Smart working: non solo lavorare da casa, ma abbandonare la postazione (fissa) in ufficio
Quando parliamo di smart working il nostro pensiero corre immediatamente alla possibilità di lavorare da casa; ma smart working in realtà, per un numero crescente di aziende, significa e significherà anche l’addio alla postazione fissa di lavoro. Si entra nella sede, o in una delle sedi, della propria azienda e ci si siede liberamente dove si trova posto, tanto bastano un pc e una connessione per essere perfettamente efficienti. E la mia cara vecchia scrivania? La piantina da annaffiare? Le foto dei bimbi? La tazza per il tè? L’attestato di partecipazione all’ultima maratona?
Non vogliamo ironizzare. La postazione di lavoro è uno spazio di identità personale che risponde a un preciso bisogno di autoaffermazione e di autoprotezione. Per molti di noi è l’equivalente “adulto” della nostra stanzetta di adolescenti, il tempio della nostra autoconsapevolezza. Insomma la fine della postazione fissa non è solo una profonda trasformazione organizzativa. Impatta significativamente sulla nostra esperienza umana al lavoro. È un tema delicato che dovrebbe impegnare la riflessione attenta della psicologia del lavoro.
Premessa dunque la necessità di considerare approfonditamente il diso-rientamento del “nomadismo digitale”, è importante enfatizzare i vantaggi di un mondo dove il nostro “posto” in ufficio è ovunque ci sia una connessione e un pc:
1) Energia e autostima.
La postazione di lavoro è la trasposizione fisica del concetto di “zona di comfort”, uno spazio in cui ci sentiamo perfettamente a nostro agio, protetti, sicuri, un nostro “giardino di proprietà privata”. Probabilmente questo è il contesto giusto per un impiegato chiamato a svolgere mansioni ripetitive secondo rituali ben consolidati. Se però consideriamo che oggi il lavoro è sempre di più autonomia, energia, intraprendenza personale allora lavorare in un ambiente senza “zone di comfort” può aiutarci a raccogliere con più coraggio le nostre quotidiane sfide professionali. Non solo, scoprire di poter fare a meno delle nostre piccole certezze e abitudini è uno straordinario balsamo per l’autostima.
2) Creatività.
Muoversi in uno spazio di lavoro aperto, senza postazioni fisse, significa cambiare continuamente punti di vista e prospettive. I processi innovativi nascono così: ci troviamo per caso a guardare un fenomeno da un’angolazione insolita e scopriamo improvvisamente un nuovo volto, una nuova funzione, un nuovo significato. Inoltre lo smartworking inevitabilmente riduce il numero di consuetudini e di rituali. Trovarsi più frequentemente in spazi nuovi e dunque in situazioni nuove ci rende più flessibili e dunque più esposti allo spirito creativo.
3) Empatia.
A tutti piace avere “il compagno di banco”, “il vicino di casa” con cui intrattenersi in lunghe chiacchierate. Eppure quando trascorriamo tutto il nostro tempo con le stesse persone i nostri muscoli relazionali si atrofizzano, perdiamo elasticità. Non avere una postazione di lavoro fissa in cui rifugiarsi appena possibile ci costringe ad aumentare il numero di persone con cui interagiamo e le occasioni di interazione e di confronto. Più stiamo con gli altri più impariamo a tenere conto degli altri, ad ascoltare, a metterci in discussione.