Centodieci è Ispirazione presenta Simona Atzori: "La diversità è la nostra più grande ricchezza"
Vivere le diversità come una possibilità è la chiave di volta nella nostra vita.
Vivere le diversità come una possibilità è anche la chiave di Centodieci è Ispirazione griffato Simona Atzori in una serata, come quella di Reggio Calabria, gremita di gente che ha affollato il teatro Francesco Cilea nel cuore della città.
Sessanta minuti di spettacolo con quella donna che, in compagnia del suo corpo di ballo tra cui sono annoverati anche i ballerini della Scala Marco Messina e Salvatore Perdichizzi, danza sul palcoscenico mostrando al pubblico che non solo è possibile vivere la diversità, ma che la stessa diversità può diventare perfino arte. “Mamma non sapeva come crescere una bambina senza le braccia” racconta la protagonista sul palco durante l’intervista conclusiva con Chiara Ventura, “ma ha scelto di mostrare chi sono anziché dimostrare cosa posso comunque fare, le sono grata”.
Uno scambio di battute intenso, arrivato dopo la standing ovation per uno spettacolo di danza classica di assoluto livello: “Nel mio mondo non avere le braccia non è un limite, è semplicemente il mio modo di essere. Un giorno una bambina mi ha detto che non è vero che non ho le mani, ma che ho semplicemente le mani basse. Coi piedi faccio tutto, ma credo sia solo una questione di punti di vista, di fronte al primo imbarazzo che le persone hanno di fronte a me spesso sorrido. Ciò che abbiamo è ciò che ci serve, la diversità è la più grande ricchezza che ognuno di noi ha”.
Parole che lasciano il segno, parole corredate da aneddoti di vita vissuta che partono da lontano, dalla resilienza intrinseca in ognuno di noi, dalla capacità di rendere normale, per davvero, la diversità. Parole che arrivano a conferma di quanto appena visto sul palcoscenico: Simona balla, e lo fa bene al punto da far alzare in standing ovation la platea di mille persone accorse per vederla; Simona scrive, i suoi due libri sono best seller nelle librerie; Simona dipinge, al punto di arrivare a consegnare le sue opere a due papi come Papà Giovanni Paolo II e Papa Bergoglio.
Normale? Più che normale, basta volerlo.