sintonia con il capo, i colleghi o i collaboratori siamo portati ad attribuire il nostro disagio alla cattiva qualità dei rapporti umani. Perdiamo di vista il fatto che se non riusciamo a convivere serenamente con chi ci circonda è anche perché probabilmente c’è qualcosa che non ci rende felici nelle nostre mansioni e nelle nostre responsabilità. L’errore che ne consegue è quello di cercare e magari trovare un lavoro identico, nella speranza (vana) di nuovi e migliori rapporti umani.