Finiscono le ferie, e a ciascuno tocca immaginare cosa e come cambiare a settembre
Ogni generazione è disposta ad affermare che l’era che vive non è la stessa dei propri genitori. È così da sempre, generazione dopo generazione. Lo riconoscono i padri ai figli e viceversa, e nessuno capirà mai l’altro. Una sola parola riesce a sintetizzare la differenza tra le due generazioni specialmente oggi: cambiamento. Oggi sappiamo bene che nulla di ciò che facciamo varrà per tutta la vita mentre qualche decennio fa era il lavoro della vita, la casa della vita, le abitudini di una vita. Oggi non è detto che il lavoro sarà sempre quello, che abiteremo sempre in quel posto, che gli amici saranno sempre gli stessi, che avremo sempre le stesse cose. La nostra è una costruzione costante che non è certo vada sempre nella stessa direzione. Costantemente c’è qualcosa che cambia la sorte dei giorni che verranno, quelli immediatamente prossimi,. Tecnologia, ambiente, relazioni tra le persone: tutto può cambiare in un attimo. Saper affrontare questa era dipende da noi.
Tanto vale farsi trovare pronti, capire cosa cambiare, come e soprattutto quali sono i punti fermi attorno ai quali attuare i nostri cambiamenti.
Reinventarsi è all’ordine del giorno perché ognuno di noi si aspetta dagli altri qualcosa di nuovo in ogni momento. Riceveremo se daremo.
Questi giorni di pausa, poi, fanno il resto. Relax e spensieratezza non sono più il risultato garantito dalle ferie, anzi, a volte esse sono lo stato perfetto per fermarsi a pensare a cosa cambiare al rientro. I temi sono sempre quelli: se stessi, famiglia, rapporto con gli altri. Ma ce n’è uno che è sempre in agguato perché è quello che li condiziona tutti: il lavoro. Cosa potremmo cambiare? E a quale scopo?
Il rapporto con il lavoro
Che tu sia un semplice impiegato, un dirigente o un imprenditore, la voglia di cambiamento ti assalirà allo stesso modo. I primi sono insoddisfatti del rapporto falsato tra proprio impegno e relativi riconoscimenti, i secondi subiscono l’insoddisfazione dei primi e l’ansia di dover assicurare obiettivi raggiunti, i terzi vorrebbero fare tutto soli perché né i primi né i secondi fanno le cose come le farebbero loro. Tutti danno colpa ai sistemi di lavoro che vivono. Questo non va bene. Nel lavoro quando vogliamo cambiare qualcosa, è per favorire noi stessi con il risultato che l’unica via sembra quella di cambiare lavoro. Proviamo a tornare con l’intenzione di invertire la direzione, cambiando il nostro rapporto verso il lavoro. Che ci piaccia o no, il nostro lavoro siamo noi ed è l’unico strumento che abbiamo per cambiare le nostre sorti. Ma molti di noi lo subiscono con il risultato di passare due terzi della giornata nervosi e insoddisfatti. L’ultimo terzo, a parte qualche ora, dormiamo. Così per anni. Il lavoro è uno strumento: se non lo sai usare non serve a nulla.
Relazioni nel lavoro
Gli altri sembrano sempre le colonne portanti della nostra vita, ma se valutiamo bene ci accorgiamo che non nessuno di noi è un tempio greco fatto di decine e decine di colonne. Sono sempre poche quelle cui ci riferiamo nei momenti particolari. Eppure ogni giorno devo rispondere a qualcuno, ricordarmi di chiamare qualcuno, ed è anche tanto tempo che non mi faccio sentire da qualcuno, per non parlare poi di quelle due situazioni che si aspettavano da me che io… Le relazioni sono importanti, rappresentano noi stessi in mezzo agli altri, ma quante volte certi rapporti non ci fanno esprimere come vorremmo? Quante volte facciamo controvoglia quello che non vorremmo fare? Peggio ancora: quante volte ci accorgiamo troppo tardi di essere strumento di qualcuno che pensavamo che… Ecco, cominciamo a cambiare anche il nostro legame con gli altri: essere portati a dare tutto di noi è nobile, ma lasciamo questa capacità ai rapporti con quelle colonne portanti che molte volte sono fuori dall’ambito di lavoro. Sul lavoro bisogna essere dei professionisti, non dei martiri o degli assistenti sociali.
Performance
Erroneamente associata al concetto di fatica e di ansia, la performance è la qualità della tua prestazione professionale. Se essa è faticosa è normale, se è impossibile non è roba per te. È come lo sport: certe cose le puoi fare solo se sei allenato come un professionista, non come un dilettante. La performance è quella componente che dovremmo cercare in ogni cosa che facciamo sul lavoro. Serve a farci sentire capaci, a prepararci sempre più e a farci apprezzare da un collega, da un superiore o da un cliente. Cambiare il punto di vista sulla performance cambia il modo di vedere il lavoro e ce ne accorgeremo quando, al posto di evitarle le andremo a cercare. Invidie sul possibile successo? Male, vuol dire che dobbiamo ancora risolvere la questione Relazioni. Se poi pensi che la tua performance è già buona allora vuol dire che non hai ben considerato che performance è qualcosa che può andare sempre meglio.
Obiettivi
Se è vero che il lavoro è uno strumento, a qualcosa deve servire. E se è vero che non è più l’aspetto che non cambierà mai nella nostra vita, sarebbe strategico porsi degli obiettivi sparsi durante il percorso di lavoro. Solo così saremo in grado di arrivare sempre a dei bivi che ci offrano la possibilità di cambiare percorso. Se nel lavoro quegli obiettivi li inserisci tu allora avrai sempre una via che è quella che vorresti percorrere, se li mettono gli altri avrai sempre solo sorprese che non è detto che saranno piacevoli. Un periodo di pausa come le ferie (è più che sufficiente) è ideale per rimettere a posto quegli obiettivi, magari ripensarli. Se a conti fatti rimarrann o al loro posto allora vuol dire che il percorso è ben costruito.
Il lavoro
Può esserci che nella tua voglia di cambiamento ci sia proprio lui, il lavoro. Anzi, in genere è la prima cosa a cui si pensa perché è la più risolutiva per affrontare insoddisfazioni o incapacità a muoversi in questo mondo. Peccato che non risolva proprio nulla. A parte casi particolari, la maggior parte delle volte non è il lavoro che non va, ma siamo noi (il nostro rapporto, vedi punto 1.). In fin dei conti noi siamo capaci a fare quel tipo di cosa, è l’aspetto per cui siamo professionisti e grazie al quale possiamo vendere un valore che ci viene pagato per quello che è. Cambiare è un salto nel buio, fare qualcosa di completamente diverso in cui non siamo competenti è un errore che molti oggi commettono pur di cambiare lo scenario in cui si muovono. Tornare dalle pause estive con il vigore di voler cambiare qualcosa è ragionevole e soprattutto fondamentale, ma non necessario. Nella maggior parte dei casi tornare al lavoro dopo le pause dedicate allo svago con l’intenzione di cambiarlo del tutto non è una decisione saggia, piuttosto è il sintomo di una scontentezza di cui va ricercata la ragione. In sintesi, se torni con questa voglia, pensa due volte prima di prendere decisioni avventate.
È vero, cambiare è una componente alla quale non possiamo rinunciare oggi. Ma vale la pena fermarsi per capire quanto è sottile la linea che distingue un cambiamento genericamente detto da una evoluzione. È questo quello che i tempi si aspettano da noi, evoluzione. Essere migliori ogni giorno di più nel fare quello che sappiamo fare. È solo questa la chiave che può restituire agli altri quello che facciamo, non è più il tempo di dilettanti e ogni cambiamento deve essere sempre all’insegna dell’obiettivo finale: vivere meglio.