Viviamo in una (magica) combinazione di presente e futuro: il futuro istantaneo
Si chiama futuro istantaneo e no, non è un ossimoro: è il tempo in cui oggi noi stiamo vivendo. Perché fra le tante cose che sono vertiginosamente mutate in questi anni c’è anche il nostro senso del tempo e in particolare quello del futuro. “Il futuro non è più quello di una volta” recita una scritta su un muro nel centro di Milano: non so cosa volesse intendere chi l’ha fatta, ma in ogni caso ha assolutamente ragione. Ormai il futuro si fa quasi prima a costruirlo che a immaginarlo, tanta è la velocità del cambiamento negli ultimi anni. La futurologia – che già prima poteva generalmente vantare molte più previsioni scentrate di quante ne aveva azzeccate – è diventata tutto d’un tratto obsoleta perché prevedere il futuro anche ravvicinato è diventato praticamente impossibile in un’epoca in cui fra quando un bambino entra alle elementari e quando ne esce nascono e si affermano tecniche, linguaggi, strumenti, modelli mentali e comportamentali impensabili un attimo prima.
Qualcuno dice con preoccupazione che viviamo in un presente onnivoro che si è divorato tanto il passato quanto il futuro: ecco., no, non è così. Semplicemente, i confini fra passato, presente e futuro si sono fatti molto meno netti e ogni tempo scivola molto più facilmente nell’altro. Il passato è molto più presente di un tempo, se non altro perché lo abbiamo tutto a disposizione nel web ed è molto più facile di prima accedere in pochi istanti a materiali e informazioni una volta difficili e lenti da trovare. Quello che semmai è vero è che il passato – che ancora pochi anni fa funzionava come punto di riferimento imprescindibile – non è più in grado di offrire soluzioni a scenari e questioni come quelle che stiamo vivendo, assolutamente senza precedenti in tutta quanta la storia umana.
Quanto al futuro, eccoci a quel futuro istantaneo che ho prospettato all’inizio: ovvero il punto di incontro fra un’ora più avanzato, più dinamico, quello che non si limita a rappresentare lo stato delle cose ma lo evolve e lo espande, e un dopo che non soltanto non è lontano e astratto ma che anzi prende vita nel tempo stesso in cui lo pensiamo e cominciamo a costruirlo. È il futuro messo al mondo in diretta da chi ricerca, progetta, inventa, sperimenta, è il futuro della ricerca sul Dna, è il futuro di un auto spedita su Marte, è il futuro delle nuove frontiere tecnocomunicative ed è quello di chi cerca antidoti alle malattie, è il futuro delle costruzioni architettoniche più innovative, ed è anche e non meno il futuro di chi nella propria intera esistenza lavora sui margini di miglioramento, su un processo di crescita personale e condivisa.
Perché se la diffusissima paura del futuro è più che legittima in un’epoca ormai ineluttabilmente dominata dall’instabilità, il solo modo per scongiurare l’oscura, apocalittica idea di no-future sta proprio in quella dinamica combinazione di presente avanzato&futuro prossimo che si basa su visioni forti, su quella spinta a esplorare e costruire senza la quale non ci sarebbe mai stato nessun futuro nell’intera storia umana. Una visione forte è imprescindibile per non appiattire il futuro sul presente; la spinta a costruire è imprescindibile per non allontanare il futuro dal qui&ora, per non relegare la visione nell’empireo dell’astratta fantasia. È in questa combinazione fra presente e futuro, in questo futuro istantaneo, che noi non ci sentiamo estranei al processo evolutivo, che smettiamo di subirlo come una spiacevole necessità, ma che sentiamo di essere parte dell’evoluzione.