Il web e i social favoriscono sentimenti e relazioni, smettiamo di pensare che ci inaridiscano
La mia asserzione è molto semplice: web e social favoriscono i sentimenti. È un’affermazione che va decisamente controcorrente rispetto alla tendenza di tanti intellettuali accademici che a web e social imputano la liquefazione delle relazioni e il cosiddetto consumismo dei sentimenti. Fra poche righe cercherò di confutare la loro depressivissima idea, ma lasciatemi all’inizio vincere facile.
Isabella ha otto anni, è la bimba di mio figlio, abita a Los Angeles: la vedo quattro volte all’anno dal vivo, e ogni giorno su Skype, e se Skype non esistesse lei e io saremmo disperati, ci mancherebbe quell’inestimabile flash di quotidiana energia vitale senza il quale la nostra esistenza sarebbe molto più triste. E quando sono con lei dal vivo in California, Skype e le mail mi permettono di abbeverarmi della mia meravigliosa moglie a Milano, che non starei mai lontano da lei per dieci minuti, figuriamoci se non potessi vederla per quindici giorni. Grandi, assoluti sentimenti e un solido wifi: non mi riesce di trovare combinazione più appassionante.
Sì, lo so, l’appello al cuore – ognuno ha una storia simile alla mia da raccontare – può sembrare captatio benevolentiae. Allarghiamo l’inquadratura, allora. Il madornale errore di tanti sta in quella meccanica divisione fra ciò che è “reale” e ciò che è “virtuale”: ecco no, questa è un altra delle disfunzioni della mente binaria, incapace di vedere che fra biologico e tecnologico, fra incontri dal vivo e relazioni nei social, non soltanto non c’è contraddizione ma anzi ci può essere fertilissima coevoluzione. Come si può, Zygmunt Bauman, definire “una trappola” qualcosa che dà a milioni di umani ogni giorno la possibilità di entrare in relazione con altri umani con cui altrimenti non avremmo mai stabilito alcun contatto? Hanno idea i dolenti malcontenti di quanti sentimenti forti, quante relazioni profonde, quante storie importanti, sono nate nei social? E non è forse quanto di più naturale che una relazione fra persone che per lungo o breve tempo si trovano distanti prenda entrambe le forme, quella dell’incontro caldo dei corpi e quella visiva, vocale, emotiva in rete?
Certo, con la loro tentatrice promessa di incontri sempre nuovi, i social spingono tanti a relazioni brevi e spesso superficiali: è lo stesso metabolismo per cui la mente orizzontale e connettiva è anche più dispersiva. D’altra parte avete mai visto una qualunque evoluzione che non abbia qualche effetto collaterale? Ma chi punta l’indice accusatorio contro Facebook dovrebbe comunque ricordarsi che – in tempi in cui il solo modo per comunicare a distanza erano le lettere – Francis Scott Fitzgerald raccontava la tendenza dei sentimentali a volere il per sempre e quella dei romantici a voler continuamente cambiare l’oggetto delle loro attenzioni. Perché il web amplifica comportamenti niente affatto estranei all’umana natura, e così come ne alimenta la spinta a cercare cose sempre nuove che spesso si risolvono in piacere estemporaneo, allo stesso modo aiuta i sentimenti forti attraverso nuove possibilità di relazione e di espressione. “L’uomo senza legami” di Bauman esiste, certo: ma vedere l’uomo senza legami senza vedere gli esseri umani che stanno allargando e potenziando le manifestazioni dei propri sentimenti e del proprio amore a me sembra – con tutto il rispetto per Bauman e i suoi epigoni che non hanno occhi che per la disfunzione – niente più di un superficialissimo “o tempora, o mores” senza alcuna vera visione del mondo in mutamento.
Noi che abbiamo sentimenti molto forti, noi i social e il web non possiamo che ringraziarli.